Dove vivevano? Il controverso mito di un popolo misterioso.
Usavano un aratro sconosciuto. Fabbricavano armi invincibili. Esportavano scarpe e prosciutti (questi li portavano anche nella tomba). E scomparvero per la ragione che oggi li rende mitici: l’orgoglio tribale.
Per Greci e Romani, i Celti erano i più barbari dei barbari, tribù malvagie votate alla guerra e al saccheggio. Scriveva lo storico greco Diodoro Siculo: “Il loro aspetto è terribile: alti di statura, con una muscolatura guizzante sotto la pelle chiara. Di capelli sono biondi… sembrano demoni silvani”. E’ così che per molto tempo li abbiamo conosciuti: spaventosi e misteriosi. Come per tutti i popoli che si sono affidati alla tradizione orale, l’immagine dei Celti che si è diffusa e tramandata è stata solo quella che altri popoli hanno loro attribuito finché sono stati interessanti, vale a dire pericolosi.
Nell’Europa nord-occidentale di oggi, invece, i Celti incarnano la figura del popolo indomito che lottò contro lo strapotere della civiltà romana e che rappresenta un modello per tutti i nazionalismi soffocati. Non solo: la musica celtica è molto ascoltata sia nelle sue forme tradizionali (per esempio le ballate irlandesi) sia per gli influssi sulle band moderne (U2, Simple Minds ecc.); e ai festival celtici (famoso in Italia quello di Courmayeur), frequentati da migliaia di persone, si arriva persino a sostenere che tutte le popolazioni del nord Europa siano di diretta discendenza celtica.
Ma che cosa sappiamo veramente di uno dei maggiori gruppi etnici e linguistici dell’Europa antica? E chi, oggi, può dirsene veramente erede, dato che si insediarono dalla penisola iberica all’Asia Minore, dalla Britannia al Po?
L’attuale moda dei Celti ha un merito: attraverso la loro storia dall’Età del Ferro alla lotta con Roma, dalla sopravvivenza nelle isole britanniche alla cristianizzazione medievale, si possono mettere in luce le altre basi di un’Europa che non fu solo greca e latina.
Ma i fan dei Celti, che si spingono ad accomunare i tanti, diversi gruppi in un unico popolo, spesso dimenticano due grossi limiti della loro cultura. Primo: i Celti arrivarono molto tardi alla scoperta della scrittura (VI secolo d. C.) e lo fecero solo dopo la conversione al cristianesimo. Secondo: riuscirono a insediarsi stabilmente solo in aree marginali di quello che era il mondo celtico ai tempi della sua massima espansione, ossia le isole britanniche. Per questo, solo i Celti delle isole ci hanno tramandato, con l’aiuto dei monaci copisti, quel patrimonio di miti, leggende, temi fantastici che ha profondamente influenzato, con il ciclo di re Artù, la cultura europea medievale.
Civiltà del Ferro
Dai loro raffinati manufatti del V secolo a. C. si ricava una descrizione dei Celti completamente diversa da quella tramandata dai Greci o dai Romani. Ma questa raffinatezza è solo il punto d’arrivo di un’evoluzione secolare di un gruppo di popolazioni indoeuropee stanziate in origine (inizio del II millennio a. C.) nella zona vicina al corso superiore del Danubio e nella Francia orientale. Diffusori della civiltà del Ferro in tutto il continente europeo, i Celti dei secoli VII-VI a. C., all’epoca della cosiddetta cultura di Hallstatt (dal nome di una cittadina dell’Austria nelle cui vicinanze venne scoperta un’importante necropoli), avevano già superato il Reno e raggiunto la Francia centro-settentrionale e il Belgio. Continua.