La favola del giorno

Dai racconti di Sherazad dalle Mille e una notte

Storia del secondo vecchio e dei due cani neri – 2

“Fratelli miei, dobbiamo arrischiare questi tremila zecchini e nascondere gli altri in qualche posto sicuro affinché, se il nostro viaggio non sarà più fortunato di quelli fatti da voi, possiamo avere di che consolarci e riprendere la nostra vecchia professione.” Diedi dunque mille zecchini a ciascuno di loro, ne tenni altrettanti per me, e sotterrai gli altri tremila in un angolo di casa mia. Comprammo delle mercanzie e, dopo averle imbarcate sopra un veliero che avevamo noleggiato per noi tre, salpammo con un vento favorevole.

Dopo due mesi di navigazione, arrivammo felicemente a un porto di mare dove sbarcammo e facemmo un grandissimo smercio delle nostre mercanzie. Specialmente io vendetti così bene le mie da guadagnare il dieci per uno. Comprammo mercanzie del paese per trasportarle e venderle nel nostro.

Eravamo pronti a rimbarcarci per fare ritorno, quando incontrai in riva al mare una dama di bellissimo aspetto, ma vestita molto poveramente. Ella mi avvicinò, mi baciò la mano e mi pregò molto insistentemente di prenderla in moglie e di imbarcarla con me. Feci qualche difficoltà ad accordarle quanto mi chiedeva; ma per persuadermi mi disse tante cose, – che non dovevo far caso alla sua povertà, e che avrei avuto modo di essere contento della sua condotta, – che mi lasciai convincere. Le feci fare degli abiti adatti e, dopo averla sposata con un contratto di matrimonio in piena regola, l’imbarcai con me, e facemmo vela.

Durante la navigazione trovai nella donna che avevo sposato qualità così belle che mi indussero ad amarla ogni giorno di più. Frattanto i miei due fratelli, che non avevano fatto i loro affari bene come me ed erano gelosi della mia prosperità, cominciarono ad invidiarmi. Il loro furore arrivò al punto da farli cospirare contro la mia vita. Una notte, mentre mia moglie ed io dormivamo, ci gettarono in mare.

Mia moglie era fata e perciò anche genio. Quindi, come immaginerete, non annegò. Quanto a me, senza il suo aiuto sarei certamente morto; ma appena caduto in acqua, lei mi afferrò e mi trasportò in un’isola. Quando fu giorno, la fata mi disse:

“Vedete, marito mio, che salvandovi la vita non vi ho mal ricompensato del bene che mi avete fatto. Dovete sapere che sono fata e, trovandomi in riva al mare mentre stavate per imbarcarvi, provai una forte inclinazione per voi. Volli mettere alla prova la bontà del vostro cuore e mi presentai a voi travestita come mi avete vista. Vi siete condotto generosamente con me. Sono felice di aver trovato l’occasione per dimostrarvi la mia riconoscenza. Ma sono irritata contro i vostri fratelli, e non sarò soddisfatta finché non avrò tolto loro la vita.”

Io ascoltavo con ammirazione il discorso della fata. La ringraziai come meglio potei del gran favore che mi aveva fatto.

“Ma, signora, – le dissi, – per quanto riguarda i miei fratelli, vi supplico di perdonarli. Qualunque motivo io abbia di lamentarmi di loro, non sono abbastanza crudele da volere la loro rovina. – Le riferii quanto avevo fatto per entrambi e il mio racconto accrebbe la sua indignazione contro di loro. Continua.

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