Cenno su Napoli è un’introduzione ad un’opera letteraria scritta dallo stesso Editore-Proprietario (come lui stesso si definisce) Francesco de Bourcard pubblicata nel 1853 quando Napoli era ancora la capitale del Regno delle due Sicilie.
Buona lettura.
Cenno su Napoli – 28
La spensieratezza è un’altra qualità del napolitano, la quale più che dal clima deriva dalla facilità della sussistenza e degli impieghi. I napolitani sono stati sempre abilissimi nel maneggio della spada e dei cavalli. Son dessi schietti, aperti, cordiali. Amano il loro paese, poco viaggiano; e come ànno scarsi bisogni, si contentano facilmente del necessario. Si rimprovera ad essi la mancanza di coraggio, perché non si sa o non si vuol risalire alle cause di certi avvenimenti; e si dimentica che la plebe napolitana, sola e senza truppa di sorta alcuna, disputò palmo a palmo il terreno all’esercito francese nel 1799, e che in ogni duello tra i Napolitani e gli stranieri la vittoria è stata sempre de’ primi. Il coraggio dei popoli niente à che fare con la difficile e complicata arte della guerra, che ad essi non appartiene.
Sono pure i Napolitani vivi, ciarlieri, gesticolatori all’eccesso. Le danze, i canti, i suoni formano un gusto continuo e generale. Il popolo usa il tamburino, le nacchere ed il liuto, che sono tutti strumenti antichissimi, come si rileva dalle pitture di Pompei. Il ballo prediletto è la tarantella, ballo pieno di grazia e di espressione, che si esegue al suono di nacchere e tamburini, mentre qualche altro canta sullo stesso tuono.
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