Fra tante confidenze ascoltate e personalità conosciute, il giovane poté gradualmente assorbire la cultura della Napoli “capitale del regno”, segnata dalla penetrazione della nuova filosofia laicizzante di Guglielmo di Occam, dalla presenza di Dionigi da Borgo San Sepolcro, il teologo agostiniano amico del Petrarca, già doctor artium a Parigi, nonché dalla circolazione dei “franceschi romanzi” amati dalla Fiammetta dell’ “Elegia”, di cantari come quello di Florio e Biancofiore, da cui lo scrittore trasse il “Filocolo”, di canzoni, che Boccaccio inserì quasi alla lettera nel “Filostrato”, e di canti, cortesi e popolari.
In ogni successiva stagione della vita di Boccaccio Napoli continuerà a far vibrare la sua voce: la lontananza fisica, dopo il ritorno a Firenze, acuirà il senso e il valore di una vicinanza memoriale, che la produzione letteraria avrà il compito di scandire e di segnalare in più riprese.
Continua.