I racconti di Sherazad – da Le mille e una notte
STORIA DELL’INVIDIOSO E DELL’INVIDIATO – 6
Quei mercanti che credettero di saper scrivere abbastanza bene da poter aspirare a una così alta dignità, scrissero l’uno dopo l’altro quel che vollero. Quando ebbero finito, io avanzai e levai il rotolo dalle mani di quello che lo reggeva. Tutti, e particolarmente i mercanti che avevano scritto, pensando che io volessi strapparlo o gettarlo a mare, lanciarono alte grida; ma si rassicurarono vedendo che io tenevo il rotolo con grande cura e facevo cenno di voler scrivere a mia volta. Ciò fece mutare il timore in ammirazione. Nondimeno, poiché non avevano mai visto una scimmia che sapesse scrivere, e non volendo convincersi che io fossi più abile delle altre, vollero strapparmi il rotolo dalle mani, ma il capitano prese ancora le mie difese.
“Lasciatela fare, – disse; – che scriva. Se scarabocchierà la carta, vi prometto che la punirò immediatamente. Se, invece, scrive bene come spero, perché in vita mia non ho mai visto una scimmia più abile e più ingegnosa, né che capisca meglio di questa tutte le cose, io dichiaro che la riconoscerò come mio figlio. Ne avevo uno che non aveva neppure lontanamente l’ingegno di questa.”
Vedendo che nessuno si opponeva più al mio progetto, presi la penna e la lasciai soltanto dopo aver scritto sei tipi di scrittura in uso presso gli Arabi; e ogni saggio di scrittura conteneva un distico o una quartina improvvisata in lode del sultano. La mia scrittura non soltanto eclissava quella dei mercanti: oso dire che, fino a quel momento, in quel paese non se n’era mai vista una così bella. Quando ebbi finito, gli ufficiali presero il rotolo e lo portarono al sultano.
Il sultano non fece alcuna attenzione alle altre scritture; guardò soltanto la mia che gli piacque a tal punto da dire agli ufficiali:
“Prendete dalle mie scuderie il cavallo più bello e più riccamente bardato, e un abito di broccato dei più splendidi, per rivestire la persona autrice di queste sei scritture e conducetemela.”
A quest’ordine del sultano, gli ufficiali si misero a ridere. Il principe, irritato dal loro ardire, era pronto a punirli; ma essi gli dissero:
“Sire, supplichiamo Vostra Maestà di perdonarci: questi scritti non sono di un uomo, sono di una scimmia.
- Che dite? – esclamò il sultano, – questi scritti meravigliosi non sono della mano di un uomo?
- No, Sire, – rispose uno degli ufficiali, – assicuriamo Vostra Maestà che sono di una scimmia che li ha vergati davanti a noi. – Il sultano trovò la cosa troppo stupefacente da non avere la curiosità di vedermi.
- Fate ciò che vi ho ordinato, – disse loro, – portatemi subito questa scimmia così rara.”
Continua