Amministrazione di condominio – 4

5) Area di parcheggio – 2

5.6. In tema di condominio di edifici, poiché la naturale e principale funzione dei cortili (cose comuni ex art. 1117 codice civile) è quella di dare aria e luce ai locali prospicienti di proprietà esclusiva e di consentire il libero transito per accedere ai medesimi, l’assemblea condominiale, con deliberazione presa a maggioranza, ha il potere di predeterminare, nel cortile comune, le aree destinate a parcheggio delle automobili e di stabilire, al loro interno, le porzioni separate di cui ciascun condomino può disporre, ma non quello di deliberare la trasformazione in un area edificabile destinata alla installazione, con stabili opere edilizie, di autorimesse, a beneficio di alcuni soltanto dei condomini, configurandosi una innovazione vietata a norma dell’ultimo comma dell’art. 1120 codice civile, in ragione, oltre che del venir meno della stessa funzione della detta area comune, della sua utilizzazione esclusiva da parte di alcuni dei condomini, con la sottrazione all’uso ed al godimento anche di un solo condominio (Cass. 9/12/1988, n. 6673).

5.7. L’art. 41 sexies della legge 17 agosto 1942 n. 1150, nel testo introdotto dall’art. 18 della legge 6 agosto 1967 n. 765, il quale prescrive che “nelle nuove costruzioni ed anche nelle aree di pertinenza delle costruzioni stesse debbono essere riservati appositi spazi per parcheggi in misura non inferiore ad un metro quadrato per ogni venti metri cubi di costruzione, pone un vincolo pubblicistico di destinazione, che non può subire deroga negli atti privati di disposizione degli spazi stessi, le cui clausole difformi sono perciò sostituite di diritto dalla norma imperativa. Tale principio resta immutato anche dopo l’entrata in vigore della legge 28 febbraio 1985 n. 47, atteso che l’art. 26 ultimo comma di detta legge, nello stabilire che “gli spazi di cui all’art. 18 della legge 6 agosto 1967 n. 765 costituiscono pertinenze delle costruzioni ai sensi degli artt. 817, 818 ed 819 codice civile”, non ha portata innovativa, ma assolve soltanto alla funzione di esplicitare la regola, già evincibile nella norma interpretata, secondo cui i suddetti spazi possono essere oggetto di atti o rapporti separati, fermo però rimanendo quel vincolo pubblicistico (Cass. 18/7/1989, n. 3363).

5.8. La mera circostanza che il costruttore di un fabbricato condominiale, il quale, prima di vendere i singoli alloggi, nel destinare delle aree a parcheggio ai sensi e nel vigore dell’art. 18 della legge 6 agosto 1967 n. 765, se ne sia riservato la proprietà, come il fatto che i successivi atti di vendita non contengano espressa menzione del trasferimento anche delle comproprietà delle aree medesime, non è sufficiente a superare la presunzione di inclusione delle dette aree fra i beni comuni, posta dall’art. 1117 cod. civile (Cass. 26/6/1990, n. 6472).

5.9. Anche a norma dell’art. 26 ultimo comma della legge 28 febbraio 1985 n. 47, che non ha modificato il regime vincolistico imposto dall’art. 18 della legge “ponte” 26 agosto 1967 n. 765 fra unità abitative e spazi di parcheggio condominiali, chiarendone solo l’originaria portata, deve ritenersi che i contratti di autonoma disposizione di detti parcheggi, pur ammissibili, non possono intaccare il diritto reale d’uso a favore del titolare dell’unità abitativa. E’ pertanto nulla e va sostituita “ope legis” la clausola contrattuale con la quale il venditore dell’immobile abbia riservato a sé la proprietà dell’area di parcheggio, salvo il diritto del venditore e correlativamente l’obbligo dell’acquirente dell’unità abitativa di integrare il prezzo convenuto per il riequilibrio del sinallagma del contratto di compravendita (Cass. 18/7/1991, n. 7994).

5.10. In tema di condominio di edifici il regolamento di condominio o il titolo di acquisto possono stabilire limitazioni con caratteri di oneri reali, ai poteri e alle facoltà che i singoli condomini hanno sulle parti di proprietà esclusiva, al fine di garantire il miglior godimento del bene altrui o comune. Pertanto, con riguardo alle aree destinate a parcheggio, può essere prevista, per una migliore coesistenza delle proprietà confinanti e di una migliore utilizzazione della intera area per le manovre di accesso e parcheggio, la limitazione del diritto di godimento di singoli condomini dei posti macchina di proprietà esclusiva consistente nel divieto di recinzione di tali posti macchina (Cass. 18/10/1991, n. 11019).

5.11. La nullità della clausola del contratto di compravendita di appartamento che esclude il trasferimento della proprietà o del diritto reale di utilizzazione dell’area condominiale da riservare a parcheggio, ai sensi dell’art. 41 sexies legge 27 agosto 1942 n. 1150, aggiunto dall’art. 18 legge 6 agosto 1967 n. 765, ed il conseguente trasferimento “ex lege” del predetto diritto al compratore, comporta il diritto del venditore al corrispettivo di tale trasferimento che dà luogo ad un credito di valore rivalutabile fino alla data della sentenza, che riconosca detto trasferimento, perché ha la funzione di integrazione non del prezzo, in senso proprio, ma degli effetti legali della compravendita, con l’aggiunta di un effetto legale che articolandosi nel trasferimento della proprietà o del diritto reale di godimento dell’area di parcheggio e nella integrazione del corrispettivo, in egual misura deve conseguentemente incidere sul loro patrimonio, senza alterare l’originario equilibrio sinallagmatico del rapporto; fermo restando l’obbligo del venditore di rimborsare l’avente diritto dei frutti civili eventualmente percepiti con lo sfruttamento dell’area dalla data del contratto (Cass. 20/4/1993, n. 4622).

5.12. In tema di spazi riservati a parcheggio secondo quanto prescrive, per le nuove costruzioni, l’articolo 18 della legge 6 agosto 1967 n. 765, il riconoscimento in via giudiziaria del diritto dei proprietari acquirenti degli appartamenti dell’immobile di usufruire dell’area di parcheggio nonostante la riserva di proprietà a favore dell’alienante, originario proprietario dell’edificio, non presuppone né è condizionato al previo accordo sulla misura della integrazione del corrispettivo della vendita degli appartamenti, né all’accertamento giudiziale di tale integrazione, che può essere anche successivo ed indipendente dal predetto riconoscimento (Cass. 28/5/1993, n. 5979).

Amministrazione di condominio – 3

5) Area di parcheggio

5.1. L’art. 18 della legge 6 agosto 1967 n. 765, introduttivo dell’art. 41 sexies della legge urbanistica 17 agosto 1942 n. 1150 – secondo cui “nelle nuove costruzioni ed anche nelle aree di pertinenza delle costruzioni stesse, debbono essere riservati appositi spazi per parcheggi in misura non inferiore ad un metro quadrato per ogni 20 metri cubi di costruzione”, pur essendo dettato per finalità pubblicistiche, cioè allo scopo di contenere l’occupazione di spazi pubblici da parte degli autoveicoli -, non ha inteso costituire un diritto di uso pubblico a favore della collettività ma, piuttosto, indirizzare le attività costruttive individuali, sollecitando l’interesse del singolo all’osservanza della normativa, mediante l’assicurazione di un vantaggio diretto che si riflette sul piano generale, cioè vincolando il costruttore a destinare gli spazi suddetti all’uso diretto degli abitanti dell’edificio. Ne consegue che un contratto di compravendita il quale non attribuisca il posteggio con la proprietà dell’abitazione, deve ritenersi integrato “ope legis” con il riconoscimento del diritto dello spazio relativo, spazio che, seppure non costituisce parte comune in senso stretto, non formando un “unicum” col condominio, vi è tuttavia connesso con un vincolo di strumentalità necessaria che trova titolo nella legge (Cass. 9/6/1987, n. 5036.

5.2. L’art. 41 sexies della legge urbanistica 17 agosto 1942 n. 1150, introdotto dall’art. 18 della legge 6 agosto 1967 n. 765, il quale dispone che nelle nuove costruzioni ed anche nelle aree di pertinenza delle costruzioni stesse debbono essere riservati appositi spazi per parcheggi in misura non inferiore ad un metro quadrato per ogni venti metri cubi di costruzione, non ha una portata meramente pubblicistica, atteso che, ancorché la sua “ ratio” si identifica con la necessità, nell’interesse generale, di limitare, nei centri abitati, l’ingombro delle vie pubbliche causato dai veicoli che debbano accedere ad edifici privati o sostare nelle immediate vicinanze, tale finalità per essere raggiunta richiede anche una immediata operatività della detta norma nei rapporti tra privati, con la conseguenza che le aree destinate a parcheggio non possono essere distolte dal vincolo cui per legge sono asservite e gli atti dispositivi delle aree medesime, se diretti a sottrarle a quel vincolo, incorrono in ragioni di nullità perché contrari a norme imperative e inderogabili (Cass. 20/7/1987, n. 6365).

5.3. Le aree degli edifici riservate a parcheggio ex art. 41 sexies della legge 17 agosto 1942 n. 1150, introdotto dall’art. 18 della legge 6 agosto 1967 n. 765, devono presumersi comuni ai sensi dell’art. 1117 codice civile (la cui elencazione non è tassativa), atteso che sussiste per dette aree, obbiettivamente destinate per legge ad uso comune, l’identica “ratio” che sta alla base della presunzione di comunione stabilita da detta norma codicistica. Ove, poi, tale presunzione sia vinta dal titolo, risultando quelle aree di proprietà esclusiva di uno o più condomini, il vincolo di destinazione comune determina la costituzione “ope legis” a favore dell’intero edificio o delle sue singole parti, appartenenti a proprietari diversi, di un diritto reale di uso sulle aree medesime (Cass. 20/7/1987, n. 6365).

5.4. Con riguardo agli spazi riservati a parcheggio, secondo quanto prescrive per le nuove costruzioni l’art. 18 della legge 6 agosto 1967 n. 765, deve ritenersi consentita, in applicazione delle regole dettate dal codice civile sulle pertinenze, ed anche prima dell’entrata in vigore dell’art. 26 ultimo comma della legge 28 febbraio 1985 n. 47 (che comunque chiarisce la portata di detto art. 18, inquadrando quelle porzioni nella normativa delle pertinenze), la riserva di proprietà in favore del costruttore, con gli atti di trasferimento delle singole unità condominiali o dell’intero fabbricato, sempreché venga rispettato l’indicato vincolo di destinazione (come nel caso in cui il parcheggio resti assicurato ai condomini mediante il pagamento di un canone) (Cass. 29/2/1988, n. 2129).

5.5. L’obbligo di riservare a parcheggio, nelle nuove costruzioni ed aree ad esse inerenti, appositi spazi (in misura non inferiore ad un metro quadrato per ogni venti metri cubi di fabbricato), ai sensi e nel vigore dell’art. 18 della legge 6 agosto 1967 n. 765 (e quindi prima della legge 28 febbraio 1985 n. 47, il cui art. 26, in via innovativa, qualifica come pertinenziale il rapporto con i suddetti spazi), si ricollega ad esigenze pubblicistiche e costituisce un vincolo di destinazione, in favore degli abitanti delle costruzioni medesime, non derogabile, né da parte del costruttore, né da parte di successivi rapporti privatistici, che restano colpiti da nullità ove si pongano in contrasto con tale destinazione. Pertanto, in edificio condominiale, e per il caso in cui gli indicati spazi si trovino in aree incluse fra i beni comuni, la citata norma rende invalida la clausola del regolamento condominiale, recepita nei contratti di vendita, che introduca divieti di parcheggio, e, quindi, legittima la deliberazione assembleare che consenta il parcheggio stesso in contrasto con tale regolamento (Cass. 6/5/1988, n. 3370.

Continua.

Amministrazione di condominio – 2

3) Androne e scale

3.1. L’androne e le scale di un edificio sono oggetto di proprietà comune, ai sensi dell’articolo 1117 codice civile, anche dei proprietari di locali terranei, che abbiano accesso direttamente dalla strada, in quanto costituiscono elementi necessari per la configurabilità stessa di un fabbricato come diviso in proprietà individuali, per piani o porzioni di piano, e rappresentano, inoltre, tramite indispensabile per il godimento e la conservazione, da parte od a vantaggio di detti soggetti, delle strutture di copertura, a tetto od a terrazza. E’ pertanto legittima, e non costituisce spoglio, l’apertura praticata dal proprietario esclusivo di un terraneo con accesso diretto dalla strada, per accedere all’androne, in quanto diretto ad utilizzare una parte dell’edificio da ritenersi comune, senza pregiudizio per gli altri condomini (Cassazione 5/2/1979, numero 761).

4) Antenna televisiva: installazzione

4.1. Il diritto all’installazione di antenne ed accessori – sia esso configurabile come diritto soggettivo autonomo che come facoltà compresa nel diritto primario all’informazione e diretta alla attuazione di questo (articolo 21 Costituzione) – è limitato soltanto dal pari diritto di altro condomino, o di altro coabitante nello stabile, e dal divieto di menomare (in misura apprezzabile) il dritto di proprietà di colui che deve consentire l’installazione su parte del proprio immobile. Pertanto, qualora sul terrazzo di uno stabile condominiale sia installata (per volontà della maggioranza dei condomini) un antenna televisiva centralizzata e un condomino (o un abitante dello stabile) intenda invece installare un’antenna autonoma, l’assemblea dei condomini può vietare tale seconda installazione solo se la stessa pregiudichi l’uso del terrazzo da parte degli altri condomini o arrechi comunque un qualsiasi altro pregiudizio apprezzabile e rilevante ad una delle parti comuni, al di fuori di tali ipotesi, una delibera che vieti l’installazione deve essere considerata nulla, con la conseguenza che il condomino leso può far accertare il proprio diritto all’installazione stessa, anche se abbia agito in giudizio oltre i termini previsti dall’articolo 1137 codice civile o, essendo stato presente all’assemblea, senza esprimere voto favorevole alla delibera, non abbia manifestato espressamente la propria opposizione alla delibera stessa (Cassazione 6/11/1985, n.5399).

4.2. Con riguardo ad un edificio in un condominio ancorché dotato di antenna televsiva centralizzata né l’assemblea dei condomini, né il regolamento da questa approvato possono vietare l’installazione di singole antenne ricetrasmittenti sul tetto comune da parte dei condomini, in quanto in tal modo non vengono disciplinate le modalità di uso della cosa comune, ma viene ad essere menomato il diritto di ciascun condomino all’uso della copertura comune, incidendo sul diritto di proprietà dello stesso (Cassazione 3/8/1990, n. 7825). Continua.

Amministrazione di condominio

PARTI COMUNI DELL’EDIFICIO (ART.1117 C.C.) 1

Sono oggetto di proprietà comune dei proprietari dei diversi piani o porzioni di piani di un edificio, se il contrario non risulta dal titolo:

  1. Il suolo su cui sorge l’edificio, i muri maestri, i tetti e i lastrici solari, le scale, i portoni d’ingresso, i vestiboli, gli anditi, i portici, i cortili e in genere tutte le parti dell’edificio necessarie all’uso comune;
  2. I locali per la portineria e per l’alloggio del portiere, per la lavanderia, per il riscaldamento centrale, per gli stenditoi e per altri simili servizi in comune;
  3. Le opere, le installazioni, i manufatti di qualunque genere che servono all’uso e al godimento comune, come gli ascensori, i pozzi, le cisterne, gli acquedotti e inoltre le fognature e i canali di scarico gli impianti per l’acqua, per il gas, per l’energia elettrica, per il riscaldamento e simili, fino al punto di diramazione degli impianti ai locali di proprietà esclusiva dei singoli condomini.
  4. In genere

1.1.Poiché il condominio negli edifici – con la conseguente presunzione di comunione delle parti comuni di cui all’art.1117 cod.civ. – viene ad esistenza per la sola circostanza che la proprietà di piani o di porzioni di piano di un medesimo edificio appartenga a più titolari in proprietà esclusiva, è irrilevante, al fine di escludere tale condominio – e quindi la comunione dei muri maestri e del tetto – l’esistenza di distinti ingressi e l’assenza di locali comuni (cass.18/1/1982, n.319).

                   2.1.L’avvenuta costruzione di un edificio, del quale siano proprietari più soggetti, è  sufficiente – ancorché non sia ancora intervenuto il rilascio del certificato di abitabilità dei singoli appartamenti – per l’esistenza del condominio, con la conseguente applicabilità delle norme (articoli da 1100 a 1139 cod.civ.) ad esso relative, costituendo la nomina dell’amministratore, l’approvazione del regolamento e la determinazione delle quote millesimali soltanto strumenti per la gestione degli interessi comuni e l’osservanza degli obblighi connessi al preesistente rapporto di comunione, che di essi costituisce la fonte, salve eventuali modifiche od integrazioni pattizie (cass.26/1/82 n.510).

                     3.1.In presenza di edifici separati fra loro da un muro verticale (dalle fondamenta al tetto) si profila una situazione di condominio, qualora i predetti edifici vengano a fruire per la loro utilizzazione ed il loro godimento, di opere comuni, quali, ad esempio, i locali di portineria, l’impianto di riscaldamento, i punti luce, la rete di distribuzione dell’acqua etc; ben potendo un edificio in condominio essere variamente articolato dal punto di vista architettonico (Cassazione 16/5/1984, n. 2987).

                  4.1.Elemento indispensabile per poter configurare l’esistenza di una situazione condominiale è rappresentato dalla contitolarità necessaria del diritto di proprietà sulle parti comuni dello edificio, in rapporto alla specifica funzione di esse di servire per l’utilizzazione e il godimento delle parti dell’edificio medesimo. Pertanto, anche in presenza di più edifici strutturalmente autonomi, ciascuno appartenente a un unico soggetto, è dato profilare una situazione condominiale, allorché tali edifici fruiscano, per la loro utilizzazione e il loro godimento, di opere comuni anche se strutturalmente distaccate (portineria, garage, parco, viali di accesso, eccetera). (Nella specie, si è esclusa l’applicazione delle norme che disciplinano il condominio, perché il corpo di fabbrica, costituito dall’edificio, e quello destinato ad autorimessa erano strutturalmente indipendenti, cioè autonomi in senso statico e funzionale e non avevano in comune alcuna delle parti elencate nell’art. 1117 cod.civ.) (Cassazione 20/10/1984, n. 5315.

5.1.Allorquando nel condominio si tratti di rapporti tra le si singole unità divise, le norme del codice civile sui rapporti di vicinato possono applicarsi solo nei limiti della compatibilità con quelle del regime condominiale, e la valutazione di compatibilità deve essere eseguita dal giudice del merito con riferimento alla concreta possibilità di rispettare le distanze legali, data la struttura dell’edificio comune e lo stato dei luoghi. (Nella specie, il giudice del merito ha fatto applicazione della norma di cui all’art. 889 cod.civ. ritenendosi che lo stato dei luoghi consentisse la collocazione di condutture igieniche sanitarie del bagno e della cucina di un appartamento a distanza legale da altra unità immobiliare. La Cassazione ha confermato la decisione in base all’enunciato principio) (Cassazione 15/12/1984, n. 6575).

6.1.In tema di condominio degli edifici, il più ampio uso del bene comune, da parte del singolo condomino, non può configurare una lesione o menomazione dei diritti degli altri partecipanti, qualora trovi giustificazione nella conformazione strutturale del fabbricato, come risultante della sua originaria costruzione (nella specie, trattandosi di lastrico solare sopra il quale era possibile accedere, alla stregua di situazione coeva alla nascita del condominio, da uno solo degli appartamenti di proprietà esclusiva) (Cassazione 9/6/1986, n. 3822).

7.1.Ai fini dell’individuazione delle parti comuni negli edifici in condominio e della applicazione della relativa disciplina giuridica, sono giuridicamente irrilevanti le circostanze che la cosa comune appartenga o meno a tutti i condomini dell’edificio e sia destinata all’uso ed ai godimento di tutti gli appartamenti in esso esistenti o che i condomini abbiano determinato le rispettive quote di proprietà sulla stessa cosa comune, essendo, invece, sufficiente che quest’ultima appartenga a due o più di detti condomini e sia legata agli appartamenti di costoro da un vincolo funzionale di pertinenza (Cassazione 6/5/1993, n. 5224).

         2 – Alloggio del portiere

        2.1. Le parti dell’edificio condominiale (locali per la portineria e per l’alloggio del portiere ecc) indicate al n.  2 dell’art. 1117 cod.civ. – che, al pari di quelle indicate ai nn. 1 e 3 dello stesso articolo, sono oggetto di proprietà comune se il contrario non risulta dal titolo – sono anche suscettibili, a differenza delle parti dell’edificio di cui ai citati nn. 1 e 3, di utilizzazione individuale, in quanto la loro destinazione al servizio collettivo dei condomini non si pone in termini di assoluta necessità. Pertanto, in relazione ad esse, occorre accertare, nei singoli casi, se l’atto che le sottrae alla presunzione di proprietà comune contenga anche la risoluzione o il mantenimento del vincolo di destinazione derivante dalla loro natura, configurandosi, nel secondo caso, l’esistenza di un vincolo obbligatorio propter rem, fondato su una limitazione del diritto del proprietario e suscettibile di trasmissione, in favore dei successivi acquirenti dei singoli appartamenti, anche in mancanza di trascrizione (peraltro possibile ai sensi dell’art. 2646 cod.civ.) (Cassazione 25/8/1986 n. 5167).

        2.2.  Nel rapporto di portierato, in cui la subordinazione deve essere ravvisata nell’assoggettamento del lavoratore al potere direttivo del datore di lavoro, esercitato anche mediante il controllo dei singoli condomini,  la somministrazione dell’alloggio ubicato nell’edificio condominiale, ove non risulti giustificata da un diverso titolo, deve presumersi effettuata, in favore del lavoratore che vi dimora, al fine di svolgervi il servizio di portierato, che implica l’attività di vigilanza e custodia, alla prestazione delle quali è finalizzata la suddetta somministrazione (Cassazione 4/12/1990, n. 11638). Continua 1.