Napoli – Antichi Mestieri

I venditori di acqua sulfurea – 1

Napoli non ha acque sorgive fuorché le minerali: i suoi fonti sebezi in questi campi flegrei sparvero, o inaridirono, ma gli acquidotti dalla Bolla e dal Carmignano provvedono abbondantemente la vasta città, che diconsi l’acque de’ formali; e l’acque piovane che si raccolgono nelle cisterne, benché d’inferior qualità, servono a dovizia agli usi della vita. L’acque che hanno l’onore di empire le regie tazze e quelle de’ grandi sono l’acque del Leone di Posillipo, di San Pietro Martire, di San Paolo e l’acqua Aquilia al Mandracchio; ma nella stagione estiva il popolo capriccioso tempra gli ardori della canicola con la freschezza dell’acqua sulfurea, sia per lusso, o per necessità, non v’è persona e sia la più misera plebea che non imprenda a guarirsi d’ogni malore con l’acqua sulfurea, panacea generale come l’idropatia alemanna.

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IL PORTO, L’ARSENALE E I “SEDILI” – 4

La città era amministrativamente organizzata in “sedili” piccoli edifici a pianta quadrata, coperti a cupole, con annesso un ambiente per riunioni ristrette. In tali strutture si riunivano i rappresentanti della nobiltà – ai quali, in un secondo momento, si aggiunsero quelli del popolo – che rappresentavano tutta la città, divisa in ventinove “ottine”. Essi venivano eletti presso la Corte nelle singole circoscrizioni, mentre l’assemblea del sedile eleggeva il Capitano della Piazza. Tale organizzazione, che risale al 1268, conferma una sostanziale continuità rispetto alle precedenti dominazioni, cartatterizzate da analoghe strutture organizzative.

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BOCCACCIO, NAPOLI E IL “DECAMERON” – 17

LE AVVENTURE PARTENOPEE DI ANDREUCCIO

NOBILTA’, CRUDELTA’ E ASTUZIE IN TERRA NAPOLETANA – 6

Con un gesto di magnanimità regale, infine, si chiude la novella sesta della giornata decima, in cui “il re Carlo Vecchio, vittorioso, d’una giovinetta innamoratosi, vergognandosi del suo folle pensiero, lei è una sua sorella onorevolmente maritata”. Si tratta di un chiaro attestato della simpatia del Boccaccio per il re Angioino, “per la cui magnifica impresa e poi per la gloriosa vittoria avuta del re Manfredi furon di Firenze i Ghibellin cacciati e ritornaronvi i Guelfi”.

FINE

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IL PORTO, L’ARSENALE E I “SEDILI” – 4

Altri provvedimenti degli Angioini riguardarono la sistemazione delle fogne, l’irreggimentazione dei corsi d’acqua di carattere torrentizio, il lastricamento delle strade cittadine con basoli e con mattoni di cotto, l’eliminazione delle “perciate” e delle tettoie.

Uno sviluppo edilizio analogo a quello del largo delle Corregge, anche se di minori proporzioni, si ebbe nella zona di Carbonara, teatro di giostre e giochi, dove, contemporaneamente al sorgere di nuove chiese. Carlo II fece costruire un palazzo per la Corte, che vi si recava in occasione degli spettacoli, nonché un regio ospizio, nel quale si ritirò negli ultimi anni di vita.

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BOCCACCIO, NAPOLI E IL “DECAMERON” – 16

LE AVVENTURE PARTENOPEE DI ANDREUCCIO

NOBILTA’, CRUDELTA’ E ASTUZIE IN TERRA NAPOLETANA – 5

La novella sesta della giornata terza sembra riproporre una delle protagoniste della “Caccia di Diana”. Caterina Sighinolfi, moglie di Filippello Sighinolfi, per la quale viene usato lo stesso vezzeggiativo di Catella e alla quale Riccardo Minutolo tende per amore un piacevole tranello. I Minutolo erano, nel Trecento, possessori di uno dei bagni presso i quali “molte brigate di donne è di cavalieri, secondo l’usanza de’ napoletani” andavano a diportarsi a liti del mare e a a desinarvi e a cenarvi: qui Ricciardo riesce finalmente a convincere Catella a godere con lui.

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IL PORTO, L’ARSENALE E I “SEDILI” – 3

L’ampliamento dell’Arsenale comportò la realizzazione di una nuova strada costiera “a contrata seu loco ipso portus Pisani usque ad Moricinum secus mare”. Su tale nuova arteria confluivano le vie provenienti dal molo dei provenzali, dalle logge dei pisani e dei genovesi, dal borgho Catalano e dal mercato: erano assi ricavati il più delle volte dagli antichi fossati, ai quali afferiva una rete di viuzze secondarie dall’andamento irregolare, che collegavano le nuove strade con il tessuto preesistente.

Dopo il maremoto del 1243 furono ulteriormente rinforzate le strutture portuali, che vennero sistemate più razionalmente in borghi lungo la costa, assegnando ad ogni comunità un’area ben precisa.

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BOCCACCIO, NAPOLI E IL “DECAMERON” – 15

LE AVVENTURE PARTENOPEE DI ANDREUCCIO

NOBILTA’, CRUDELTA’ E ASTUZIE IN TERRA NAPOLETANA – 4

La moglie, madonna Beritola, non avendo più notizie del marito, fuggì con il figlio ancora piccolo a Lipari, dove partorì un altro bambino. Da lì, con la prole e con una balia, tornò di tornare a Napoli dai suoi parenti. “Ma altrimenti avvenne che il suo avviso; perciò che per forza di vento il legno, che a Napoli andar dovea, fu trasportato all’isola di Ponza, dove entrati in un piccolo seno di mare, cominciarono ad attender tempo al loro viaggio”.

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IL PORTO, L’ARSENALE E I “SEDILI” – 2

Anche il porto fu soggetto a notevoli lavori di potenziamento, costituiti dal drenaggio dei depositi di limo accumulatisi e da opere di sterro e di contenimento, mentre Carlo I fece costruire la Torre di San Vincenzo a protezione di Castel Nuovo.

Inoltre fu ampliato l’Arsenale e venne stabilita l’assoluta inalienabilità del suolo retrostante il porto. La zona del “Moricino” venne destinata a mercato, mentre il centro delle attività commerciali venne trasferito dall’area di San Lorenzo a quella della nuova Chiesa di Sant’Eligio, in corrispondenza dell’attuale piazza Mercato.

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BOCCACCIO, NAPOLI E IL “DECAMERON” – 14

LE AVVENTURE PARTENOPEE DI ANDREUCCIO

NOBILTA’, CRUDELTA’ E ASTUZIE IN TERRA NAPOLETANA – 3

Di nobilissima famiglia napoletana, già citata dal Boccaccio nella “Caccia di Diana”, è invece l’Arrighetto Capece fu capitano generale di Manfredi in Sicilia nel 1266. Di altrettanto nobile stirpe napoletana è la moglie, Beritola dei Caracciolo, il cui nome compare più volte nella “Caccia di Diana”. “Nessun documento o altra fonte autorevole”, sottolineava Michelangelo Schipa, ripreso da Bonaventura Zumbini, “assicura l’esistenza di un Arrighetto Capece”, il quale nella novella, “in grandissimo stato” sotto Manfredi, dopo la sconfitta e l’uccisione di questi da parte di Carlo I tentò di fuggire dalla Sicilia, ma senza fortuna: “subitamente” scrive il Boccaccio, “egli e molti altri amici e servitori del re Manfredi furono per prigioni dati al re Carlo, e la possessione dell’isola appresso”.

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IL PORTO, L’ARSENALE E I “SEDILI”

Le attività commerciali e manifatturiere, nonché quelle finanziarie dei banchieri fiorentini e fiamminghi ebbero il loro campo d’azione nell’area situata in prossimità del porto, nelle zone comprese tra Santa Maria la Nova, via Banchi Nuovi e il Sedile di Porto. Lo stesso trasferimento delle attività commerciali verso il mare sul versante orientale rispondeva all’esigenza di indirizzare i traffici verso il porto e lungo le strade che collegavano la città alle aree interne. La rinnovata attenzione a tale zona è confermata anche dai nuovi lavori di bonifica delle paludi. Nelle vicinanze del porto, del resto, in corrispondenza dell’attuale via Catalana e, più a oriente, della futura piazza Mercato, si erano formati, come è già stato accennato, i borghi mercantili degli scalesi, degli amalfitani, , dei catalani, dei provenzali e dei genovesi.

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BOCCACCIO, NAPOLI E IL “DECAMERON” – 13

LE AVVENTURE PARTENOPEE DI ANDREUCCIO

NOBILTA’, CRUDELTA’ E ASTUZIE IN TERRA NAPOLETANA – 2

La novella decima della giornata ottava, mentre ripropone la tecnica dell’inganno a parte di una donna siciliana ai danni di un mercante e la deliziosa atmosfera del bagno intravista nella novella di Riccardo Minutolo, rilancia, ai danni della donna, una controbeffa mercantile ambientata a Napoli e realizzata grazie all’intervento di Pietro del Canigiano, coetaneo e amico affettuoso del Boccaccio, che rivestì onorevoli cariche presso la Corte Angioina e la Repubblica fiorentina e che lo scrittore nominò tutore dei suoi eredi.

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Il Castel Nuovo e la Cappella Palatina – 4

Durante tali lavori Roberto fece anche costruire una vasta sala coperta da un tetto in lamine di piombo, sostituito da una volta a botte del 1543. Il tetto a travature lignee e i finestroni a ogiva furono costruiti nel 1926, nell’ambito di un vasto programma di ripsristino.

Dal 1328 al 1332 la cappella fu affrescata da Giotto, che raffigurò alcune storie del Vecchio e del Nuovo Testamento. Quando le strutture murarie, fortemente danneggiate dal terremoto del 1456, furono parzialmente demolite e rifatte da Ferrante I d’Aragona, gli affreschi andarono però quasi tutti distrutti. Ne rimangono oggi solo alcuni resti, attribuiti alla scuola di Giotto, e in particolare a Maso di Banco, nello spessore dei finestroni ogivali.

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BOCCACCIO, NAPOLI E IL “DECAMERON” – 12

LE AVVENTURE PARTENOPEE DI ANDREUCCIO

NOBILTA’, CRUDELTA’ E ASTUZIE IN TERRA NAPOLETANA

La linea Sicilia-Napoli è confermata dalla novella quinta della giornata quarta, in cui Lisabetta dissotterra la testa dell’amante, ucciso dai fratelli e apparsole in sogno, e la pone in un vaso di basilico. I fratelli, effettuata la lugubre scoperta, le tolgono l’amata pianta, facendo morire la donna di dolore; poi temendo di essere scoperti, si trasferiscono a Napoli.

L’uxorcula che, nell’”Asino d’oro” di Apuleo, al ritorno improvviso del marito nasconde l’amante in una botte, nella novella seconda della giornata settima del “Decameron” diventa il personaggio di Peronella. Quest’ultima, trovandosi nella medesima circostanza, cvostringe il marito a entrare in una grande botte e a raschiarla, per potersi finire di godere l’amante, un certo Giannello Scrignario, forse figliuolo di un cavaliere e attivo, con le proprie prodezze amorose, nella regione di Portanova.

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Il Castel Nuovo e la Cappella Palatina – 3

Ristrutturato e modificato più volte, l’edificio è stato restituito al primitivo impianto quattrocentesco da un restauro eseguito nella prima metà del novecento. Tra gli splendidi ambienti interni vanno evidenziati almeno il cortile, con un interessante portico del quattrocento, e la cosiddetta Sala dei Baroni, oltre alla Cappella Palatina, intitolata in realtà a Santa Barbara e nota anche come Chiesa di San Sebastiano.

La Cappella Palatina, costruita dal 1307 al 1309 sotto la direzione di Giovanni Caracciolo da Isernia e di Gualtiero Seripando, presenta un’aula unica rettangolare priva di cappelle laterali e dotata di un’abside piatta. Il volume è sottolineato all’esterno da torri poligonali in piperno, mentre sulle pareti sono visibili tracce di volte a crociera, fatte probabilmente realizzare nel 1332 da Roberto d’Angiò in sostituzione dell’originaria copertura piana su travature lignee.

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BOCCACCIO, NAPOLI E IL “DECAMERON” – 11

LE AVVENTURE PARTENOPEE DI ANDREUCCIO

La guerra di Sicilia e l’immigrazione siciliana sono dunque fattori storici importanti pr inquadrare la novella. Quest’ultima potrebbe tuttavia arricchirsi di un ulteriore contrappunto, se si volesse ricordare la suggestiva notazione di Francesco Torraca che, in riferimento alla finzione della “donna di malaffare” spacciatasi per sorella di Andreuccio, afferma che “il Boccaccio non ebbe a stillarsi il cervello per inventare la storiella che fece contare dalla donna: essa, in succinto, è tal quale la storia vera della nascita sua”.

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Il Castel Nuovo e la Cappella Palatina – 2

Della struttura originaria del castello sono rimasti solo la Cappella Palatina e pochi altri elementi. Se ne può immaginare la configurazione attraverso un confronto con le coeve costruzioni francesi e italiane: le torri angioine, ad esempio, erano sicuramente più alte e in maggior numero di quelle attuali, per potersi opporre ai lanci delle catapulte. Si è supposto infatti che nella fortezza napoletana le torri potessero essere più numerose delle cinque che oggi si vedono, con elementi squadrati agli angoli, in analogia con gli impianti fortificati dell’Italia meridionale, quali quelle di Melfi e di Lucera.

Il castello, che fu residenza sia della corte angioina che di quella aragonese, è stato testimone di buona parte della movimentata storia cittadina. Tra i suoi ospiti più illustri si ricordano il pontefice Celestino V, Giotto, Petrarca, Boccaccio, Antonio Beccadelli detto il Panormita, Giovanni Pontano, Ettore Fieramosca e Carlo V.

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BOCCACCIO, NAPOLI E IL “DECAMERON” – 10

LE AVVENTURE PARTENOPEE DI ANDREUCCIO

La picaresca nottata del perugino continuerà verso la rua Catalana, che conduceva dalle vie del porto, dove la vicenda si era svolta, verso l’alto della città, sino all’arca di Giovanni Minutolo, il cui cadavere, come ricorda Benedetto Croce, autore di un saggio significativo sulla novella boccacciana, “si conserva ancor oggi intatto, e si può vederlo in una stanza sotterranea del Duomo di Napoli che è annessa alla cappella dei Minutolo Capece, dove, tolto dalla sua tomba, fu deposto nel secolo XVIII”. E’ stato ancora il Croce ad avvertire che in documenti del 1336 e del 1341 si trovano notizie di un Buttafuoco siciliano e di una madonna Flora, anch’ella siciliana che “abitava proprio al Malpertugio”.

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Il Castel Nuovo e la Cappella Palatina

La costruzione del nuovo castello angioino, il Castel Nuovo, più noto come Maschio Angioino, fu decisa a causa dell’inadeguatezza delle altre due fortezze, Castel Capuano e Castel dell’Ovo: il primo, infatti, troppo lontano dalla costa, era situato nella zona insalubre delle paludi, mentre il secondo era facilmente isolabile dalla terraferma.

Incaricato da Carlo I d’Angiò di sovrintendere ai lavori di costruzione fu Pierre de Chaule. Nei documenti ricorre anche il nome di Pierre d’Agincourt, prestigioso architetto dell’epoca, autore dei grandiosi rifacimenti e ampliamenti delle costruzioni federiciane di Lucera, che dovette essere coinvolto in maniera forse più diretta di quanto le fonti non facciano supporre. Il complesso, per il quale a un anno dall’inizio dei lavori erano attivi 449 operai, fu dotato del ponte levatoio nel 1281 e venne completato nel 1284.

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BOCCACCIO, NAPOLI E IL “DECAMERON” – 9

LE AVVENTURE PARTENOPEE DI ANDREUCCIO

Esso, maravigliandosi di così tenere carezze, tutto stupefatto rispose: “Madonna, voi siate la ben trovata”. Ella appresso, per la mano presolo, suso nella sua sala il menò, e di quella, senza alcuna altra cosa parlare, con lui nella sua camera se n’entrò, la quale di rose, di fiori d’arancio e d’altri odori tutta oliva, là dove egli un bellissimo letto incortinato e molte robe su per le stanghe, secondo il costume di là,  altri assai belli e ricchi arnesi vide; per le quali cose, sì come nuovo, fermamente credette lei dovere essere non men che gran donna”.

In questa Napoli teatrale e truffaldina, dominata da una scenografica simulazione, tra esterni e interni, nel caldo torrido della città, si consuma la perfida beffa ai danni del buon Andreuccio, il quale si vedrà gettato all’improvviso dai delicati odori della camera da letto della “gran donna” ai meno gradevoli olezzi del chiassetto nel quale sprofonderà.

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L’AMPLIAMENTO DELLE MURA – 5

Questa zona, situata tra la nuova reggia e il centro della città, corrispondeva in parte all’attuale piazza Municipio, ma si estendeva anche più a oriente fino a Santa Maria la Nova: Soprattutto nei dintorni del nuovo castello essa si era venuta arricchendo di giardini e di fontane.

Nei pressi di Porta Petruccia, sul limite orientale dell’aria, fu costruita la residenza di Filippo, figlio di Carlo II e furono realizzate nuove scuderie. Nel 1303 sorse il cosiddetto Ospizio tarantino, un grande complesso costituito da varie fabbriche, con un grande giardino. Un’altra costruzione, che poi sarà chiamata Ospizio durazzesco, accoglieva gli altri figli del re. Nel largo delle Corregge, infine, si insediò la magistratura della Corte del Vicario.

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