Atlante dei Parchi Faunistici, Zoo Safari e Acquari in Italia

Parchi Nazionali

Il Parco Nazionale del Vesuvio – 6

Plinio il Vecchio nel libro terzo della sua “Storia Naturale” iniziava a descrivere quasi duemila anni fa la straordinaria ricchezza delle terre dominate dal Vesuvio “Questa regione è così felice, così deliziosa, così fortunata che vi si riconosce evidente l’opera prediletta della natura”. Un patrimonio che nascondeva una minaccia terribile, come avrebbe dimostrato da lì a poco la tragica fine dello stesso Plinio sul litorale di Pompei devastato dall’eruzione del 79 d.C.

Densamente popolato fin dall’Antichità, le fertili campagne ai piedi dell’inquieto vulcano vedono, ai primordi della storia, aspri scontri tra i coloni greci di Cuma e Palèpolis (poi diventata Neàpolis) e le tribù italiche degli Osci, a lungo padrone dell’odierno territorio napoletano. Nel V secolo sono gli Etruschi, che hanno allargato i loro territori verso sud fino a controllare buona parte della Campania interna, ad affacciarsi ai piedi del Vesuvio e a controllare i centri più importanti della zona.

Nel 474 a.C., in seguito alla vittoria nella battaglia navale di Cuma, i Greci tornano per quasi un secolo padroni del territorio vesuviano. Più tardi sono invece i Sanniti, bellicosi montanari scesi dall’Irpinia e dal Sannio verso la fertile pianura della Campania, a impadronirsi delle campagne e dei centri abitati ai piedi del Vesuvio.

Con i Sanniti Roma si scontra per la prima volta nel 343 a.C., e continuerà per due secoli e mezzo. Alle Forche Caudine, nel 321, le legioni dell’urbe subiscono una dura sconfitta. Nel 295 Sanniti e Galli vengono vinti a Sentino. Nonostante la sconfitta, i montanari del Sannio si ribellano nuovamente nel 280 all’arrivo di Pirro, e nel 218 quando Annibale sembra sul punto di  dare una lezione a Roma.

L’ultima rivolta arriva nel 90 a.C., quando molti popoli italici affrontano uniti le legioni dell’Urbe. Stretta a Corfinio, l’alleanza utilizza per la prima volta la parola Italia. Ma i rapporti di forza sono cambiati. Marsi, Picenti, Lucani, Irpini e Sanniti vengono via via sottomessi. Nell’89, le truppe di Silla si impadroniscono di Pompei e di Ercolano. Napoli, città di armatori e mercanti, si era già  schierata da tempo dalla parte dell’Urbe.

Nel fertile agro vesuviano, la Pax romana segna un periodo di prosperità e di sviluppo. Vino, carni e grano vengono esportati a Roma e nel resto dell’Impero, i proprietari delle ville agricole ai piedi della montagna accumulano ricchezze inaudite. Nel 59, però, le campagne di Pompei sono insanguinate da una rivolta di gladiatori e cittadini. Nel 63, un fortissimo terremoto, descritto nei dettagli da Seneca, danneggia Ercolano, Nocera e Napoli e preannuncia la violentissima eruzione del Vesuvio.

Il 24 agosto del 79, una delle più spaventose tragedie del mondo antico colpisce città e campagne ai piedi del Vesuvio. L’eruzione inizia con un’impressionante esplosione, che lancia a un’altezza compresa tra i 15 e i 17 chilometri una colonna (un fenomeno oggi definito “colonna pliniana”) di gas, ceneri, pomici e scorie, i cui materiali ricadono su Pompei, Ercolano e i centri vicini, che vengono quasi completamente sepolti.

Dopo qualche ora, a causa dello svuotamento della camera magmatica, il fenomeno perde d’intensità e sembra volersi esaurire. Alcuni abitanti tornano nelle città semisepolte, a loro si affiancano probabilmente numerosi sciacalli. Ma il loro è un tragico errore.

Ventiquattr’ore dopo la prima esplosione, un secondo parossismo del Vesuvio provoca l’emissione di nubi di gas incandescenti che scendono a velocità impressionante sui fianchi del vulcano, distruggendo ogni forma di vita lungo il percorso. I terremoti completano l’opera di distruzione. L’accumularsi dei materiali eruttivi seppellisce Ercolano, Oplonti e Pompei, e modifica nettamente l’andamento del litorale.

Plinio il Vecchio, diretto alla costa vesuviana con le sue navi, perde la vita nel tentativo di portare soccorso ai profughi. Plinio il Giovane, che osserva la tragedia dall’altra parte del golfo, scrive di “Una nube straordinaria per grandezza e aspetto” che si alza sopra alla montagna e che inghiotte progressivamente le campagne, la costa e le città. Continua.

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Il Parco Nazionale del Vesuvio – 5

Mammiferi, Rettili e Anfibi

Se paragonata a quella degli uccelli, la condizione delle circa 30 specie di mammiferi attualmente segnalate sul Vesuvio è decisamente più difficile. Per chi non può volare, infatti, la pianura che stacca il Vesuvio dai primi contrafforti dell’Appennino è davvero una barriera invalicabile.

Depauperata da secoli di caccia, seriamente danneggiata anche dalla moltiplicazione dei cani rinselvatichiti, la fauna del vulcano ha visto in tempi recenti la ricomparsa del piccolo ed elegante coniglio selvatico, comunque in passato sul Vesuvio, considerato estinto negli anni Settanta e oggi nuovamente segnalato con una popolazione di discreta importanza.

Facile da osservare nei boschi e tra le ginestre del Vesuvio è anche la lepre comune, che ha dimensioni quasi doppie – fino a 70 centimetri di lunghezza e a 5 chili di peso contro un massimo di 35 centimetri e 2,5 chili – di quelle del coniglio selvatico. Introdotta a scopo venatorio, questa specie si è perfettamente adattata all’ambiente del vulcano.

Tra i carnivori è molto diffusa sul Vesuvio la volpe, che compare con una certa frequenza alla vista dei visitatori del Parco nonostante le sue abitudini siano essenzialmente notturne.

L’elenco dei piccoli mammiferi del Parco prosegue con il topo quercino, il ghiro e il moscardino, che prediligono i freschi noccioleti del Monte Somma. Pure presenti, ma decisamente più rare, sono la faina e la donnola. Non è certa, invece, la presenza del tasso. Tra i rettili, i più vistosi sono senz’altro il cervone che vive nei freschi boschi del Monte Somma e può raggiungere i due metri di lunghezza, e il biacco che preferisce il clima più caldo e assolato del Vesuvio. Vivono nel Parco anche il colubro di Esculapio, il piccolissimo orbettino e la vipera comune, cui si aggiungono la tarantola muraiola, il greco verrucoso, il ramarro e la diffusissima lucertola campestre. Estinta allo stato selvatico, la testuggine comune è invece ampiamente presente nei giardini privati e negli orti.

Gli anfibi, tutt’altro che comuni in un ambiente arido come quello del vulcano, sono rappresentati dal rospo comune e dalla rana verde. Mancano segnalazioni recenti del gongilo, importato dai Borboni nel Parco della Reggia di Portici e riprodottosi a lungo anche al di fuori di questo.

Quando la lava fiorisce.

La dura lava viene lentamente disgregata fino a diventare un fertile suolo sul quale crescono erbe, fiori e piante come la gialla ginestra, diffusissima su tutto il Vesuvio.

Ambienti sempre più ricchi.

Le pendici del Vesuvio stanno progressivamente conquistando una vegetazione sempre più ricca e variata. Le caratteristiche del suolo lavico, le variazioni della quota (il Vesuvio raggiunge i 1281 metri di altezza) e la differente esposizione dei versanti sono fattori che agiscono congiuntamente sulla flora determinando, secondo principi ben noti agli ecologi, sia la specie sia le associazioni vegetali possibili.

Un habitat favorevole.

Le rocce e i cespugli del Vesuvio sono l’habitat ideale per molti rettili. Fra questi è diffuso il ramarro, una lucertola grande e particolarmente elegante, soprattutto nel caso dei maschi completamente verdi e con una macchia azzurra sulla gola.

Abili cacciatori di insetti.

Fra i molti uccelli che popolano il territorio del Vesuvio vi sono anche i gruccioni. Questi uccelli sono abilissimi nel catturare al volo con il lungo becco sottile le loro prede (api, vespe, libellule, coleotteri).

Una fauna nascosta.

Le piccole lucertole sono un incontro frequente sulle assolate pendici laviche del vulcano, un ambiente ideale per questi rettili la cui temperatura corporea dipende da quella dell’ambiente in cui vivono.

Al contrario delle lucertole, amanti del sole, i piccoli rapaci notturni si celano durante il giorno nei nidi spesso ricavati da cavità nei tronchi.

Il corvo imperiale

Sono le imponenti dimensioni a rendere inconfondibile il più grande uccello del Parco Nazionale del Vesuvio. Capace di raggiungere un’apertura alare di 135 centimetri e un peso di 1400 grammi, il corvo imperiale (corvus corax) frequenta soprattutto gli ambienti rupicoli dell’area protetta. Grande opportunista dell’alimentazione, questo corvide, è capace di cibarsi di insetti, uova, nidiacei, molluschi, rettili, anfibi e carogne. Presente in buona parte del bacino del Mediterraneo, costruisce di preferenza i suoi nidi sulle pareti rocciose, e non teme di attaccare i rapaci (inclusa l’aquila reale) che gli si avvicinano troppo. Di grande interesse per gli ornitologi sono le sue elegantissime parate nuziali, che si svolgono tra febbraio e marzo e nelle quali il maschio effettua una lunga e complessa danza intorno alla femmina.

Un simpatico mammifero.

Il topo quercino è uno dei più piccoli mammiferi del Parco. Poco più grande di un ghiro, possiede una coda lunga e sottile e ha una maschera nera sul muso. E’ notturno e di giorno rimane nascosto in qualche cavità. Continua.

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Il Parco Nazionale del Vesuvio – 4

Se paragonata alla flora, la fauna del Vesuvio è decisamente più povera. Nel lontano passato, quando la montagna era circondata da una ininterrotta successione di foreste e paludi, vivevano alle pendici del vulcano orsi, cervi e lupi. Nell’Antiquarium di Boscoreale, il museo in buona parte dedicato al paesaggio vesuviano alla vigilia dell’eruzione del 79 d.C., la presenza di ungulati, predatori e rapaci è ampiamente documentata. Poi le cose sono cambiate per intervento dell’uomo.

Diboscata e sistematicamente coltivata già nei secoli d’oro della Pax romana, la pianura che circonda la montagna ha rapidamente perso le sue caratteristiche naturali, trasformandosi in un habitat sempre meno adatto per la grande fauna. Anche le eruzioni, con le loro emissioni di gas, lave e lapilli, hanno reso le cose più difficili – oltre che per le piante – anche per mammiferi e uccelli.

L’isolamento del Vesuvio è diventato completo nel dopoguerra, quando la nascita della “Città Vesuviana” e delle altre conurbazioni della zona (Pomigliano d’Arco e Nola, Nocera e Pagani, Torre Annunziata e Castellammare di Stabia) ha trasformato le campagne dominate dal vulcano in un autentico deserto quasi impossibile da attraversare da parte dei mammiferi.

Per gli uccelli, com’è ovvio, le difficoltà sono minori. I benefici dell’abolizione della caccia a seguito dell’istituzione del Parco, e della efficace repressione del bracconaggio all’interno della Riserva Naturale, sono già evidenti per numerose specie di volatili. Ma anche i più diffusi mammiferi, come il coniglio selvatico, la volpe e la lepre hanno oggi problemi notevolmente minori che in passato.

Non a caso, le specie rari presenti nel Parco Nazionale del Vesuvio sono quasi tutte di uccelli per i quali – rischio di schioppettate a parte – la pianura che circonda il vulcano non costituisce una barriera invalicabile. Alto e vicino alla costa, d’altronde il Vesuvio è da millenni un punto di sosta evidente quanto gradito per molte specie lungo le migrazioni attraverso il Mediterraneo.

Tra le circa 150 specie di uccelli (tra migratori e stanziali) regolarmente segnalate nel Parco le più rare appartengono tutte ai rapaci. Nidificano probabilmente nell’area protetta due coppie di poiana e tre o quattro di gheppio. La prima frequenta soprattutto i boschi del Somma, il secondo si lascia facilmente avvistare sulle pietraie e i campi di lava mentre va a caccia di lucertole e insetti. Tra i rapaci diurni, sono anche presenti il lodolaio, lo sparviero e qualche esemplare di falco pellegrino, il più veloce tra i rapaci nidificanti in Italia, che può raggiungere nelle sue picchiate verso la preda i 300 chilometri all’ora. Fra gli uccelli notturni, oltre al barbagianni, sono presenti sul vulcano il gufo comune, la civetta, l’allocco e l’assiolo, il più piccolo tra i predatori della notte che vivono nel nostro Paese.

E non ci sono solamente i rapaci. Tra il Vesuvio e il Somma è facile osservare le spettacolari evoluzioni aeree dell’imponente corvo imperiale, noto per la sua grande capacità di adattarsi a situazioni ecologiche diverse, che nidifica sulle rocce del più antico dei due vulcani. Nei boschi di pino, leccio e castagno vivono il picchio rosso maggiore, il torcicollo, l’upupa e il cuculo. Sui terreni scoperti si avvistano sempre più facilmente, anche grazie all’eliminazione della caccia, la beccaccia, il rondone, il colombaccio e la tortora. Comune è anche il cardellino, che frequenta i campi di lava perché ghiotto dei semi delle piante pioniere. Tra le specie solo recentemente scoperte sulla montagna spiccano la sterpazzola e il codirossone. Completano l’elenco degli uccelli del Parco Nazionale del Vesuvio il succiacapre, e il codirosso spazzacamino, la cinciarella, il rampichino, lo storno e l’elegante gruccione. Continua – 4

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Il Parco Nazionale del Vesuvio – 3

Definito scientificamente come uno stratovulcano a recinto, il complesso Somma-Vesuvio è collegato a grande profondità agli altri due apparati vulcanici dei dintorni di Napoli, e cioè ai Campi Flegrei e all’Epomeo di Ischia. Il massiccio poggia sull’ignimbrite campana, uno strato roccioso creato dalle antichissime eruzioni dei Campi Flegrei. I magmi depositati dalle eruzioni di epoca storica, ben riconoscibili nel territorio vesuviano, sono costituiti da lave basiche, ceneri, pomici e bombe.

Nel corso degli ultimi duemila anni, le lave del Vesuvio hanno nuovamente cambiato struttura, diventando via via più ricche di leuciti. Nella parte alta della caldera del Somma, sono di grande interesse i “dicchi” vulcanici e i filoni di lava infiltrati tra le pomici e le ceneri, e progressivamente messi a nudo dall’erosione.

A grande profondità, il condotto eruttivo del Somma-Vesuvio attraversa una formazione calcarea secondaria. Lo dimostrano i numerosi blocchi di calcare, alcuni dei quali fossiliferi, che sono stati eruttati durante i violenti parossismi del passato.

Completano il quadro delle rocce osservabili sulle pendici del Vesuvio i 230 minerali che hanno fornito per secoli ai visitatori del vulcano i più classici souvenir della visita alla montagna di fuoco, e che comprendono prodotti fumarolici, pneumatolitici e metamorfici. Gli appassionati di geologia possono ammirare i minerali del Vesuvio nelle collezioni dell’Osservatorio Vesuviano e del Museo Mineralogico di Napoli. Molti visitatori, invece, li osservano solo esposti accanto a cartoline e statuette, nelle bancarelle sul posteggio ai piedi del cratere.

Tra i 230 minerali vesuviani il più diffuso è l’augite, i cui cristalli si incontrano frequentemente sul Gran Cono. Facili da osservare sono anche i cristalli della cotunnite, della olivite, della halite, della leucite e del salgemma, le tavolette nere della tenorite e quelle rosse di eritrosiderite. Tradizionalmente oggetto di raccolta e commercio indiscriminati, i minerali del Vesuvio sono tutelati da una specifica legislazione a partire dal 5 giugno 1995, data dell’istituzione del Parco. Al quarto comma dell’articolo 3, la legge vieta infatti il prelievo di minerali di rilevante interesse geologico dai pendii del vulcano.

Il tetro paesaggio minerale è però ingentilito da una vegetazione rigogliosa. Come tutti i vulcani del mondo, infatti, il Vesuvio – lo Sterminator Vesevo di Giacomo Leopardi – ha un suolo straordinariamente fertile dove crescono ben 906 specie di piante.

Sui pendii vulcanici del Gran Cono del Vesuvio, la prima pianta a insediarsi sui suoli lavici raffreddati è lo Stereocaulon vesuvianum, un lichene grigio-argenteo che si può facilmente osservare sulle lave attraversate dalla strada che sale da Ercolano al cratere. Sul suolo roccioso, dopo qualche decennio cominciano a comparire piccole piante erbacee come il senecio glauco, la bambagia, la romice capo di bue o la lanutella comune. Accanto alle fumarole del cratere compare anche una rara felce, Pteris vittata, che predilige climi caldi e umidi. Più in basso del Gran Cono, invece, il paesaggio vegetale del Vesuvio è caratterizzato da specie impiantate dall’uomo. Solo all’inizio del Novecento, ad esempio, è stata introdotta sul vulcano la ginestra dell’Etna, un alberello più alto rispetto ai cespugli della ginestra dei carbonai e della ginestra odorosa che pure sono presenti sul Vesuvio. In alcune zone la ginestra dell’Etna forma delle boscaglie quasi impenetrabili. In associazione con le ginestre crescono l’elicriso e la valeriana rossa. Tra 800 e 1000 metri compaiono anche le piante d’alto fusto, tra le quali spicca la betulla, che cresce in stazioni isolate nell’Atrio del Cavallo, nella Valle del Gigante e sulla cresta sommitale del Monte Somma.

Sul versante settentrionale del Somma, che è l’ambiente più fresco del Parco, si distendono invece boschi di roverella, ontano napoletano, acero e carpino bianco, che si alternano al castagno e al nocciolo impiantati dall’uomo. Molto diffusa è anche la robinia, un essenza di origine nordamericana che ha formato in più zone una fittissima boscaglia.

Sul versante meridionale del Vesuvio, l’originale vegetazione mediterranea è stata in buona parte sostituita dal pino domestico, impiantato a partire dal 1912 sulle lave del 1822, del 1858 e del 1872, e poi anche su quelle del 1944 che hanno attraversato in più punti la giovane foresta. Proseguita fino ai primi anni novanta dall’Azienda di Stato per le Foreste Demaniali, l’opera di impianto di pini sulle lave è cessata con l’istituzione del Parco.

Già da qualche anno, però era iniziato nei 600 ettari della Riserva Tirone-Alto Vesuvio lo sfoltimento della pineta per lasciare spazio alle essenze mediterranee e in particolare al leccio che continua a diffondersi all’interno dell’area protetta. A favorire la ripresa di questa specie, dotata di una capacità di rigenerazione notevole, sono stati anche gli incendi che hanno devastato la riserva negli anni Novanta e che purtroppo continuano tutt’ora.

Tra lecci e pini, il rigoglioso sottobosco della foresta vesuviana include il biancospino, la fusaggine e la salsapariglia. Nella vegetazione mediterranea del vulcano compaiono anche il lentisco, il mirto, l’alloro, la fillirea, l’origano e il rosmarino. Tra la primavera e l’estate, fioriscono moltissime orchidee selvatiche. Continua.

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Il Parco Nazionale del Vesuvio – 2

Il crinale del Monte somma culmina via via nei 1086 metri dei Cognòli di Santa Anastasia, nei 1132 metri della Punta del Nasone e nei 1112 metri dei Cognòli di Ottaviano. Il Vesuvio, invece, raggiunge i 1281 metri di quota. La vetta si trova nel tratto nord-orientale della cinta craterica, in corrispondenza delle impressionanti pareti di lava che precipitano per quasi 400 metri fino al fondo del cratere. Dal lato più basso, quello affacciato verso Napoli e la costa, la quota dell’orlo del cratere è di circa 1150 metri, mentre il dislivello fra il fondo e l’orlo è di circa 230 metri.

Da questo lato, ai piedi delle ripide ghiaie del “Gran Cono”, di distendono tra i 600 e i 900 metri di quota i pendii – noti anche come Piano delle Ginestre – occupati dalla Foresta Demaniale del Vesuvio, impiantate sulla lava a partire dal 1912 e più volte traversata dalle colate di lava.

Sui fianchi del vulcano sono evidenti anche le colate di lava del 1631 (che raggiungono il litorale tra Torre del Greco ed Ercolano), del 1794 e del 1858.

Il Colle Umberto, l’altura che sovrasta il vecchio Osservatorio Vesuviano, è stato creato dalle eruzioni avvenute tra il 1895 e il 1899.

Le lave del 1906, che hanno causato gravi danni a Torre Annunziata, Boscotrecase, San Giuseppe Vesuviano, e Ottaviano, si riconoscono ancora facilmente sul versante sud-orientale e nella Valle dell’Inferno, dove spicca anche una cupola creata dall’eruzione del 1937.

Ultime ad essere state eruttate dal vulcano, le lave del 1944 si distinguono nell’Atrio del Cavallo, nella Foresta Demaniale e intorno al Colle Umberto, e sono spesso caratterizzate da belle formazioni “a corda”.

Conetti e crateri avventizi si possono osservare anche a quote molto basse sui versanti di Torre del Greco e Boscotrecase. Su uno dei conetti più alti (mt 458), nel seicento, è stato edificato il convento dei Camaldoli della Torre. Altri edifici vulcanici minori, come le bocche Fossamonaca e il Viulo, sono invece stati deturpati dallo sviluppo edilizio recente.

Negli ultimi duemila anni il Vesuvio è stato attivo dal 79 al 1139 e dal 1631 al 1944. In un arco di tre secoli, venti periodi eruttivi si sono alternati ad altrettante fasi di relativo riposo. Ognuno dei periodi eruttivi è iniziato con un intensa attività esplosiva nella bocca principale del vulcano, è proseguito con altre fasi esplosive e con l’emissione di colate di lava e si è concluso con un’altra fase di attività molto intensa. Nei settantacinque anni che separa il 9 aprile 1944 dai giorni nostri, l’attività vulcanica del Vesuvio si è limitata alle fumarole, ben visibili sulle pareti del cratere, e a dei terremoti di modesta intensità. Settantacinque anni però non sono nulla rispetto ai tempi della storia della Terra. Per i geologi il Vesuvio, è ancora un vulcano perfettamente attivo. Invece di chiedersi se le eruzioni riprenderanno, occorre semplicemente domandarsi quando ciò avverrà.

Continua 2

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IL PARCO NAZIONALE DEL VESUVIO 1

Superficie 8482ettari – Quota da 150 a 1281 metri – Anno di istituzione 1995 –

Ente gestore: Ente Parco Nazionale del Vesuvio – Sede: San Sebastiano al Vesuvio

Regione: Campania – Provincia: Napoli – Comuni del Parco: Boscoreale, Boscotrecase, Ercolano,

Massa di Somma, Ottaviano, Pollena-Trocchia, San Giuseppe Vesuviano, San Sebastiano al Vesuvio,

Sant’Anastasia, Somma Vesuviana, Terzigno, Torre del Greco, Trecase.

La dura lava del Vesuvio viene lentamente disgregata fino a diventare un fertile suolo sul quale crescono erbe, fiori e piante come la gialla ginestra, diffusissima su tutto il Vesuvio.

Le rocce e i cespugli del Vesuvio sono l’habitat ideale per molti rettili. Fra questi è diffuso il ramarro, una lucertola grande e particolarmente elegante, soprattutto nel caso dei maschi completamente verdi e con una macchia azzurra sulla gola.

Le caratteristiche del suolo lavico, le variazioni della quota (il Vesuvio raggiunge i 1281 metri di altezza) e la differente esposizione dei versanti sono fattori che agiscono congiuntamente sulla flora determinando, secondo principi ben noti agli ecologi, sia le specie sia le associazioni vegetali possibili.

Camminando lungo il cratere del Vesuvio accade a volta di imbattersi in fumarole da cui escono gas caldi o ardenti (sino a 400-500 °C). Questi fenomeni, testimonianza di quelli ben più complessi che avvengono nelle profondità, non mancano di suscitare nei turisti una grande curiosità mista a una certa apprensione.

Sopra il vulcano si nota, oltre al cratere, la Valle dell’Inferno dove spicca in grigio la grande colata dell’eruzione del 1906. In tale occasione rimasero danneggiati molti paesi fra cui Torre Annunziata, San Giuseppe Vesuviano, Boscotrecase e Ottaviano.

Note ai vulcanologi, con il nome hawaiano di pahoe-hoe, le formazioni di lava “a corda” sono abbastanza frequenti sul Vesuvio, e si possono ammirare in particolare sui Cognòli di Levante, accessibili a piedi da Ottaviano o da Boscotrecase per la Strada Matrone. Presenti in gran parte delle colate eruttate dal vulcano tra la metà dell’ottocento e il 1944, queste formazioni hanno assunto la loro forma a causa della alta viscosità e della scarsità di gas delle lave.

Gli archi delle lave “a corda” indicano anche al profano la direzione di scorrimento delle colate di lava, e provano che la velocità della lava era maggiore al centro che sui bordi.

Alle pendici della montagna i boschi di castagno e di pino, le betulle e le ginestre creano un netto contrasto con gli spogli pendii superiori e rendono più completo lo spettacolo. Nonostante si sia cacciato per secoli, il Vesuvio è ancora popolato da uccelli come la poiana, il corvo imperiale e il gufo comune, cui si aggiungono i pochi mammiferi sopravvissuti alla presenza invadente dell’uomo.

Per duemila anni è stato il Vesuvio a minacciare l’uomo, ricoprendo periodicamente coltivazioni e centri abitati con ceneri e lave che il tempo trasformava in suolo fertilissimo dal quale risorgeva una natura rigogliosa. Dopo l’ultima guerra è stata la razza umana a insidiare il vulcano. Le cittadine che erano ai suoi piedi si sono fuse tra di loro formando una unica grande città vesuviana, anche se hanno mantenuto i loro nomi originari, di oltre 800.000 abitanti. Alle falde del cratere, segnato da numerose strade, i casermoni in cemento, le vie e le discariche sono state costruite sempre più in alto.

La nascita del Parco Nazionale può essere l’inizio di una nuova storia fatta di convivenza pacifica tra l’uomo e la montagna affacciata su Napoli e il suo magnifico golfo.

Fra i molti uccelli che popolano il territorio del Vesuvio vi sono anche i gruccioni. Questi uccelli sono abilissimi nel catturare al volo con il lungo becco sottile le loro prede (api, vespe, libellule, coleotteri).

Il Vesuvio offre il classico paesaggio di tutti i vulcani del mondo. Intorno al cratere si distendono impressionanti campi di lava, pareti verticali di roccia, bizzarre formazioni la lava “a corda”. Un mondo selvaggio, nel quale la fauna e la flora riconquista lentamente i propri spazi.

Al contrario di molti altri vulcani della Terra, però il Vesuvio si affaccia sulle città e sulla vita dell’uomo. Si tenga presente che dall’orlo del cratere al litorale di Torre del Greco ed Ercolano la distanza è di appena seimila metri. Questo spiega la gravità dei danni arrecati dalle eruzioni ai centri che si trovano ai piedi del vulcano.

Il Vesuvio è solo la parte più giovane e più alta del complesso che include anche il Monte Somma, il più antico vulcano della zona, la cui cinta craterica è ancora ben visibile a settentrione del Gran Cono con cui culmina oggi la montagna.

L’attività vulcanica del Somma è iniziata circa 300.000 anni fa suddivisa dagli studiosi in tre fasi distinte alternate a lunghi periodi di quiete. Circa 17.000 anni fa una fortissima eruzione di tipo esplosivo provocò il crollo della caldera del Somma e ne segnò la conclusione mentre nel suo interno iniziò a sollevarsi il Vesuvio. La forma attuale del vulcano è stata determinata probabilmente dall’eruzione del 79 d.C. che distrusse Ercolano e Pompei. La sua quota varia di volta in volta con le varie eruzioni diminuendo o aumentando più volte di varie centinaia di metri.

Il Monte Somma, il più antico vulcano della zona, e la sua vetta più alta, la Punta del Nasone, sono lo sfondo di un anfiteatro vulcanico che prende il nome di Atrio del Cavallo. Il curioso nome della zona risale al tempo in cui i turisti salivano alle pendici del Vesuvio con asini e cavalli che venivano lasciati in questo punto. Da qui iniziava un obbligatorio itinerario a piedi.

Oggi il Gran Cono è separato dalla cinta craterica del Somma dallo spettacolare solco dell’Atrio del Cavallo, della Valle del Gigante e della Valle dell’Inferno, che formano uno degli ambienti vulcanici più interessanti del Parco. La cinta craterica del Somma, ancora ben conservata nel settore settentrionale, domina la Valle del Gigante con alti speroni rocciosi e ripidi pendii di ghiaia e sabbie vulcaniche. Continua.

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Parco Naturale Regionale Taburno-Camposauro – Campania
Atlante dei Parchi e delle aree protette in Italia

Tipologia di area protetta – Dove si trova

Tipologia: Parco Naturale Regionale; istituito con L.R. 1 settembre 1993, n. 33.
Regione: Campania
Provincia: Benevento

Il Parco Naturale Regionale Taburno-Camposauro interessa un’area di 14.200 ettari lungo le montagne calcaree dell’Appennino campano da cui prende il nome.

Monte Taburno e Castello medievale

Descrizione

Il Monte Taburno (1.394 m) e Camposauro (1.390 m) sono separati dalla Piana di Prata, depressione di origine tettonica.
Il paesaggio è molto vario: pareti verticali solcate da profondi canaloni, pietraie e banchi di tufo, doline e conche carsiche. Boschi misti di ornielli, carpini, aceri e roverelle si estendono fino a 900 m, in contatto sui versanti più freschi con faggete ricche di agrifogli. Verso nord abbondano i rimboschimenti effettuati dal Corpo Forestale, con pini domestici, marittimi e d’Aleppo. Ugualmente introdotto l’abete bianco, presente sopra i 1.000 m in particolare nella foresta demaniale del Taburno, impiantata dai Borbone nel 1846. Molte le specie di uccelli, tra cui calandro, succiacapre, falco pecchiaiolo, falco pellegrino, grillaio, balia dal collare, quaglia, nibbio reale.

Monte Taburno – Parco Naturale Regionale Taburno-Camposauro (foto www.parcotaburno.it)

Informazioni per la visita

Gestione:
Ente Parco Regionale del Taburno-Camposauro
Piazza Mercato, 3
82030 Frasso Telesino (BN)
Sito web: www.parcotaburno.it

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Parco Nat. Regionale Roccamonfina e Foce del Garigliano – Campania
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Tipologia di area protetta – Dove si trova

Tipologia: Parco Naturale Regionale; istituito con D.P.G.R. 1 settembre 1993, n. 33.
Regione: Campania
Provincia: Caserta

Il Parco Naturale Regionale Roccamonfina e Foce del Garigliano interessa un’area di 11.200 ettari in provincia di Caserta.

Massiccio del Roccamorfina visto da Sessa Aurunca (foto Ceci Marco)

Descrizione

Roccamorfina è il più ampio apparato vulcanico della regione campana. L’ultima eruzione risale al 269 a.C., mentre oggi rimangono piccole scosse sismiche e diverse sorgenti di acque minerali. Al di sopra dei vigneti, i pendii sono coperti da boschi di querce e castagni; presente anche la macchia mediterranea con lecci e roverelle. La fauna è rappresentata soprattutto da uccelli (averle piccole, tortore, quaglie, succiacapre). Nell’area protetta si trovano anche le foci del fiume Garigliano, che delimita a nord-ovest il vulcano Roccamonfina. In questa zona umida si possono incontrare uccelli svernanti (come l’airone rosso) e di passo (sgarza ciuffetto, forapaglie castagnolo, gruccione, gufo di palude, cicogna bianca, falco pescatore e tanti altri). Tra i mammiferi, la volpe, il tasso e la faina.

Fiume Garigliano

Informazioni per la visita

Gestione:
Ente Parco Regionale Roccamonfina e Foce del Garigliano
Via Castelluccio, 16
81037 Sessa Aurunca (CE)
Sito web: www.parcodiroccamonfina.it

Atlante dei Parchi Faunistici, Zoo Safari e Acquari in Italia

Parco Naturale Regionale Partenio – Campania
Atlante dei Parchi e delle aree protette in Italia

Tipologia di area protetta – Dove si trova

Tipologia: Parco Naturale Regionale; istituito con L.R. 1 settembre 1993, n. 33.
Regione: Campania
Province: Avellino, Benevento, Caserta, Napoli

Il Parco Naturale Regionale del Partenio interessa l’omonima catena montuosa che si eleva tra il Monte Taburno e il Vesuvio; occupa una superficie di 16.000 ettari.

Monti d’Avella – Parco Naturale Regionale del Partenio (foto www.leatammaro.it)

Descrizione

Il massiccio del Partenio costituisce un interessante prolungamento verso occidente dell’Appennino meridionale. Le vette più elevate sono i Monti di Avella (1.598 m) e il Montevergine (1.480 m) su cui sorge uno dei santuari più frequentati della Campania. E’ formato prevalentemente da rocce calcaree che sono state ricoperte da depositi vulcanici legati alle eruzioni del Vesuvio. L’attività carsica è testimoniata da numerose grotte e doline. Le pendici oltre i 1.000 metri di quota sono rivestiti da boschi di faggio, che nelle stazioni più umide si trova associato all’ontano napoletano. Più in basso domina il castagno, mentre a quote inferiori il paesaggio è tipicamente agricolo con piantagioni di vite, olivo e nocciolo. Le specie floristiche censite nel Parco sono più di 1.160 e le zone più interessanti dal punto di vista naturalistico sono gli altipiani carsici di Campomaggiore e Summonte e la dorsale dei Monti di Avella, nel settore centro-occidentale. Nonostante la forte antropizzazione e l’intensa caccia, la fauna annovera, oltre a invertebrati, rettili e anfibi, quasi 100 specie di uccelli (di cui 70 nidificanti) e 36 di mammiferi.

Oasi WWF Montagna di Sopra

Gestione WWF Italia, in convenzione con il Comune di Pannarano dal 1998
Comune: Pannarano (Benevento)
L’Oasi, situata nel cuore del Parco, occupa una superficie di 312 ettari, tra gli 800 m. e i 1598 m s.l.m. dei Monti d’Avella. Notevole la diversità vegetale, con specie legate sia all’ambiente mediterraneo che appenninico.

Santuario di Montevergine – Parco Naturale Regionale del Partenio

Informazioni per la visita

Come si arriva:
Il Parco è raggiungibile da diverse vie di comunicazione regionali, dai tracciati autostradali (Caserta-Salerno e Napoli-Bari), dalla via Appia (SS 7) a nord, dalla statale 7 bis a sud e dalla linea ferrata (tratto Benevento-Napoli e Avellino-Napoli).

Gestione:
Ente Parco Regionale del Partenio
Via Borgonuovo, 1
83010 Summonte (AV)
Sito web: www.parcopartenio.it

Atlante dei Parchi Faunistici, Zoo Safari e Acquari in Italia

Parco Naturale Regionale Monti Picentini – Campania
Atlante dei Parchi e delle aree protette in Italia

Tipologia di area protetta – Dove si trova

Tipologia: Parco Naturale Regionale; istituito con D.P.G.R. 23 agosto 1995, n. 8141 e D.P.G.R. 12 febbraio 1999, n. 63.
Regione: Campania
Province: Avellino, Salerno

Il Parco Naturale Regionale Monti Picentini occupa una superficie di 64.000 ettari sull’omonimo gruppo montuoso calcareo appenninico.

Parco Naturale Regionale Monti Picentini (foto wwwfotoeweb.it)

Descrizione

Di natura calcareo-dolomitica, il gruppo dei Monti Picentini si trovano ad est di Avellino e Salerno. La vetta più elevata è il Monte Cervialto (1.809 m), ai cui piedi si estende verso settentrione il dolce Piano Laceno con l’omonimo lago, specchio d’acqua stagionale legato al periodo invernale-primaverile che alimenta le sorgenti di Caposele. I molti e vasti altipiani sono ricchi di zone a pascolo e boschi di faggio, come quelli di Monte Polveraccio. Moltissime le specie presenti nell’area (oltre 1.260) tra cui diverse endemiche. I fenomeni carsici sono rappresentati da doline, sorgenti, inghoittitoi e grotte. I boschi a quote più basse sono composti da cerri, ornielli, aceri comuni, roverelle e castagneti, mentre al di sopra si trovano faggi, carpini neri, aceri di monte e d’Ungheria e nella Valle della Caccia di Senerchia da stazioni relitte di pino nero. Ricca la fauna, tra cui il lupo, il gatto selvatico, la volpe e diversi piccoli roditori. Tra gli uccelli, a quote più elevate si trova la coturnice e l’aquila reale, mentre più in basso, l’allocco, il gufo comune, la poiana e il picchio nero.

Parco Naturale Regionale Monti Picentini (foto wwwfotoeweb.it)

Informazioni per la visita

Gestione:
Ente Parco Regionale Monti Picentini
Via De Gasperi, 28
80133 Napoli

Atlante dei Parchi Faunistici, Zoo Safari e Acquari in Italia

Parco Naturale Regionale Matese – Campania
Atlante dei Parchi e delle aree protette in Italia

Tipologia di area protetta – Dove si trova

Tipologia: Parco Naturale Regionale; istituito con L.R. 1 settembre 1993, n. 33.
Regione: Campania
Province: Benevento, Caserta

Il Parco Naturale Regionale Matese si trova al confine col Molise e tutela parte del massiccio calcareo che emerge nettamente dalle montagne circostanti e comprende vette, fenomeni carsici, conche, laghi carsici, foreste; la superficie protetta è di 25.900 nelle province di Benevento e Caserta.

Panoramica del Lago Matese (foto Francesco Raffaele www.francescoraffaele.com)

Descrizione

I Monti del Matese sono stati modellati soprattutto dall’erosione carsica e parzialmente dai ghiacciai del Quaternario. L’asse est-ovest corre per circa 50 km dalla Valle del Lete fino a quella del Tammaro. La vetta più elevata è il Monte Miletto (2.050 m) al confine con il Molise. Ricchissimi di fossili che si possono ammirare in vere e proprie vetrine a cielo aperto, come nel caso di Pietraroja.
I versanti sono spesso rivestiti da faggete interrotte da radure che ospitano molte specie floricole, tra cui diverse orchidee selvatiche. Sulle rupi, in particolare quelle a quote più elevate, cresce una flora ricca di specie endemiche e rare che qui raggiungono il loro limite meridionale di espansione e che richiamano quelle dell’Appennino centrale. Sempre alle quote più elevate si trovano pascoli e praterie aride con specie ad affinità mediterranea che qui hanno il loro limite settentrionale di espansione.
Nei boschi vivono il lupo, il gatto selvatico, la donnona e lo scoiattolo. Tra gli uccelli troviamo l’astore, lo sparviero, il nibbio e il colombaccio, mentre sulle pareti rocciose del Monte Mutria e della Valle dell’Inferno vivono l’aquila reale, il lanario, la rondine montana e il picchio muraiolo.
Tre i laghi presenti nell’area protetta, il Lago di Gallo, di Letino e del Matese, che presentano cinture di cannucce di palude intersecate da salicaria e quattrinella, mentre nell’acqua galleggiano la lattuga marina e l’erba vescica. Il Lago del Matese è un interessante luogo di avvistamento dell’avifauna (tarabusino, svasso maggiore, moretta tabaccata, germano reale, falco di palude, marzaiola, falco pecchiaiolo.

Gallinola – Parco Naturale Regionale Matese (foto http://www.caicaserta.it)

Informazioni per la visita

Il Gruppo del Matee è attraversato dal Sentiero Italia, che fornisce un ottimo spunto per la conoscenza del Parco.

Gestione:
Parco del Matese
Via Sannitica
81016 Sepicciano di Piedimonte Matese (CE)
Sito web: www.parcoregionaledelmatese.it

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Parco Naturale Regionale Fiume Sarno – Campania
Atlante dei Parchi e delle aree protette in Italia

Tipologia di area protetta – Dove si trova

Tipologia: Parco Naturale Regionale; costituito con la delibera n. 2211 del 27 giugno 2003.
Regione: Campania
Province: Napoli, Salerno

Il Parco Naturale Regionale Fiume Sarno interessa i territori comunali di Angri, Castellammare di Stabia, Nocera Inferiore, Poggiomarino, Pompei, San Marzano Sul Sarno, San Valentino Torio, Sarno, Scafati, Striano e Torre Annunziata. Il territorio del Parco Regionale del Bacino Idrografico del Fiume Sarno, si estende per 3.436 ettari. L’area del Parco, nonostante il forte degrado derivante dall’inquinamento del fiume, è caratterizzata da bellezze naturali paesaggistiche e storico architettoniche di notevole pregio.

Parco Naturale Regionale Fiume Sarno (foto www.samtec.it)

Descrizione

L’attuale configurazione del bacino del fiume Sarno e, in particolare, delle vie di drenaggio superficiale, è il risultato della sovrapposizione di molteplici interventi di tipo strutturale che, nel corso dei secoli, hanno progressivamente stravolto gli scenari originali, trasformando il reticolo idrografico principale in una fitta maglia di canalizzazioni artificiali. I principali corsi fluviali sono stati interessati da sbarramenti, derivazioni, rettificazioni, attraversamenti. Il fiume Sarno propriamente detto è costituito da un’asta fluviale delle lunghezza di 24 Km a sviluppo completamente vallivo, con andamento pressoché naturale, nella parte alta, e canalizzato in quella bassa; la foce si trova tra il litorale di Castellammare di Stabia e Torre Annunziata.
Scavi archeologici hanno portato alla luce insediamenti risalenti all’età del bronzo antico, all’età del ferro, all’epoca ellenistico-romana, fino ad arrivare al periodo medievale e agli insediamenti svevi, angioini e aragonesi. Tra i siti di rilievo nazionale ed internazionale, Pompei basterebbe da sola a qualificare l’area di riferimento come un’area ad alto valore archeologico-storico-culturale, tuttavia vi sono, inoltre, la città di Torre Annunziata, importante centro archeologico risalente all’impero romano, il Comune di Sarno, caratterizzato dalla presenza di siti architettonici, archeologici e monumentali classici, il Castello e Palazzo Doria, posto al di sopra del Centro medievale di Angri, il Monastero gotico di S. Anna del 1280, posto a Nocera Inferiore, e la Chiesa di San Matteo, tra le più antiche dell’Agro, fondata nel X secolo e ricostruita più volte.

Scavi di Pompei (foto www.dst.unina.it)

Informazioni per la visita

Gestione:
Ente Parco Regionale del Fiume Sarno
Villa Lanzara
84087 Sarno (SA)
Sito web: www.parcodelfiumesarno.it

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Parco Naturale Regionale Diecimare – Campania
Atlante dei Parchi e delle aree protette in Italia

Tipologia di area protetta – Dove si trova

Tipologia: Parco Naturale Regionale; istituito con L.R. 29 maggio 1980, n. 45.
Regione: Campania
Provincia: Salerno

Il Parco Naturale Regionale Diecimare occupa un’area collinare di 444 ettari nei comuni di Cava dei Tirreni e Mercato San Severino (SA).

Piantina del Parco Naturale Regionale Diecimare (foto www.parcodiecimare.it)

Descrizione

Il territorio del Parco interessa l’area sovrastata dai rilievi del Monte Caruso e di Forcella della Cava (832 m). I due rilievi hanno origini marine mentre la piana di Diecimare è formata da materiale detritico e vulcanico rimaneggiato proveniente dai Campi Flegrei. I pendii lungo il Monte Caruso sono coperti da aree steppiche e da macchia mediterranea costituita da mirto, leccio, lentisco, erica e corbezzolo. I versanti della Forcella della Cava sono invece decisamente più verdi e sono caratterizzati dalla presenza di boschi di querce, ontani e castagni. La fauna è molto ricca soprattutto per quanto riguarda gli insetti, tra i quali spicca il macaone, bellissima farfalla simbolo del Parco. Oltre a costituire un’importante area di sosta per gli uccelli migratori, troviamo diversi rapaci, sia notturni che diurni, e tante altre specie più piccole come cince, fringuelli, cutrettole e capinere. Tra i mammiferi, ricordiamo il tasso, il riccio, la volpe, la faina, la donnola, la lepre e diversi piccoli roditori.

Parco Naturale Regionale Diecimare Parco Naturale Regionale Diecimare (foto www.parcodiecimare.it)

Informazioni per la visita

Come si arriva:
– In auto: Autostrada Salerno–Napoli, uscita Cava de’ Tirreni dove si seguono le indicazioni per il Parco. Per il Centro Visite di Acquarola, dall’autostrada Caserta–Roma, si esce a Mercato S.Severino. Seguendo la segnaletica si arriva nel centro della frazione di Acquarola e alla chiesa di S. Michele, nei cui pressi è situato il Centro Visite del Parco.
– In treno e autobus: giunti alla stazione FFSS di Cava de’ Tirreni utilizzare l’autobus di linea S.Lucia–S.Anna e scendere alla fermata di S.Anna all’Oliveto. Per il Centro Visite di Acquarola, si raggiunge la stazione FFSS di Mercato S.Severino e si procede con l’autobus in direzione frazione di Acquarola.

Gestione:
Sede: Via S.Felice, 9 loc. S.Anna
84013 Cava dei Tirreni (SA)
Sito web: www.parcodiecimare.it

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Parco Naturale Regionale Campi Flegrei – Campania
Atlante dei Parchi e delle aree protette in Italia

Tipologia di area protetta – Dove si trova

Tipologia: Parco Naturale Regionale; istituito con L.R. n.15 del 26 luglio 2002 (L.R. n.33/93)
Regione: Campania
Provincia: Napoli

Il Parco Naturale Regionale Campi Flegrei (esteso 8.000 ettari circa) si trova nell’area dei Campi Flegrei costituita dalla parte occidentale della città di Napoli, da Pozzuoli, Bacoli, Monte di Procida, Quarto, fino alle isole di Procida e Ischia.

Lago d’Averno – Parco Regionale dei Campi Flegrei (foto www.visit-campania.it)

Descrizione

La denominazione “Campi Flegrei” risale ai primitivi coloni greci, i quali l’usarono per indicare la zona della mitica battaglia fra gli dei e i giganti che avevano tentato di dare la scalata all’Olimpo.
L’area vulcanica dei Campi Flegrei è racchiusa in una antica caldera di 14 km di diametro il cui cratere è chiamato “Archiflegreo”. All’interno di quest’area sono presenti circa 50 bocche eruttive. L’ area vulcanica più antica è il duomo di Cuma (circa 36.000 anni fa) . La più grande eruzione dei Campi Flegrei è avvenuta 12.000 anni fa ed è stata denominata del Tufo Giallo Napoletano. L’ultima eruzione dei Campi Flegrei è avvenuta tra il 29 e il 30 settembre del 1538, che ha dato origine alla nascita del Monte Nuovo in località Lucrino (Pozzuoli).
Tra le manifestazioni attuali del vulcanismo vi è il fenomeno del bradisismo (sollevamento e abbassamento del suolo), ben studiato nell’area del tempio romano di Giove Serapide a Pozzuoli, accompagnato da attività sismica locale. Culminanti con l’altura dei Camaldoli a 459 m, i Campi Flegrei comprendono numerosi crateri tra cui quelli degli Astroni, di Monte Gauro, di Agnano. Nel perimetro del Parco sono anche compresi il lago d’Averno, che occupa un’antica caldera, e la celebre solfatara di Pozzuoli, dove fumarole di anidride carbonica e zolfo si alzano dal terreno e decine di piccoli vulcanelli ribollono di fango e vapori.

Flora e fauna

Le buone condizioni climatiche e la presenza di una discreta percentuale di umidità relativa dovuta alla presenza dei laghi, unite all’eccezionale fertilità del terreno, hanno favorito, al termine dell’attività vulcanica, l’insediamento di specie vegetali appenniniche e mediterranee, che si sono distribuite in funzione delle condizioni ambientali: è per questo che nel territorio flegreo convivono, in poco spazio, molteplici associazioni vegetali, che elevano di molto il livello di biodiversità vegetale dell’area e, per conseguenza, il suo valore ecologico.
Sono presenti fenomeni di inversione vegetazionale all’interno dei crateri, dove la persistente umidità del fondo, dovuta alla presenza degli specchi d’acqua, favorisce il formarsi di una flora mesofìla, tipica dell’Appennino, mentre alle quote più elevate è frequente incontrare la vegetazione mediterranea che gode della maggiore insolarizzazione e aridità.
La diversità della vegetazione ha comportato un conseguente arricchimento faunistico, che fa di alcune località dei Campi Flegrei il luogo con la maggiore biodiversità animale della provincia di Napoli. E’ solo nei Campi Flegrei, ad esempio, che nidificano il porciglione ed il gruccione.

Capo Miseno – Parco Regionale dei Campi Flegrei

Informazioni per la visita

Gestione:
Parco Regionale dei Campi Flegrei
Via Lungolago, 74
80070 Bacoli (NA)
Tel. 0815231736
Sito web: www.parcodeicampiflegrei.it

Atlante dei Parchi Faunistici, Zoo Safari e Acquari in Italia

Parco Nazionale del Vesuvio – Campania
Atlante dei Parchi e delle aree protette in Italia

Tipologia di area protetta – Dove si trova

Tipologia: Parco Nazionale; istituito con legge 6 dicembre 1991, n. 394, D.D.M.M. 4 dicembre 1992, 4 novembre 1993, 22 novembre 1994 e D.P.R. 5 giugno 1995.
Regione: Campania
Provincia: Napoli

Il Parco Nazionale del Vesuvio è stato istituito per tutelare e valorizzare l’area intorno al vulcano, unico attivo dell’Europa continentale; l’area protetta occupa una superficie di 8.482 ettari nei comuni di Boscoreale, Boscotrecase, Ercolano, Massa di Somma, Ottaviano, Pollena-Trocchia, San Giuseppe Vesuviano, San Sebastiano al Vesuvio, Sant’Anastasia, Somma Vesuviana, Terzigno, Torre del Greco e Trecase.

Parco Nazionale del Vesuvio (foto www.alternapoli.com)

Descrizione

Il Vesuvio (1.281 m) è un vulcano di tipo esplosivo, nel quale la pressione interna fa letteralmente esplodere il “tappo” di rocce, ceneri e polveri che si sono accumulate nel tempo ostruendone il cono. La base della zona vulcanica del Vesuvio, quasi circolare con un perimetro di quasi 50 km, interessa un’area di circa 200 kmq. L’inizio dell’attività eruttiva risale a circa un milione di anni fa, ma si è manifestata in modo significativo circa 35.000 anni fa con la formazione dell’apparato del Monte Somma. All’interno di questo primo edificio vulcanico si produsse successivamente uno sprofondamento che originò l’attuale caldera della Valle del Gigante e, con successive altre eruzioni, il cono del Vesuvio. La Valle del Gigante divide il Monte Somma (1.132 m), dal Gran Cono del Vesuvio; è ricoperta da sabbie e ceneri grige, ma anche da piante pioniere che si sforzano di rinverdire il brullo paesaggio.
Il vulcano alterna periodi di minore attività (fase pozzoliana), o segnati da brevi scoppi ritmici, ad altri caratterizzati da emissioni di gas e scorie (fase stromboliana), per finire con vere eruzioni, accompagnate da emissioni di lava e talvolta da parossismi vulcanici, di cui sono esempi tipici l’eruzione dell’anno 79 d.C. (che sepolse Pompei ed Ercolano), quelle del 1631, 1737, 1794, 1822, 1906, 1944.
Il clima favorevole e il suolo fertile hanno favorito fin dall’antichità gli insediamenti umani lungo le pendici del Vesuvio. Secondo alcuni storici, quando giunsero in queste contrade, Etruschi e Greci trovarono una tradizione vitivinicola già consolidata.

Flora e fauna

Notevole è la ricchezza di organismi vegetali e animali: più di 900 le specie floreali, 44 specie di farfalle, oltre 100 specie di uccelli (tra cui lo sparviere, la poiana e il falco pellegrino) che frequentano le lave e le sottostanti macchie boschive.
I due corpi vulcanici del rilievo, il Somma e il Vesuvio, hanno caratteri ambientali in parte diversi. Le pendici del Vesuvio, fino al prevalere delle lave, sono coperte da pinete e leccete; quelle del Somma, esposte a nord, ospitano invece boschi di castagni, querce ontani e betulle. Le lave raffreddate vengono colonizzate per primo dal grigio lichene Stereocaulon vesuvianum. Occorrono circa 10-15 anni prima che si insedino le prime pianticelle (Vulpia culiata, Filago gallica, Rumex bucephalophorus, Glaucium flavum). A queste si associano spesso la valeriana rossa, l’elicriso e l’artemisia dei campi. Il passo successivo è costituito dalle ginestre. Poi, quando le lave sono degradate, il suolo del vulcano si rivela molto ospitale, consentendo lo sviluppo di numerose specie vegetali, comprese molte orchidee.

Parco Nazionale del Vesuvio (foto www.parconazionaledelvesuvio.it)

Informazioni per la visita

Accessi al Parco:
– Somma Vesuviana: accesso al Monte Somma;
– Ottaviano: accesso ai Cognoli di Levante e alla Valle dell’Inferno;
– Boscotrecase: accesso alla Strada Matrone, alla foresta e alla valle dell’Inferno;
– Ercolano: Accesso all’Osservatorio Vesuviano, al Colle Umberto e alla Valle del Gigante.

Centri visitatori:
– Antiquarium Nazionale “Uomo e ambiente nel territorio vesuviano” – Boscoreale (NA);
– Osservatorio Vulcanologici Vesuviano (istituito nel 1848) – Ercolano (NA);
– Museo della civiltà contadina – Somma Vesuviana (NA).

Gestione:
Sede: Piazza Municipio, 8
80040 San Sebastiano al Vesuvio (NA)
Sito web: www.parconazionaledelvesuvio.it

Fauna Selvatica in Italia

Mammiferi, Uccelli, Rettili e Anfibi

Algiroide di Fitzinger – Algyroides fitzingeri Wiegmann
Atlante della Fauna selvatica italiana – Rettili

Classificazione sistematica e distribuzione

Classe: Rettili
Ordine:  Squamati
Sottordini: Sauri
Famiglia:  Lacertidi
Genere: Algyroides
Specie: A. fitzingeri

L’Algiroide nano o di Fitzinger è una specie endemica della Sardegna e della Corsica abbastanza rara. È comune nelle macchie e boschi a sclerofille, specie in vicinanza di corsi d’acqua.

Caratteri distintivi

E’ lungo circa 15 cm, di cui più di metà costituiti dalla coda. Ha un corpo appiattito con grosse squame carenate nella zona dorsale e altre, più piccole, su fianchi e coda. Presenta un evidente collare dietro il capo, che è piuttosto sottile. La colorazione è un marrone/bronzo uniforme, il ventre è, nel maschio, di un colore arancione vivace.

Biologia

Di abitudini diurne, si nutre di insetti e altri artropodi. Va in letargo nella stagione invernale e vi esce solo a primavera inoltrata. La femmina depone anche 4 uova di circa 8 mm, in maggio o giugno. La schiusa avviene tra la fine di luglio e gli inizi di settembre.

Esemplare giovane di Algiroide di Fitzinger (foto Bobby Bok www.euroherp.com)
Algiroide di Fitzinger (foto Birgit Oefinger www.euroherp.com)

Atlante dei Parchi Faunistici, Zoo Safari e Acquari in Italia

Parco Nazionale del Cilento-Vallo di Diano – Campania
Atlante dei Parchi e delle aree protette in Italia

Tipologia di area protetta – Dove si trova

Tipologia: Parco Nazionale; istituito con legge 6 dicembre 1991, n. 394, D.M. 4 dicembre 1992, D.M. 5 agosto 1993, D.P.R. 5 giugno 1995, legge 9 dicembre 1998, n. 426.
Regione: Campania
Provincia: Salerno

Il Parco Nazionale del Cilento e della Valle di Diano occupa una vasta area (181.048 ettari) nella parte medidionale della Campania (in provincia di Salerno), fra costiera e rilievi interni. Nel 1997 è stato inserito nella prestigiosa Rete mondiale di Riserve di Biosfera dell’UNESCO. Tale rete è l’elemento chiave per realizzare l’obiettivo del Programma MAB (Man and Biosphere): mantenere un equilibrio, duraturo nel tempo, tra l’Uomo e il suo Ambiente attraverso la conservazione della diversità biologica, la promozione dello sviluppo economico e la salvaguardia degli annessi valori culturali.

Templi di Paestum – Pisciotta (foto E.P.T. Salerno www.pncvd.it)

Descrizione

Il tratto costiero va da Agropoli alla Punta degli Infreschi e comprende le famosissime Palinuro e Marina di Camerota, oltre a Punta Licosa (e all’isola omonima), tesoro marino di straordinaria bellezza; la montagna è aspra e selvaggia, ricca di forme carsiche come grotte (come quelle di Pertosa, una cavità carsica con uno sviluppo di oltre 2 km) e doline e guglie simili a quelle dolomitiche.
La parte più settentrionale dell’area protetta è occupata dai Monti Alburni, rilievi di origine sedimentaria composti da rocce calcareo-dolomitiche. Il versante a nord appare dirupato, quello a sud è più dolce e ricoperto da vasti boschi di faggio e pascoli, dove è ricca l’avifauna (picchi, colombacci, beccacce e rapaci notturni).
Più a sud si trova il Monte Cervati, la vetta più elevata del Parco (1.898 m), che presenta una straordinaria successione di ambienti naturali. Nella montagna accanto, il Monte Motola, sopravvive una rara abetina di abete bianco.
Il Vallo di Diano, al margine orientale del Parco, piana bonificata bagnata dal Calore e dal Tanagro, ha costituito un’importante via di comunicazione verso il Sud. Nel più appartato Cilento la popolazione è ancora legata alle proprie radici: a Rosigna Vecchia, paese da decenni abbandonato, si continuano a celebrare sagre e ricorrenze religiose. Il Parco promuove molteplici iniziative e progetti di valorizzazione delle attività socioeconomiche, favorendo il riconoscimento di marchi di qualità per diversi prodotti agro-alimentari.
S.Maria di Castellabate e Punta Licosa costituiscono le attrattive del versante del Parco affacciato sul Golfo di Salerno. Più a su della costa cilentana si trovano Pisciotta, palinuro e il suo capo oltre il quale sorge Marina di Camerota. Il capo e la costa presentano nicchie, cave e grotte suggestive, a volte anche ricche di storia come la Grotta delle Ossa, dove sono stati trovati resti di animali e armi di selce. Splendida è anche la Cala degli Infreschi, così detta per le abbondanti vene di freschissima acqua dolce nascoste sotto la sabbia o che sgorgano direttamente in mare.

Fauna

Il territorio del parco racchiude alcune delle aree naturalistiche meglio conservate di tutta la regione campana: a testimoniarlo, la presenza di specie di animali che prediligono territori selvaggi e incontaminati come l’aquila reale, che nidifica nel comprensorio del Monte Cervati, la coturnice, nel tratto appenninico tra Sanza e Rofrano, e il gracchio corallino, una specie d’alta montagna in diminuzione ovunque in Europa. Presenti e nidificanti sono anche il picchio verde, il picchio rosso maggiore e il rarissimo picchio nero, oltre allo sparviere, un rapace tipico degli ecosistemi forestali intatti. A distanza di tre secoli la cicogna bianca (Ciconia ciconia) ha ricominciato a nidificare nel mezzogiorno. Dal 1996, infatti si ferma in Campania, all’interno dei confini del Parco Nazionale del Cilento e Vallo di Diano (nei pressi di Sala Consilina), per un periodo sufficiente alla riproduzione.

Oasi Gole del Calore di Felitto

Si trova nel comune di Felitto (provincia di Salerno) nell´alto Cilento e occupa una superficie di 150 ettari. L´ambiente si presenta con un´insieme di gole fluviali strette e profonde, formate dal fiume Calore. Lungo le gole si trova una grande varietà di felci. Più in alto, boschi misti di frassino, orniello, alloro, viburno, ontano, maggiociondolo, alternati alla macchia mediterranea composta da mirto, lentisco, corbezzolo, ginestra, alterno, erica arborea.

Fiume Calore – Parco Nazionale del Cilento e della Valle di Diano (foto E.P.T. Salerno www.pncvd.it)

Informazioni per la visita

Accessi al Parco:
– Agropoli: accesso al gruppo del Monte della Stella e alla costa di Santa Maria di Castellabate;
– Vallo della Lucania: accesso al Monte Sacro;
– Sicignano degli Alburni: accesso ai Monti Alburni;
– Sanza: accesso al Monte Cervati;
– San Giovanni a Piro: accesso al Monte Bulgheria e alla costa di Camerota, Palinuro e Pisciotta.

Centri visitatori:
– Centri visita a Montecorice e Vibonati;
– Museo Naturalistico degli Alburni a Corleto Monteforte;
– Museo del Mare a Pollica, fraz. Pioppi;
– Museo della Civiltà contadina a Montecorice, fraz. Ortodonico;
– Antiquarium a Palinuro;
– Museo vivente della Valle delle Orchidee a Sassano;

Gestione:
Sede: URP Parco
Via Filippo Palumbo, 18 c/o Palazzo Mainenti
84078 Vallo della Lucania (SA)
Sito web: www.pncvd.it

Atlante dei Parchi Faunistici, Zoo Safari e Acquari in Italia

Atlante dei Parchi Faunistici, Zoo Safari e Acquari in Italia

Acquario di Genova
Atlante dei Parchi Faunistici, Zoo Safari e Acquari in Italia

Tipologia di area protetta – Dove si trova

Acquario privato (Costa Edutainment)
Regione: Liguria (Genova)

L’Acquario, di proprietà di Porto Antico di Genova SpA e gestito dalla società Costa Edutainment SpA, è stato inaugurato nel 1992 in occasione delle Colombiadi. La progettazione della struttura e dell’area limitrofa è dell’architetto Renzo Piano, l’allestimento degli interni è stato curato dall’architetto Peter Chermayeff. Successivamente è stato a più riprese ampliato. Al momento della sua inaugurazione era il secondo Acquario più grande al mondo.
L’Acquario di Genova nasce e cresce con una missione particolare: quella di creare consapevolezza tra la popolazione alla conservazione marina e alla gestione responsabile degli ambienti acquatici. Con questo obiettivo in mente, sono state create alcune linee di sviluppo in un ambiente culturale e scientifico che coinvolgono famiglie, scuole e tutti i centri d’educazione sociale, impiegati in azioni concrete volte a salvare gli ecosistemi marini.

Acquario di Genova
Acquario di Genova

Descrizione

Il percorso di circa 2 ore e 30 minuti comprende 70 vasche cui si aggiungono le 4 a cielo aperto del Padiglione Cetacei inaugurato nell’estate del 2013. La superficie totale della struttura è di 27.000 metri quadrati. Le vasche ospitano circa 15.000 animali di 400 specie diverse tra pesci, mammiferi marini, uccelli, rettili, anfibi, invertebrati in ambienti che riproducono quelli originari delle singole specie con evidenti finalità didattiche.
Quattro grandi vasche consentono di osservare gli animali da due diversi livelli; ospitano rispettivamente i lamantini, squali di diverse specie, foche, pinguini. Nel Padiglione Cetacei, i delfini possono essere ammirati sia dall’alto, grazie a una grande parete vetrata con una finestra apribile, sia da una prospettiva subacquea grazie al tunnel vetrato di 15 metri di lunghezza e al grande acrilico lungo 20 metri.
Due volte al giorno, il pubblico può assistere al momento del pasto dei delfini con un addestratore a disposizione per raccontare curiosità e informazioni sulla biologia degli animali e sul lavoro quotidiano necessario al mantenimento di questi animali.
Una volta al mese, l’Acquario di Genova propone la “Notte con gli Squali”, offrendo a un massimo di 35 ragazzi per notte (di età compresa tra i 7 e i 13 anni) di dormire davanti alla vasca degli squali, passando un’intera notte all’interno dell’acquario, per scoprire tutto sul comportamento notturno dei suoi abitanti.

Acquario di Genova – Pesce pagliaccio

Informazioni per la visita

Al fine di poter divulgare un messaggio comprensibile a tutti, bambini ed adulti, l’Acquario organizza eventi ed iniziativeatte ad incoraggiare la gente a riflettere sulle questioni ambientali. Per le sue iniziative di ricerca l’Acquario è assistito da un Consiglio scientifico e dal AquaRing EU project (un progetto della Unione Europea) il cui scopo è quello di identificare le aree in cui intervenire e definire gli obiettivi connessi alle azioni definite.
L’acquario si compone di 70 vasche che riproducono gli habitat marini e terrestri di tutto il mondo, fornendo una dimora a più di 6000 animali appartenenti a 600 specie diverse. In totale sono 9.700 i metri quadrati, percorribili in un percorso di poco meno di 3 ore, tra quattro piani, due dei quali sotto il livello del mare (una profondità di 7 metri).
Troviamo tra le tante, la vasca degli Squali, con magnifici esemplari come lo squalo zebra o il pesce sega, la vasca dei pinguini o quella dei delfini, la vasca dei grandi granchi del Giappone che ospita anche l’incredibile esemplare di Macrocheira Kaempferi che raggiunge un peso di 20 kg, un’apertura di anche 4 metri e vive in media 100 anni! La grandissima Vasca del molo antico” lunga 15 metri ed alta 2 è forse quella che più ricorda la storia importante di Genova, ricostruisce perfettamente la banchina del Porto Antico del XV secolo (non poteva non ospitare le specie più tipiche degli ambienti costieri liguri).
Le vasche coralline sono forse le più affascinanti di tutto il percorso, sarà per gli incredibili colori che si ammirano, come quelli del pesce pagliaccio, il pesce palla o il pesce scorpione, ospitati nella Vasca della scogliera corallina del Madagascar, mentre quella della Foresta del Madagascar ospita incredibili esemplari come il Camaleonte di Parson uno dei più grandi esemplari con una lunghezza di 60 cm; all’interno anche il coccodrillo del Nilo e la simpatica rana rossa, detta anche rana pomodoro.
L’area chiamata il Vascello degli Esploratori presenta esemplari come il Discus e il pitone verde, mentre nella Vasca delle Cinque Terre si ammirano i pesci nostrani: il pesce trombetta (della famiglia delle Centriscidae), i coralli della gorgonia rossa, della famiglia delle Paramuriceidae, il colorato pesce castagnola rossa e il pittoresco Cerianto, un esacorallo bianco (i suoi tentacoli possono raggiungere anche un diametro di 40 metri). Da non perdere, per il discorso didattico sopra citato la zona delle Aree marine protette che ospita pesci come la cernia bruna, la murena, lo scorfano, il polpo e il preziosissimo corallo rosso. Un posto a noi lontano come l’Antartide ci propone esemplari conosciuti ancora con il loro nome latino, molti molluschi e una tipo stella marina rossa della famiglia delle Odontasteridae.

Contatti:
Sito web: www.acquariodigenova.it
Costa Edutainment S.p.A.
Acquario di Genova
Area Porto Antico – Ponte Spinola
16128 Genova
Tel. 010/23451

Aree protette in ItaliaParchi Nazionali e Regionali, Riserve e Oasi

Le aree protette in Italia interessano quasi il 10% della superficie nazionale. Stretto è il legame tra parchi e agricoltura: secoli di vita legata ad un territorio hanno prodotto un patrimonio unico di ambiente, cultura e sapori, che rappresenta l’identità di un luogo e della sua gente.

Regione Campania
Atlante dei Parchi e delle aree protette in Italia

Parchi e aree protette della Campania

I paesaggi della Campania vanno dalla costa, con alcuni tratti tra i più belli d’Italia (Positano, Amalfi, Ischia, Capri, Palinuro, Marina di Camerota), ai 2.000 metri di quota del Matese, dal Vesuvio ai tanti rilievi di natura vulcanica. La varietà ambientale è spesso deturpata dall’abusivismo edilizio, dal problema delle discariche, dal bracconaggio e dal dissesto idrogeologico. Qualcosa si sta muovendo: prima con l’istituzione delle riserve gestite dal Corpo Forestale, poi con i due parchi nazionali del Vesuvio e del Cilento-Vallo di Diano e quelli regionali. Sulla carta, la percentuale di territorio protetto è pari al 25%, ma molto deve essere ancora fatto. Da segnalare anche la prossima creazione di altre aree marine protette, oltre a quella di Punta Campanella.
Nell’ambito del Progetto Rete Natura 2000 sono stati proposti 154 SIC (siti di importanza comunitaria) e 13 ZPS (zone di protezione speciale).

Templi di Paestum – Pisciotta (foto E.P.T. Salerno www.pncvd.it)
Parco Nazionale del Vesuvio (foto www.parconazionaledelvesuvio.it)

Parchi Nazionali

Il Parco Regionale dei Monti Picentini – 2

La vita nel Parco – Alla scoperta di rocce, boschi, fiumi e grotte.

Il fiume Calore che nasce dal Colle Finestra nel versante settentrionale del Monte Accelica, è uno dei più importanti della Campania. Durante la sua corsa di 108 km verso il volturno riceve le acque di molti affluenti.

Sui monti crescono fitti boschi di faggi, castagni e lecci.

Catena calcarea che culmina nelle vette del Cervialto, del Terminio e dell’Accellica, spartiacque tra la piana costiera del Sele e le colline dell’Irpinia, la giogaia dei Monti Picentini conserva splendidi pianori di pascoli, ovattate e solenni faggete, impressionanti e ripidi versanti rocciosi e, gioiello prezioso dell’area, la popolazione di lupi più consistente della Campania.

Qui nascono i fiumi Sabato, Calore, Ofanto, Sele, Tusciano, qui iniziano gli acquedotti che riforniscono Napoli, Salerno e buona parte della Puglia. Siamo a meno di 50 chilometri in linea d’aria da Napoli, ma l’atmosfera è di autentica e severa montagna.

Se osservati su una carta topografica, i Picentini sono tagliati dal confine tra le province di Avellino e Salerno. E un confine che coincide con lo spartiacque principale del gruppo, una cresta orientata quasi esattamente da occidente ad oriente, e che si allunga da Mercato San Severino e Solofra fino alla statale 165 tra Oliveto Citra e Senerchia.

Partendo da occidente, la prima elevazione di una qualche importanza è il Pizzo San Michele (1567 metri), al quale seguono le vette del Monte Mai (1607 metri) e il valico attraversato dalla strada Giffoni-Serino. La cresta prosegue verso il Varco del Pistone, il Varco della Finestra e la bella mole dell’Accellica (1660 metri), la cima bifida ed elegante che è il simbolo del massiccio per escursionisti e alpinisti.

A nord di questo settore si allungano gli splendidi pianori erbosi di Verteglia e di Campolaspierto, i più estesi e suggestivi del gruppo. Su questi si affaccia il Terminio (1806 metri), la seconda vetta per quota del massiccio. Rivestito verso est e verso sud da una fitta foresta di faggi, il Terminio scende ad occidente con un ripido e spettacolare versante roccioso ben visibile da molte parti della Campania.

A nord, pendii più dolci digradano su Volturara Irpina e il Piano del Dragone.

Dall’Accellica lo spartiacque scende sul Valico delle Croci di Acerno, poi risale verso il Monte Cervialto (1809 metri), il più elevato del massiccio, purtroppo deturpato da una inutilissima strada. A nord del Cervialto, il Piano Laceno ospita la stazione sciistica più frequentata della Campania. Verso sud, il piccolo Piano del Gaudo separa il Cervialto dal Monte Polveracchio (1790 metri) e dal settore meridionale dei Picentini, che digrada con ripidi e assolati contrafforti verso Eboli e la piana costiera del Sele. Continua – 2