La ricetta del giorno:

Spaghetti con sugo di ricciola.

Ingredienti: spaghetti 400gr, trance di ricciola (o cernia, dentice ecc.) 600 gr, pomodorini 300g, vino bianco secco 1 dl, cipolla, prezzemolo, olio extravergine d’oliva, sale, pepe.

Esecuzione: in abbondante olio rosolare la cipolla tritata, unire i pomodorini tagliati a metà, salare, bagnare con il vino e sulla salsa adagiare le fette di pesce.

Aggiungere un po’ d’acqua, salare e pepare il pesce, coprire e far sobbollire fino a completa cottura del pesce e ad evaporazione del liquido.

Mentre la pasta cuoce, naturalmente in abbondante acqua salata, passare il pesce in un piatto, pulirlo eliminando pelle e lische, poi scolare gli spaghetti e condirli nella padella con la salsa.

Passarli nel piatto di portata e guarnirli con le molliche di pesce e abbondante prezzemolo tritato fresco.

Buon appetito

Scuola di cucina

Ricette tipiche

Lumache con prosciutto e spinaci

Ingredienti: lumache rigate 400gr, prosciutto crudo in una sola fette 100gr, spinaci puliti 200gr, scalogno 2, prezzemolo 1 mazzetto, olio extravergine d’oliva 4 cucchiai, latte 4 cucchiai, sale, pepe.

Esecuzione: riducete il prosciutto a dadini; tagliate gli spinaci a listarelle, sbucciate gli scalogni e tritateli; lavate e asciugate il prezzemolo e tritatelo.

Mettete l’olio in una padella e fatevi appassire gli scalogni, senza però farli dorare; aggiungete quindi gli spinaci a listarelle e fateli rosolare per 2-3 minuti.

Unite il latte e fate cuocere, a fuoco moderato, per 2-3 minuti. Aggiungete il prosciutto a dadini, mescolate, insaporite con un pizzico di sale e una macinata di pepe e cospargete con il prezzemolo tritato.

In una pentola portate a ebollizione abbondante acqua salata e fatevi cuocere la pasta. Scolatela al dente e conditela con il composto di spinaci e prosciutto.

Trasferite la pasta in un piatto da portata e servitela immediatamente, accompagnando, a piacere, con parmigiano grattugiato.

Buon appetito

Scuola di Cucina

La pasta secca – 3

I diversi formati della pasta secca

La grande famiglia delle paste secche comprende svariati formati. Dagli originali spaghetti o maccheroni, si è arrivati oggi ad avere in commercio circa un centinaio di paste di forme diverse. A cospetto di tale varietà, si può indicare in generale la fondamentale distinzione tra i formati di pasta: tra formati lunghi e formati corti.

Oltre a quella tra pasta lunga e corta, vi è, tra i numerosissimi formati di pasta in commercio, un’altra distinzione fondamentale: quella tra pasta liscia e rigata. Quest’ultima è da molti preferita alla pasta liscia perché, a causa della sua particolare struttura, trattiene negli incavi una maggior quantità di condimento.

Paste lunghe

Sebbene il formato più diffuso al mondo siano gli spaghetti, che appartengono ai formati lunghi, risulta che in generale le paste lunghe siano poco conosciute e meno utilizzate di quelle corte.

Questo a dispetto del fatto che i formati lunghi, secondo il parere degli esperti, sono quelli più saporiti. Essi, infatti, richiedono un tempo di essiccazione molto più prolungato rispetto ai formati corti, il che provoca un aumento dell’acidità propria della pasta, migliorandone la digeribilità e il sapore. Tutto ciò spiega a sufficienza l’abitudine nelle aree meridionali di fare ancora grande uso dei formati della serie “ziti” in tutte le preparazioni, preferendo, per quei piatti in cui è previsto l’uso di pasta corta, spezzettare la pasta lunga piuttosto che utilizzare pasta pretagliata.

I formati di pasta lunga si utilizzano in genere per piatti di pasta asciutta come per le paste al forno e i timballi e comprendono i capelli d’angelo (spaghettini sottilissimi, essiccati in modo da formare dei “nidi” e così confezionati); gli spaghetti, gli spaghettini, i vermicelli e gli spaghettoni (che si differenziano tra loro per il diametro); le linguine, le bavette, le trenette (sorta di spaghetti appiattiti); i bucatini e gli ziti (spaghetti di grosso formato con un foro centrale rispettivamente di 2 e di 5 mm); le mafaldine, le reginette e le tripoline (sorta di tagliatelle secche dai bordi ondulati).

Nel mescolare e condire le paste lunghe, cercate di non aggrovigliarle, mescolando sempre nello stesso senso e condendo la pasta sollevandola con due posate (un cucchiaio e una forchetta) e non mescolando orizzontalmente.

Paste corte

La pasta corta si presta a ogni tipo di preparazione: dai primi asciutti alle minestre in brodo, altre che ai pasticci di pasta al forno. Tra i formati più piccoli, se si esclude la cosiddetta pastina utilizzata per minestre in brodo, vi sono gli anelletti, i ditalini, le farfalle, le rotelle, le mezze penne e le mezze maniche, i cavatappi, le pipe, le lumache, le conchiglie e le creste di gallo, la cui forma è chiaramente evocata dal nome.

Di maggiori dimensioni sono i fusilli (chiamati anche eliche, elicoidali o ghiottole), dalla caratteristica forma a spirale, i rigatoni (chiamati a volte, impropriamente, maccheroni), le penne le pennette e i sedanini (chiamati anche tubetti).

Tra i formati più grandi, che in genere vengono lessati al dente, farciti e passati a gratinare nel forno, vi sono infine i lumaconi e i conchiglioni.

Condimenti

La pasta si adatta a tutti i condimenti e qualsiasi tipo di pasta può essere usato al posto di un altro in molte ricette.

Volendo dare una regola generale, tuttavia, si può affermare che, prendendo come base il rapporto tra superficie e peso propri di ogni formato di pasta, una pasta più consistente e di superficie più estesa (in particolare nei formati con superficie rigata e grosso diametro) si accompagna meglio a un sugo sostanzioso, come per esempio un ragù di carne, mentre i formati di pasta lunghi e sottili si sposano al meglio con un condimento a base di olio d’oliva extravergine e aglio, come il pesto ligure.

Scuola di cucina

La cucina di una volta

Modo di conservare alcune sostanze alimentari – 3

Funghi conservati col sale

Ponete al fuoco un recipiente con due litri e mezzo di acqua.

Quando sarà in ebollizione, immergetevi 3 chili di funghi di buona qualità, fate dar loro 3 ebollizioni, poi levateli con la schiumarola e metteteli su una tela, e quando son freddi ed asciutti, metteteli in un vaso. Fate poi bollire 3 litri di acqua con 2 etti di sale, lasciate raffreddare, copritene i funghi, versandovi sopra mezzo quinto d’olio, tappate il vaso e riponetelo in luogo fresco.

Giardiniera sott’aceto

Prendete 3 chili per qualità di rape, patate, carote, ecc., tagliandole a stella, dadi, ecc.

Fatele cuocere a metà cottura nell’acqua e sale separatamente, mettete il tutto in 2 litri d’acqua con 50 grammi di sale bollito, e quando sono freddi colateli con uno staccio e metteteli in un vaso, coperti con aceto bianco, un ramicello di serpentaria e qualche chiodo di garofano.

Mostarda alla cremonese

Pigliate quella quantità di frutta che vi abbisogna, come pere, mele, susine, ciliegie, albicocche, fichi, che non debbono essere maturi, ed anche scorze d’arance, di cedro e fette di zucca.

Fate cuocere il tutto con acqua e zucchero, dando loro quel punto di cottura che richiedono secondo la specie ed il grado di maturità, vale a dire maggior cottura alle frutta più dure, e meno prolungata a quelle più molli. Ad ogni modo fate attenzione che non si spappolino, perché devono rimanere, anche dopo la cottura, nella loro forma naturale e piuttosto dure.

Poi mescolate insieme tutte le frutta già cotte separatamente, mettendole col loro giulebbe in apposito recipiente e aggiungetevi, mentre il liquido è ancora caldo, farina di senape in quantità di 25 o 30 grammi.

Questa mostarda si serve con manzo o pollame a lesso. Bisogna però prepararne poca, perché non si conserva oltre l’inverno.

Acciughe e sardine salate

Si scelgono le acciughe o sardine che si vuol salare; si toglie loro la testa e le interiora, senza lavarle; indi, preso un bariletto o un vaso, se ne copre il fondo con uno strato di sale marino, su cui si adagia un suolo di acciughe o sardine, le une accoste alle altre, colla coda verso il centro a guisa di una ruota a fitti raggi, e si continua l’operazione, alternando sempre uno strato di sale ed un suolo di pesce.

Quando il recipiente sarà pieno sino a pochi centimetri dall’orlo, si versi un po’ di salamoia, composta di 300 grammi di sale per ogni litro d’acqua, che si sarà fatta preventivamente bollire e poi raffreddare; e finalmente coprite con una rotella di legno, che entri nel vaso, e si sovrapponga un peso.

Dopo un mese si rinnoverà la salamoia.

Per servirle si laveranno e si strofineranno leggermente con un pannolino, si taglieranno nel mezzo, levando la spina, mettendole ben preparate sul piattello degli antipasti, con prezzemolo triturato, un pochino di limone e qualche goccia d’olio.

Pesci marinati

Tutti i pesci si possono marinare, ma le specie che più comunemente vengono destinate a ciò sono le anguille di mare e di fiume, gli zerri, i naselli, gli sgombri e le sardine.

Di qualunque specie siano però i pesci prescelti, li farete prima friggere in una padella con olio, e poi, prosciugati alquanto con carta asciugante, li adagierete in un recipiente adatto, spolverizzandoli suolo per suolo.

Avrete intanto fatto soffriggere a parte in una casseruola un poco d’aglio trinciato e rosmarino con olio, e vi avrete aggiunto tanto aceto che basti, lasciando bollire il tutto per alcuni minuti.

Raffreddata che sia questa concia, versatela sopra i pesci già accomodati come abbiamo detto, ricoprendoli totalmente, ed infine turate bene il vaso.

Il pesce preparato così, si può mangiare anche dopo sole 10 o 12 ore.

Tonno sott’olio

Tagliate a grosse fette trasversali il tonno fresco; fatelo bollire per mezz’ora nell’acqua con molto sale; ritiratelo, lasciatelo ben sgocciolare e accomodatelo a strati entro un bariletto od un recipiente di latta, versandovi sopra tanto olio da ricoprirlo tutto. Chiuso il recipiente nel miglior modo possibile, in maniera che non vi penetri l’aria, portatelo in un luogo fresco e asciutto.

Per servirlo lo si tagli a fette sottili.

Piccadilly all’uso inglese

Si pigliano, fagiuolini, cipolline, scalogne, carote ed anche zucchette, si scottano e si collocano in piccoli vasi, dove si mette prima un infuso d’aceto buono, chicchi di pepe, zenzero e un pizzico di senape.

Poi turate bene i vasetti che dovranno essere di cristallo.

In Inghilterra si usa molto, generalmente coi lessi.

Scuola di cucina

La pastiera

Per la pastiera occorrono due elementi speciali, che non sempre si trovano da comprare già pronti, e vanno perciò preparati in anticipo. Essi sono il grano bagnato e l’acqua di fiori d’arancio, assolutamente necessari. E’ facoltativa invece la teglia di latta, alta 4 centimetri, che si usa quasi esclusivamente per questo dolce e che, nonostante la sua modestia, si presenta in tavola. Infatti, la pastiera non si sforma mai, e anche i pasticcieri la presentano e la vendono nella sua teglia.

A Napoli, quando si avvicina la Pasqua, il grano si vende già bagnato ed ora si trova addirittura in scatola e in barattoli di vetro, ma chi non fosse in grado di procurarselo potrebbe prepararlo nel seguente modo: comprare 150 grammi di grano in chicchi e tenerlo per 15 giorni a bagno in acqua fredda, rinnovando quest’ultima ogni paio di giorni. Quando si dovrà cuocere il grano, lo si sgocciolerà e se ne peserà la quantità indicata nella ricetta.

L’acqua di fiori d’arancio, che i Napoletani comprano anche già preparato, è composta di un’essenza analcolica di fiori d’arancio, mescolata ad una certa quantità d’acqua. E’ però preferibile usare le fialette di essenza senza allungarle con l’acqua.

Ingredienti per la pasta: farina 400gr, strutto 200gr, zucchero 200gr, uova 4 tuorli, sale un pizzico, la buccia di un limone.

Ingredienti per il grano: grano bagnato 200gr, latte dl 3 e ½, arancia fresca ½ buccia, strutto 1 noce, zucchero 1 cucchiaino da the, vaniglia 1 bustina.

Ingredienti per il ripieno: ricotta 240gr, zucchero 170gr, uova 3 tuorli e 3 albumi, cannella in polvere 1 pizzico, essenza di fiori d’arancio 1 fialetta, cedro candito gr. 20, scorzetta di arancia candita gr. 20, cocozzata gr. 20.

Il giorno precedente quello della confezione della pastiera, fate cuocere nel latte, nella quantità sopra indicata, grano, buccia d’arancia, strutto, zucchero e vaniglia, a fuoco basso e per diverse ore (almeno 4), finché il grano non sarà leggermente disfatto e aperto, e il latte evaporato, così che il tutto risulti denso e cremoso.

Il giorno successivo fate la pasta frolla. Disponete la farina a fontana e mettetevi al centro i tuorli d’uova, lo strutto ammorbidito, la buccia grattugiata di limone, lo zucchero e un pizzico di sale.

Cominciate a mescolare i vari ingredienti con una forchetta e a incorporarvi, poco per volta, la farina. Quando l’impasto sarà piuttosto solido, riunitelo a palla e cominciate a pressarlo con le mani, senza però lavorarlo come si fa normalmente.

Si tenga presente che se la pasta frolla venisse troppo lavorata perderebbe la sua friabilità: è perciò necessario continuare soltanto a pressarla con le mani rigirandola, fino a quando non sarà perfettamente amalgamata e di colore uniforme.

Prima di servirvene lasciatela riposare, avvolta in una pellicola trasparente, per almeno mezz’ora.

Passate la ricotta al setaccio facendola cadere in una terrina abbastanza grande; aggiungetevi 170 grammi di zucchero e, con un mestolo, lavoratela per 6 o 7 minuti. Incorporatevi poi, sempre lavorando, i tuorli d’uovo ad uno ad uno, il grano, l’acqua di fiori d’arancio. La quantità di quest’ultima dipende dalla intensità del suo profumo e dal vostro gusto: cominciate quindi a versarne soltanto la metà, e poi a composto ultimato provatela e, se il gusto sarà debole, e se vi piace, ne aggiungerete dell’altra tenendo presente che, con la cottura, il profumo in parte svanisce. Aggiungete quindi la cannella, i vari canditi tagliati a minuscoli dadi, e in ultimo gli albumi montati a neve. Stendete i due terzi della pasta frolla piuttosto sottilmente su un foglio di carta oleata (è ovvio che, dopo aver messo la pasta nel ruoto, la carta verrà delicatamente tolta), foderatene una teglia di 24 0 25 cm di diametro, e versatevi il composto che risulterà piuttosto molle. Col resto della pasta frolla, fate delle strisce larghe 2 centimetri e disponetele a griglia sulla pizza, in maniera da avere dei rombi nei quali il ripieno sia scoperto.

Cuocete in forno dolce per un’ora o più. Il ripieno deve quasi completamente asciugarsi e rassodarsi e la pasta frolla deve essere bionda. Lasciate raffreddare la pastiera e, senza sformarla, spolverizzatela di zucchero a velo. Servitela nella sua teglia, possibilmente qualche giorno dopo averla confezionata, poiché essa si conserva anche per 8 o 10 giorni e nell’attesa diventa migliore.

Vi consiglio di usare il sistema della griglia per non far rompere le strisce quando le deporrete sul ripieno: spianate piuttosto sottilmente una certa quantità di pasta su un foglio di carta oleata più lungo del maggior diametro della pastiera e poi con un coltello tagliate tante strisce di pasta senza rompere la carta. Quindi, con un paio di forbici, ritagliate anche la carta: le strisce di pasta resteranno così staccate, l’una dall’altra e potrete sveltamente poggiarle sul ripieno, rivoltandole con la carta all’insù che poi toglierete delicatamente.

Se la fate, buon appetito.

Scuola di Cucina

Zuppa di cozze

La zuppa di cozze è il pasto tradizionale del Giovedì Santo a Napoli e zone limitrofe, il nome potrebbe considerarsi improprio o limitativo visto che gli ingredienti principali sono altri e più costosi rispetto alle cozze.

Ingredienti: freselle classiche tonde oppure freselline per zuppa; un bel polipo di almeno un chilo; cozze belle fresche e vive 2kg, gamberoni almeno due a testa; vongole veraci 1 kg; maruzzielli 300gr, (i maruzzielli sono delle chioccioline o lumachine di mare), aglio, sale, pepe, 1 bottiglina di liquido forte già pronto da acquistare in pescheria insieme al pesce.

Esecuzione: prendete il polipo, dopo averlo pulito dalle interiore poste nella testa e lavato, mettetelo a bollire in abbondante acqua salata con un paio di spicchi d’aglio, prezzemolo e pepe.

Pulite e lavate le cozze e le vongole e mettete in un tegame antiaderente senza acqua coperte e a fuoco vivace per pochi minuti fino a che non si sono aperte tutte. Eventuali molluschi che restassero chiusi è meglio toglierli perché potrebbero contenere sabbia.

Bollite gamberoni e maruzzzielli. Appena il polipo è cotto lo togliamo dall’acqua e lo tagliamo a pezzi abbastanza grandi.

A questo punto siamo pronti per andare a tavola.

Prendete i piatti fondi (uno per ogni commensale) mettete in ogni piatto le freselle, poi i vari ingredienti polipo, muruzzielli, cozze, vongole, gamberoni, poi con mestolo prendete l’acqua di  cottura del polipo, ancora calda, e versatela su ogni piatto facendola fuoriscire con un mestolo forato appoggiato sopra il piatto per non perdere il ripieno, ripetere l’operazione 3-4 volte in modo che le freselle si impregnino e quindi diventino morbide. Ultima operazione prendete il liquido forte e versatelo sugli ingredienti, facendo attenzione, poiché è abbastanza forte, da non metterne tanto, specialmente a chi non preferisce il piccante.

Buon Appetito.

Scuola di Cucina

Casatiello Napoletano

Il casatiello è una tipica torta salata pasquale. La regione d’origine è la Campania ed ha una difficoltà media di esecuzione. Per la preparazione occorrono circa 40 minuti, due ore e mezza di riposo dell’impasto e un’ora per la cottura. Un bicchiere di Solopaca bianco accompagnerà la degustazione del casatiello.

Ingredienti: farina tipo 0 500gr, sugna (strutto) 150gr, lievito di birra 15 gr, olio extravergine d’oliva 1 cucchiaio, parmigiano grattugiato 50gr, pecorino grattugiato 50gr, salame napoletano 200gr in un pezzo, provolone piccante 200gr in un pezzo, uova sode 4, sale e pepe nero.

Disponete la farina a fontana, mettete al centro 45gr di sugna, il lievito sciolto in poca acqua tiepida, l’olio e un pizzico di sale e pepe. Impastate per alcuni minuti, formate una palla e fatela lievitare per 2 ore.

Stendete la pasta, ricavandone un rettangolo di 1 cm di spessore. Spalmatelo con altri 45 gr. di sugna, il parmigiano grattugiato e metà del pecorino grattugiato. Impastate ancora.

Stendete di nuovo la pasta a rettangolo di 1 cm di spessore, spalmatelo con altri 45 gr di sugna, metteteci sopra il provolone ed il salame napoletano tagliato a cubetti piccoli, e il restante pecorino grattugiato.

Arrotolate la pasta facendone un cilindro, tenendone da parte un pezzetto.

Ungete con la sugna rimasta uno stampo ad anello e sistematevi il cilindro di pasta, saldandolo alle estremità per dargli la formula di una ciambella. Prendete le uova sode è infilatele nell’anello di pasta ad intervalli regolari, con la punta rivolta verso il basso.

Ricavate dal pezzo di pasta rimasto alcune liste con cui fissare le uova alla ciambella, formando due archi incrociati. Lasciate lievitare per 30 minuti, quindi cuocete il casatiello nel forno già caldo a 170°C per circa 1 ora. Sfornatelo e lasciatelo intiepidire.

Scuola di Cucina

Glossario di Cucina – 12

TEMPURA:

E’ un piatto tipico della cucina giapponese a base di verdure e pesce, immersi separatamente in una pastella e poi fritti. La preparazione prevede l’utilizzo di acqua ghiacciata (meglio se frizzante per mantenere contenitori e ingredienti freddi.

TIMO LIMONATO:

E’ una qualità di timo particolare che si differenzia dal più noto timo serpillo per la delicatezza del sapore e l’aroma leggermente agrumato. Viene utilizzato per insaporire insalate e preparazioni a base di vedura.

TIRARE:

Termine usato per definire lo spessore di un impasto (pasta frolla, pasta sfoglia ecc…) con l’ausilio di un matterello o di una sfogliatrice.

TOFU:

Specialità cinese e giapponese, che oggi si trova anche in Italia nei ristoranti e nei negozi di alimentari orientali. E’ chiamato anche formaggio di soia perché ha l’aspetto di un formaggio fresco e si produce facendo cagliare un liquido lattiginoso derivato dalla soia.

TOFU:

Specialità cinese e giapponese, che oggi si trova anche in Italia nei ristoranti e nei negozi di alimentari orientali. E’ chiamato anche “formaggio di soia” perché ha l’aspetto di un formaggio fresco e si produce facendo cagliare un liquido lattiginoso derivato dalla soia.

TOMA:

La varietà di formaggi conosciuta con il nome di toma (in francese tomme) è vastissima. La produzione di una forma, solitamente di piccole o, al massimo, di medie dimensioni, non richiede né molto latte né lunghe lavorazioni. La toma è di solito ricavata dal latte vaccino o da una mescolanza di latte di mucca, pecora e capra.

TOPINAMBUR:

La parte del topinambur utilizzabile in cucina è il tubero; tuttavia questo nome indica anche la relativa pianta erbacea. Originari del Sud America, questi tuberi hanno una polpa di colore chiaro e consistenza compatta. Nonostante la sua scarsa popolarità, il topinambur prevede svariati utilizzi in cucina; infatti, se opportunamente impiegato, ha un sapore molto gradevole.

TORNIRE:

Consiste nel tagliare e dare forma regolare e tondeggiante a diverse verdure con un coltellino a lama ricurva. Questa operazione favorisce una cottura uniforme.

TORTILLAS:

Sono sfoglie di farina di mais e acqua senza lievito, di forma circolare e spessore di pochi millimetri. Sono tipiche della cucina messicana.

TOSTARE:

Termine usato per indicare lo scaldare a secco gli alimenti, per esempio il pane. Per quanto riguarda il riso, la tostatura in pentola avviene solitamente nella fase iniziale della cottura, con olio o burro e l’aggiunta di cipolla, scalogno e simili (ma gli ingredienti variano secondo la ricetta). Durante la tostatura si mescola spesso il riso, per evitare che questo attacchi al fondo della pentola. La tostatura fa sì che il chicco, caramellando in superficie, rimanga al dente durante la cottura.

TRIFOLARE:

Consiste in una rosolatura moderata in un fondo solitamente composto da aglio, olio e prezzemolo. Questo tipo di cottura è adatto a quasi tutti i tipi di funghi.

TROTA SALMONATA:

E’ un pesce d’acqua dolce che deriva dalla tipica specie marina originaria delle coste del Nord Europa. È legato ai fiumi solo per la deposizione delle uova come il salmone. Ha carne rosea perché nella sua alimentazione compaiono crostacei o farine di essi che ne colorano la carne e ne conferiscono un sapore particolare.

UDON:

Spaghetti di grano tenero, utilizzati nella cucina giapponese e coreana, che si servono in bodo. Esistono diverse varianti sia per la dimensione che per forma.

VAPORIERA IN BAMBU’:

Strumento ideale per cuocere a vapore. Questa, infatti, può essere appoggiata direttamente nella casseruola con l’acqua bollente e fa sì che gli alimenti in cottura non si attacchino alla superficie intrecciata del cestello, rovinandosi al momento di estrarli, a fine cottura.

VINAIGRETTE:

E’, nella sua versione più semplice una miscela di olio di oliva extravergine, aceto, sale e pepe.

VINCOTTO:

E’ un prodotto di origine pugliese ricavato dalla riduzione del mosto d’uva, sottoposto a una lunga cottura. Viene utilizzato prevalentemente come ingrediente di dolci tipici regionali.

VOL-AU-VENT:

E’ il nome francese di un involucro di pasta sfoglia destinato ad accogliere un ripieno di solito di carne, pesce o formaggio. Possono avere diametri differenti e sono di solito serviti come antipasto. Si possono preparare a casa o acquistati surgelati.

WASABI:

La Wasabia japonica, conosciuta anche come ravanello giapponese, è una pianta della famiglia delle Brasicaceae. Dal suo rizoma si ottiene una pasta piccante, usata nella cucina giapponese.

WOK:

Dalla Cina questo pratico strumento di cottura si è diffuso rapidamente anche in Europa. Può avere uno o due manici e ha il caratteristico fondo a semisfera.

La cottura con il wok, perfetta anche per i risotti, è breve e richiede un limitato impiego di grassi.

Padella tipica della cucina orientale, cinese in particolare, di forma semisferica fonda, in ferro o in ghisa. Risulta piuttosto pesante e consente, perciò di mantenere a lungo il calore, mentre la sua forma svasata permette di friggere in immersione pur utilizzando poco olio, in quanto i punto terminale è a diretto contatto con la fiamma.

ZENZERO:

E’ costituto dalla radice di una pianta di origine orientale, dal gusto forte e aromatico. La radice intera si conserva in un sacchetto di plastica per 2-3 settimane; in freezer, sbucciata e tagliata a pezzi, per 3 mesi. Si può anche far seccare e ridurre in polvere. Lo zenzero in polvere viene usato in alcuni piatti, per esempio le zuppe e la frutta cotta. Quello candito si usa in pasticceria. Rientra anche nella preparazione di liquori e bevande (ginger-ale, ginger soda).

ZESTE:

E’ un termine derivante dal francese zoster e indica delle striscioline sottili d’arancia o limone nettamente separate dalla polpa del frutto e private della parte interna bianca.

ZIMINO:

Si tratta di un modo per preparare vongole, seppie, baccalà o altri pesci in umido aggiungendo bietole o spinaci al sugo di cottura. E’ una preparazione tipica ligure e toscana ed anche nota come “all’inzimino”.

ZUCCHERO MASCOBADO:

E’ prodotto da due cooperative di piccoli gruppi di produttori organizzati che assicurano la produzione naturale. E’ un tipo di zucchero di canna integrale che, non essendo sottoposto a lavorazione, mantiene inalterata la quantità di vitamine e di Sali minerali presenti all’origine nella pianta. 

Scuola di Cucina

Attrezzatura indispensabile in cucina per cucinare la pasta.

Pentola – Scolapasta – Teglia in acciaio – Mestolo forato – Stampo ad anello – Pirofila in porcellana – Stampini in metallo – Forchettone – Forchettone servi spaghetti – Strumento per fare cestini di pasta – Pinza servi spaghetti.

Consiglio: per evitare che la pasta perda elasticità e brillantezza, si consiglia di non aggiungere acqua fredda nella pentola al termine della cottura. Per lo stesso motivo, è meglio evitare di scottare la pasta qualche ora prima di servirla per poi riprenderne la cottura finale al momento di condirla e di portarla in tavola.

Consiglio: Oltre a quella tra pasta lunga e corta, vi è, tra i numerosissimi formati di pasta in commercio, un’altra distinzione fondamentale: quella tra pasta liscia e rigata. Quest’ultima è da molti preferita alla pasta liscia perché, a causa della sua particolare struttura, trattiene negli incavi una maggior quantità di condimento.

La pasta secca – 2

Il segreto di un buon piatto di pasta risiede nella cottura, processo molto semplice, ma che richiede attenzione, a cominciare dalla scelta della pentola, che deve essere piuttosto grande.

L’acqua, infatti, deve essere abbondante, almeno un litro di acqua per ogni 100 gr. di pasta, e non dovrebbe riempire la pentola per più di tre quarti. Il sale, 10-12 gr. di sale grosso marino per ogni litro d’acqua, va aggiunto solo nel momento in cui l’acqua comincia a bollire, per evitare di rallentarne l’ebollizione.

Due o tre minuti dopo aver aggiunto il sale, quando l’acqua ha ripreso decisamente a bollire, si immerge la pasta, si alza la fiamma, in modo da mantenere l’ebollizione, e si mescola la pasta con un forchettone di legno.

Nel caso di pasta lunga, questa va messa nella pentola intera, sventagliata e quindi spinta adagio nell’acqua una volta che si è ammorbidita.

Durante la cottura si deve, di tanto in tanto, mescolare la pasta, in modo che la cottura risulti omogenea e la pasta non si incolli in agglomerati.

Il tempo di cottura varia a seconda dei formati e delle qualità della pasta. In genere esso è indicato sulla confezione, tuttavia, il migliore elemento di controllo è sempre l’assaggio.

Un elemento chiave, per calcolare la durata della cottura, è lo spessore della pasta: paste voluminose ma a pareti sottili cuociono prima di paste apparentemente più piccole ma spesse.

In generale, oggi si riconosce come ottimale il concetto di cottura “al dente”, con il quale la pasta arriva nei piatti mantenendo una zona centrale non più dura ma ancora tenace. Trattandosi di una questione di secondi, per ottenere una pasta perfettamente al dente, occorre togliere la pentola dal fuoco un attimo prima che lo sia, quando presenta al suo interno ancora una minima resistenza dura: le operazioni di finitura (scolatura e mantecatura) le daranno il tempo necessario a raggiungere il giusto grado di morbidezza al suo interno.

Le paste lunghe e relativamente sottili si possono scolare con il forchettone, mentre quelle corte richiedono l’uso del normale scolapasta.

Al momento di scolare la pasta si consiglia di conservare un paio di cucchiai dell’acqua di cottura, per diluire sughi che dovessero risultare troppo asciutti.

Una volta scolata, non rimane che condire la pasta e servirla in piatti da portata o nei piatti individuali, preferibilmente riscaldati.

La mantecatura è l’operazione con cui si passa la pasta, scolata molto al dente, nel tegame o nella padella del sugo per due-tre minuti, affinché s’insaporisca, amalgamandosi perfettamente al condimento.

I pasticci di pasta o quelle che vengono più genericamente dette paste al forno richiedono prima di essere serviti un passaggio in forno o sotto il grill che conferisca loro la caratteristica crosta dorata e croccante.

Fondamentale per la loro buona riuscita è scolare la pasta ancora molto al dente, ricoprirla eventualmente con fiocchetti di burro e una spolverata di parmigiano grattugiato, e passarla velocemente nel forno ben caldo da 200 a 250°C secondo i casi in modo che sullo strato superficiale si crei una doratura croccante, senza che l’interno si asciughi troppo. Continua 2

Scuola di Cucina

Glossario di Cucina – 11

SPIANATOIA:

Tavola di legno liscia e perfettamente piana utilizzata per impastare, spianare e assottigliare la pasta. Per evitare che con il passare del tempo il legno si incurvi è consigliabile conservarla in un luogo secco e a temperatura costante.

SPINARE:

Significa privare il pesce delle spine residue aiutandosi con una pinzetta dopo averlo sfilettato, nel caso in cui si tratti di prodotti ittici di dimensioni medio-grandi; aprire il pesce a libro eliminando solo la lisca centrale e le lische più evidenti nel caso in cui si parli di pesci piccoli come le acciughe.

SPOLVERIZZARE:

Cospargere in modo uniforme delle polveri (farina, amido di mais, zucchero a velo ecc…) su una preparazione.

SPUGNOLA:

La spugnola è un fungo caratterizzato da un gambo cavo, sovrastato da un cappello formato da tante cavità e una particolare consistenza ceracea. Vanno mangiate bene cotte o si possono conservare secche in vasi a chiusura ermetica dopo un passaggio in freezer di 24 ore per uccidere i parassiti.

SQUAMARE:

Processo per cui si eliminano dalla pelle del pesce le squame prima di cucinarlo. Si può effettuare con l’apposito attrezzo (lo squamatore) o con un coltello a lama liscia non tagliente.

STEMPERARE:

Indica il diluire in un liquido una sostanza solida per diminuirne la densità o per ottenerne un impasto.

STERILIZZARE:

La sterilizzazione è un processo chimico o fisico che porta all’eliminazione di ogni forma microbica vivente, sia patogena che non. In cucina, si tratta di un’operazione da effettuare, per esempio, quando si preparano delle conserve o comunque alimenti da riporre in vasetti.

Operazione estremamente importante per distruggere batteri e spore eventualmente presenti negli ingredienti di una conserva. Consiste nella bollitura in acqua dei vasetti già riempiti e chiusi ermeticamente, per un tempo variabile da una a due ore per quanto riguarda i vegetali. E’ fondamentale che l’acqua nella pentola scelta per l’operazione copra completamente i vasi e che i tempi indicati in ricetta siano calcolati dal momento d’inizio dell’ebollizione.

STILTON:

E’ un formaggio inglese che prende il nome dall’omonimo villaggio nel Cambridgeshire. Lo stilton classico ha pasta sostenuta e forma cilindrica; è prodotto con latte di vacca intera e appartiene alla categoria degli erborinati; ha una crosta di colore bruno chiaro, rugosa, pasta gialla, grassa, untuosa, con muffe di colore verde scuro sparse uniformemente. La maturazione minima è di 9 settimane, ma le forme migliori sono stagionate 10 mesi e oltre.

STUFARE:

Cuocere un vegetale in poca acqua, solitamente quella che rimane sul vegetale stesso dopo il lavaggio, a fuoco molto basso e molto lentamente.

SURIBACHI:

Si tratta di un mortaio di terracotta smaltato all’esterno. L’interno è ruvido, solcato da scanalature che consentono la rapida polverizzazione dei semi, in genere quelli di sesamo.

TABASCO:

Salsa piuttosto liquida a base di peperoncino piccante, aceto, sale, zucchero e aromi. Si trova in commercio in bottigliette e se ne usano poche gocce per aromatizzare piatti e vivande o nella preparazione di certi cocktail.

TACCOLE:

E’ una varietà particolare di pisello, dai baccelli larghi e appiattiti, di colere verde chiaro o biancastro, da consumarsi interi. Il momento migliore per la raccolta è la stagione primaverile o estiva.

TAGLIAPASTA (O COPPAPASTA):

Utensile di varie forme e dimensioni, spesso in acciaio, ideato per tagliare la pasta fatta in casa. Questi stampini senza fondo sono anche utilizzati in cucina per tagliare o dare una forma particolare al piatto da presentare in tavola.

TAHIN:

E’ una crema di semi di sesamo pestati, usata nella cucina mediorientale come antipasto. Si acquista in scatola nei negozi specializzati e nei supermercati più forniti.

TAMARINDO:

E’ l’unica spezia importante del continente africano, che conferisce ai cibi un caratteristico sapore agrodolce. E’ molto usata nella cucina indiana, in quella indonesiana e anche in quella occidentale, in quanto è uno dei composti essenziali della salsa Worcester.

TAPENADE:

E’ una salsa di origine provenzale, a base di capperi, olive nere e acciughe mescolati con olio di oliva extravergine, aglio ed erbe. Si usa generalmente per accompagnare verdure crude, fette di pane abbrustolite o carni e pesci grigliati.

TE’ MATCHA:

Si tratta di un tè giapponese in polvere di grande qualità, dal colore verde acceso, che viene frullato con una frusta di bambù in una ciotola di gres e poi assaporato con tutti i sensi in particolare durante la “Cerimonia del tè”. Fa parte di quei tè detti “tè d’ombra”, ovvero cresciuti nell’oscurità e per questo più ricchi di vitamine, clorofilla e di Sali minerali e caratterizzati da un profumo e un sapore erbaceo.

TEMPEH:

E’ un alimento molto proteico ottenuto dalla fermentazione dei fagioli di soia cotti, talvolta con l’aggiunta di cereali quali riso, orzo o frumento.

E’ molto digeribile e ricco di acidi grassi essenziali e di omega-3, si presta molto bene a sostituire la carne in molte preparazioni e può essere cucinato in maniera facile e veloce.

TEMPERAGGIO:

Si tratta di una tecnica di lavorazione del cioccolato che consiste nel fondere il cioccolato a una determinata temperatura, farlo raffreddare fino a una temperatura di 31°C per poi utilizzarlo in varie preparazioni, prima fra tutte le decorazioni. Il rispetto delle temperature è fondamentale per ottenere prodotto finale eccellente nel colore e nella consistenza.

Continua

Scuola di Cucina

Tutto fatto in casa

I liquori artigianali – 2

  1. La preparazione dei liquori per mezzo di essenze è forse la più semplice di tutte: infatti si tratta di sciogliere una certa quantità di oli essenziali o di essenze composte in una proporzionata quantità di alcool e quindi diluire il tutto con sciroppo di zucchero. Da ultimo si possono colorare con determinate sostanze. Però mentre i liquori preparati per distillazione o macerazione contengono anche i principi attivi delle materie prime (vitamine, sostanze digestive ecc.), non lo stesso possono vantare i liquori ottenuti con le essenze.

Molte volte queste essenze possono venire anche sofisticate, visto le enormi possibilità che ha l’alchimia divenuta chimica moderna. Perciò tralasceremo altre spiegazioni in merito considerando l’informazione data proprio solo come tale: una notizia per una maggiore conoscenza.

Gli oli essenziali e le essenze composte sono in vendita in piccoli flaconi presso i negozi specializzati e in qualche drogheria molto fornita.

  • I liquori ottenuti per distillazione, naturalmente, implicano l’impiego di un alambicco e contengono tutta la parte aromatica delle materie prime impiegate. La distillazione permette di ottenere prodotti “puri”, esenti da principi talora inutili e in qualche caso nocivi presenti, sebbene in piccole dosi, in alcune piante.

La distillazione, inoltre, permette agli aromi, ai principi essenziali e all’alcool di miscelarsi intimamente: i profumi si amalgamano e si confondono per fornire un “bouquet” delicato e finissimo, assolutamente irripetibile.

Questi liquori risultano incolori, perché i coloranti contenuti nelle piante e nei fiori appartengono alla categoria di sostanze “non volatili”. Se si preferiscono i liquori colorati basta utilizzare coloranti naturali e innoqui.

  • La sola differenza che passa fra la macerazione e la digestione è il fatto che, mentre nella macerazione si opera a temperatura ordinaria (ambiente), nella digestione si opera a una temperatura che va dai 35° ai 50°, mettendo a riscaldare il recipiente del macero a bagnomaria e portandolo alla temperatura già indicata. La digestione, però, è pochissimo praticata. Nei nostri “laboratori” la si può sostituire con una buona esposizione al sole o mettendo il recipiente nelle vicinanze di una fonte di calore.

COSTITUENTI DI UN LIQUORE

Gli elementi che devono costituire un liquore sono:

  • alcool di origine agricola con gradazione minima svolta non inferiore ai 15°
  • contenuto minimo di zucchero non inferiore ai 100gr per litro
  • aromatizzazione
  • colorazione.

Per preparare un liquore sono quindi necessari l’alcool, l’acqua, lo zucchero, le sostanze aromatiche e i coloranti.

ALCOOL – L’alcool è uno dei prodotti principali della fermentazione degli zuccheri, ottenuto per distillazione. Quando è ottenuto dalla fermentazione dell’uva è chiamato anche spirito di vino, alcool vinico o idrossido di etile.

L’alcool scioglie facilmente le resine, gli oli volatili, molte sostanze estrattive amare che compongono le droghe normalmente impiegate in liquoreria.

Per ragioni pratiche ed economiche, per le nostre preparazioni potremo utilizzare l’alcool derivato dalla distillazione dei cereali, normalmente in commercio con il nome di “alcool buongusto” che ha gradazione altissima (dai 90° ai 95°) ed è assolutamente neutro e privo di sapori particolari.

Se la ricetta indicasse un alcool a gradazione inferiore si può acquistare il prodotto a gradazione più bassa o tagliare il prodotto con acqua distillata secondo la tabella qui riportata.

Alcool a 95 + acqua = alcool a gradi (tutto in grammi)

 93+7=100 a 90°

80+20=100 a 80°

68+32=100 a 70°

57+43=100 a 60°

46+54=100 a 50°

36+64=100 a 40°

27+73=100 a 30°

18+82=100 a 20°

ACQUA – E’ molto importante che l’acqua utilizzata per la preparazione dei liquori, sia quella che serve alla distillazione, sia quella impiegata per il taglio (o diluizione) dell’alcool, sia quella utilizzata per la confezione dello sciroppo di zucchero, risulti assolutamente pura.

Anticamente si utilizzava l’acqua di fonte o l’acqua piovana, ma ai nostri giorni né l’una né l’altra sono raccomandabili.

Le grandi aziende liquoristiche utilizzano acqua distillata nei loro impianti.

Noi potremmo sostituirla con l’acqua distillata che acquistiamo per il ferro da stiro a vapore.

Nel caso utilizzassimo l’acqua potabile delle nostre case sarebbe molto utile munire il rubinetto di un filtro depuratore che, normalmente funziona anche da decalcificatore.

Se, invece, ci faremo tentare da qualche sorgente occorrerà assicurarsi che l’acqua non sia solforosa o ferruginosa – dall’inconfondibile sapore e odore di uovo marcio o di ruggine – né ricca di sostanze organiche.

Se si volesse sostituire l’acqua corrente con acqua minerale si avrà l’accortezza di sceglierla del tipo Fiuggi.

Scuola di Cucina

Glossario di Cucina – 10

SAUTE’:

Indica un metodo di cottura in tegame con coperchio a fiamma vivace.

La parola sautè (a volte scritta anche sotè) deriva dal verbo francese sauter, saltare, e dal nome di una padella in rame adatta a preparazioni rapide: la sauteuse. Ricette tradizionali che prevedono la “cottura alla sautè” a base di frutti di mare misti sono molto diffuse nell’Italia centro meridionale, in particolare a Napoli.

SAUTEUSE:

Termine francese con cui si indica una casseruola dai brdi alti munita di manico lungo. E’ adatta per tutte quelle operazioni di cucina, effettuate generalmente a caldo, che richiedono di rimestare con frequenza preparazioni a base di burro, panna, uova oppure creme sia dolci che salate. E’ inoltre il recipiente ideale, grazie alla sua forma a pareti inclinate, per la preparazione delle puree e per alcune cotture al salto. Questa casseruola, oggi realizzata in alluminio, consente di avere una temperatura uguale su tutta la superficie; il lungo manico permette di lavorare tenendo ben fermo il recipiente, mentre il peso contenuto non affatica il polso durante la preparazione.

SBIANCHIRE:

Operazione che consiste nell’immergere un alimento in acqua bollente e, dopo la ripresa del bollore, scolarlo in acqua ghiacciata.

SBOLLENTARE:

E’ un’operazione che consiste nell’immergere un alimento crudo in acqua bollente, non necessariamente salata, talvolta addizionata di aceto, in modo da effettuare una prima cottura o per renderne più facile la spellatura. Spesso si sbollenta per ridurre il gusto acre di alcuni cibi, per ridurre il volume di molti vegetali, o per ammorbidirne la consistenza. I tempi di sbollentatura variano a seconda della ricetta. Sbianchire e scottare sono i sinonimi più spesso utilizzati per descrivere questa operazione.

SCALOPPARE:

Termine gastronomico che indica il tagliare (carne, pesce, ecc.) a fette regolari.

SCAVINO:

Utensile formato da un piccolo manico con all’estremità una specie di cucchiaino e serve a ricavare da patate, carote, rape e frutta delle palline utilizzate come guarnizione nei piatti di carne e di pesce, o nei dessert.

SCHIUMARE:

Togliere dal brodo la schiuma che si forma durante la bollitura. Per questa operazione si utilizza il mestolo forato (o schiumarola), un attrezzo di diametro variabile in alluminio o acciaio inossidabile.

SCHIUMAROLA:

Attrezzo fondamentale per scolare velocemente la pasta corta senza svuotare la pentola quando si ha intenzione di utilizzare ancora l’acqua che bolle. Si usa anche per le patate e, in genere, per le verdure lessate.

SCORZONERA:

Pianta di origine europea della famiglia delle Compositae; in cucina si utilizza la radice, dalla scorza esterna scura, polpa bianca e sapore amarognolo. Nell’antichità si credeva che fosse un antidoto contro i morsi di vipere.

SEDANO RAPA:

E’ un ortaggio particolare, conosciuto e coltivato solo in alcune zone dell’Italia settentrionale. Il sedano rapa, alla pari del sedano, contiene pochissime calorie. Il suo gusto leggermente meno intenso rispetto a quello del sedano lo rende adatto a ricette dove compare come ingrediente principale.

SEITAN:

E’ un alimento altamente proteico ricavato dal glutine del grano tenero o da altri cereali come farro o kamut, contiene pochissimi grassi ed è privo di colesterolo. E’ però povero di ferro: quindi non può essere considerato un sostituto della carne (come i derivati della soia). Di aspetto simile alla carne, il suo sapore è invece più delicato e la sua consistenza più morbida, anche se spesso quest’ultima varia da un tipo di seitan all’altro.

SEMI DI FINOCCHIO:

Si tratta di una spezia molto usata in cucina per insaporire i piatti quando si vuole ottenere un gusto più pungente. Questi semi vantano anche diverse indicazioni terapeutiche.

SEMI DI PAPAVERO:

Si tratta dei semi contenuti nelle capsule brune del papavero da oppio. Va sottolineato che si tratta di una pianta velenosa, e che soltanto i semi ben maturi sono privi di sostanze tossiche. Sono spesso usati nella cucina trentina per guarnire il pane, ma anche per aromatizzare salatini, la pasta di alcuni formaggi e diverse preparazioni salate.

SEMI DI SESAMO:

Sono molto diffusi come aromatizzanti nella cucina meridionale e costituiscono la base di molte preparazioni orientali come per esempio il tahin (il burro di sesamo dal caratteristico gusto aromatico). Sono molto ricchi di minerali e gli usi culinari sono simili a quelli degli altri semi: principalmente come condimento per le verdure o nelle panature più particolari.

SEMOLA:

E’ la farina che si ottiene dalla macinazione del grano duro e si utilizza in particolare per la preparazione della pasta secca, ma anche per ottenere alcuni tipi di pani rustici. Ha la consistenza granulosa e colore giallo paglierino.

SEMOLA DI GRANO DURO RIMACINATA:

Si produce macinando grani a elevato contenuto proteico e viene utilizzata nella panificazione. Se volete potete sostituirla con della farina bianca “0”.

SENAPE:

Pianta originaria del Mediterraneo e conosciuta fin dall’antichità. Produce frutti simili a piccoli legumi con semi di colore scuro o giallastri, a seconda della specie. Le senapi più pregiate sono quelle francesi, solitamente preparate con una miscela di grani diversi macinati e poi diluiti con vino bianco e altri elementi aromatici. In cucina si usa come condimento in pasta cremosa o in polvere.

SETACCIARE:

Passare attraverso un colino farina, zucchero o fecola per eliminare i grumi che si possono trovare in esse e conferire leggerezza al composto.

SETACCIO:

E’ un utensile costituito da due fasce circolari di legno che si sovrappongono serrando tra loro una rete metallica di maglia più o meno fitta. La scelta del tipo di foratura della rete è determinata dall’impiego cui il setaccio è destinato: a maglia grossa per l’infarinatura del pesce; a maglia media, per setacciare il pangrattato o il formaggio grattugiato, a foratura più sottile, per passare frutta e verdura cotta, farina, zucchero.

SFILETTARE:

Separare i filetti di pesce dalla lisca centrale e da quelle laterali e dividere poi i filetti l’uno dall’altro.

L’operazione può essere fatta dal pescivendolo. Per sfilettare si usa un coltello affilato con una lama sottile e flessibile.

SFOGLIATRICE:

Macchina utilizzata in cucina per tirare la pasta; esiste sia elettrica sia manuale (a manovella). L’altro modo per stendere la pasta prevede l’utilizzo del mattarello.

SFUMARE:

Operazione che consiste nel rallentare la cottura di una preparazione aggiungendo un liquido, di solito brodo o vino, nel tegame posto sul fuoco.

SHAKER:

Strumento utilizzato nella preparazione di cocktail o composti che necessitano di battitura.

Ne esistono due modelli: quello continentale (composto da contenitore, filtro e tappo) e il Boston (composto da un bicchiere in vetro e uno in acciaio che si incastrano l’uno sull’altro).

SHERRY:

Si tratta di un vino liquoroso originariamente prodotto in Spagna. Il suo nome deriva dall’antica città fenicia di Xerò, ribattezzata in spagnolo Jerez e in inglese Sherry.

SIFONE:

Attrezzo da cucina molto utile, anche se non molto diffuso per la cucina casalinga. E’ composto da un recipiente ermetico e da un dosatore che, caricato con azoto, risulta eccellente per montare panna o spume.

SILPAT:

Carta da forno rivestita di silicone che impedisce ai cibi di attaccarsi alla teglia. Può essere utilizzata a temperature da -40°C a +280°C. Serve anche per la surgelazione degli alimenti.

SOBBOLLIRE:

Si dice dello stato dell’acqua o di un altro liquido, appena prima della temperatura d’ebollizione: in superficie appaiono soltanto poche bolle occasionali, non costanti.

Questa tecnica di cottura è adatta a tutti quei piatti che prevedono un tipo di cottura lunga ma estremamente delicato.

SOFFRIGGERE:

Indica la cottura in un grasso a temperatura appena inferiore a quella di frittura. Si utilizza soprattutto per la cottura delle verdure aromatiche in composizione tra loro o da sole.

SOPPRESSINA DI ACCETTURA:

Si tratta di un particolare tipo di salsiccia preparata in provincia di Matera con carne di maiale molto pregiata, proveniente dal filetto e dai muscoli della coscia.

Continua – 10

Scuola di cucina

La cucina di una volta

Modo di conservare alcune sostanze alimentari – 2

Funghi in salamoia

Si puliscono per bene stropicciandoli con una salvietta per togliere tutta la terra che può aderirvi e intanto si metta a fuoco una pentola con acqua ed aceto (due terzi dell’una e un terzo dell’altro), aggiungendo un poco di sale, quando il miscuglio comincia a bollire, si uniscano i funghi già puliti. Dopo un bollore si levino e si facciano sgocciolare, mettendoli in vaso adattato, accomodandoveli a suoli ben compatti, e vi si versi sopra una salamoia composta nella proporzione di 300 grammi di sale per ogni litro d’acqua, facendola prima bollire a parte e poi raffreddare. Si collochi sui funghi, entro il vaso, un peso, per tenerli compressi ed immersi e si turi il vaso col suo coperchio.

Così si possono conservare i funghi anche per un anno: poco importando se la salamoia che surnuota divenga nera ed anche d’ingrato odore, perché questo liquido è quello che li conserva.

Quando si vuol adoperare i funghi, se ne ritira dal recipiente la quantità che occorre, si lavano in due acque ben calde, lasciandoli nella seconda almeno dieci minuti, poi si passano nell’acqua fredda, vi si lasciano immersi per 3 o 4 ore, ed infine, sgocciolati che siano, si adoperano per gli usi di cucina come se fossero freschi.

Funghi nell’aceto

Bisogna pigliare funghi molto giovani e sani, ovoli o porcini, e si puliscano dalla terra stropicciandoli con una tela ruvida; poi si lavano con acqua fresca, facendoli sgocciolare, e si mettono al fuoco in una pentola con una quantità di buon aceto bianco sufficiente per coprirli, aggiungendo 120 grammi di sale per ogni litro d’aceto impiegato. Si lasciano così bollire per 3 0 4 minuti, prima di ritirarli dal fuoco e si uniscono alcune droghe, come pepe in grani, noce moscata pesta, cannella in pezzi, chiodi di garofano, qualche spicchio d’aglio, rosmarino e poche foglie di alloro. Ritirata la pentola dal fuoco, si versi il contenuto in uno staccio, per far scolare bene tutto l’aceto, accomodando dopo di ciò i funghi in vaso di vetro a strati. Infine vi si versi sopra nuovo aceto in quantità da ricoprirli, e turato il recipiente, si ponga in luogo fresco.

Conciati così, i funghi servono per principii di tavola, ed anche per guarnire pietanze a lesso.

Funghi sott’olio

Scelti funghi piccoli e sani fra quelli detti porcini, si puliscono bene servendosi di un pezzo di tela ruvida o di uno spazzolino, stropicciandoli dove sono terrosi; poi così interi si scottano con aceto o vino bianco bollente, al quale si aggiunge una giusta dose di sale, e dopo che sono stati immersi alcuni minuti si cola il liquido, asciugando con una salvietta i funghi e ponendoli in vasi di vetro o di terra, mettendo ad ogni tratto due foglie di alloro e spargendovi alcuni chiodi di garofano, noce moscata pesta e pezzetti di cannella. Quando i vasi sono pieni si versi sui funghi olio di oliva finissimo, in modo da riempire i recipienti, e turati questi col loro tappo si porranno in luogo fresco.

Anche questi, come i precedenti, servono a guarnire pietanze lesse e negli antipasti.

Funghi all’olio in composta

Procuratevi tre chili di piccoli funghi porcini, raschiateli e mondate il gambo, non levandogli la pelle della testa, e stropicciandoli leggermente con una pezzuola. Messo poi in una casseruola un litro d’acqua, un quintino d’aceto ed un pizzico e un pizzico di sale, fate bollire, immergendovi i funghi, per 5 minuti, poi sgocciolateli.

Intanto fate sciogliere in casseruola grammi 180 d’olio d’oliva di prima qualità con 3 acciughe triturate senza lasciarle arrostire, versatevi i funghi con una presa di sale, fateli saltare poi per 5 minuti su fuoco dolce, ammolliteli con un litro d’aceto bianco e mezzo litro di vino bianco aromatizzato con 12 grammi per qualità di pepe intero e chiodi di garofano, 3 spicchi d’aglio e una foglia per qualità di timo, basilico e maggiorana, legate in un piccolo involto di tela.

Lasciateli bollire per mezz’ora, poi versateli in un recipiente di terra a raffreddare.

In seguito si riempiono piccoli vasi di cristallo, mettendo in ciascuno una foglia di serpentaria e se non fosse sufficiente il liquido, allungatelo con aceto.

Infine copriteli con pergamena, legandola al collo del vaso.

Questi funghi sono eccellenti per guarnire carni a lesso. Continua.

Scuola di Cucina

Glossario di Cucina – 9

QUENELLE:

Questo termine deriva dal francese e si ritrova spesso italianizzato in “chenella”. Si tratta di una specie di polpettina a forma un poco allungata, composta con i più svariati ingredienti, formata con le mani o utilizzando l’incavo di due cucchiai.

QUICHE:

Si tratta di un tipo di torta salata farcita originaria della Francia. E’ generalmente composta da un fondo di pasta brisée e ripieni ricchi, di solito a base di uova, formaggi o salumi.

QUINOA:

Pianta originaria del Sud America, dai semi piccoli e simili a quelli del miglio. Il rivestimento esterno dei semi contiene una sostanza dal sapore aspro e per questo motivo è necessario lavarli accuratamente prima di cucinarli.

La quinoa è reperibile nei negozi equosolidali, in quelli specializzati e in alcuni supermercati.

RADICE DI ANGELICA:

La radice della pianta erbacea conosciuta come angelica contiene un succo dall’odore gradevole che viene usato per produrre il liquore omonimo. Di questa pianta, in erboristeria e liquoreria, si utilizzano anche i semi.

RADICE DI GALANGA:

Conosciuta anche con il nome di zenzero thailandese, la galanga è una radice bitorzoluta con polloni laterali rosati, che assomiglia molto allo zenzero, facendo parte della stessa famiglia. I thailandesi la impiegano nella preparazione di salse aromatiche e paste di curries; sbucciata, tagliata a piccoli pezzi viene schiacciata nel mortaio. Ha notevoli proprietà digestive, per questo viene utilizzata insieme al succo di limone nella preparazione di una bevanda contro il mal di stomaco.

RADICE DI GENZIANA:

La genziana è un’erba che cresce nelle praterie montane di cui è utilizzata la radice: ramosa, con un odore gradevole e un sapore molto amaro, viene impiegata per le sue proprietà toniche e digestive e nella preparazione di liquori amari.

RADICE DI RAFANO:

Il rafano è una pianta erbacea perenne di cui si usa la radice, molto piccante, che viene grattugiata e preparata in vari modi: da sola, conservata sott’olio o sott’aceto (preparata in questo modo viene detta anche “cren”) o insieme a salse, senapi e mostarde.

RAFANO:

Pianta erbacea di cui si usa in cucina la radice, molto piccante, che viene grattugiata e preparata in vari modi: da sola, conservata sott’olio o sott’aceto (in questo caso è detta “cren”) o insieme a salse, senapi e mostarde.

RAITA:

Si tratta di preparazioni a metà strada tra una salsa e un insalata. Come tali, le raita possono essere utilizzate come contorno oppure come alimento rinfrescante fra un piatto e l’altro.

RATATOUILLE:

La parola ratatouille viene dal francese touiller, che significa rimestare e consiste di un misto di verdure stufate.

RICOTTA AL FORNO:

La ricotta al forno, o infornata, è un prodotto tipico siciliano, ottenuto con una successiva cottura della ricotta in forno a pietra, a 180-200°C, finché la superficie esterna assume un bel colore marrone chiaro.

Si consuma fresca per il suo sapore gustoso e delicato.

RIDURRE:

Significa concentrare una salsa, un sugo o un liquido tramite evaporazione per rafforzarne le caratteristiche aromatiche. Si effettua a fuoco medio e con ebollizione.

ROQUEFORT:

Si tratta di un formaggio francese di latte di pecora, erborinato e con muffe verdi sparse nella pasta.

ROSOLARE:

Termine utilizzato con più accezioni, indica propriamente il cuocere carni, pesci o verdure, colorandoli appena, in modo che si formi sulla superficie dell’alimento stesso una crosta di colore bruno-rossastro.

ROSTI:

E’ una preparazione culinaria svizzera a base di patate, originaria del Cantone di Berna.

ROSTICCIARE:

Abbrustolire sulla fiamma viva un alimento, rendendolo secco e leggermente annerito.

ROUX:

Preparazione a base di burro e farina, usata spesso per legare una salsa. Si compone mescolando 150 gr di farina con 125 gr di burro. Si scalda poi il burro in un tegame, si aggiunge la farina e la si mescola con una spatola. A seconda del tempo di permanenza sul fuoco, si ottengono il roux bianco, il biondo e, infine, quello bruno.

SAC-A’-POCHE:

Cono di plastica o di stoffa, con un foro nella parte finale, in cui si inseriscono creme o ripieni utilizzati per farcire o decorare le più diverse preparazioni culinarie. Potere farvene uno anche in casa arrotolando un foglio di carta da forno a cui taglierete la punta al momento dell’utilizzo.

SAKE’:

Il saké è un distillato di riso giapponese con una gradazione alcolica compresa tra i 15 e i 18°C molto utilizzato, non solo come bevanda ma anche come ingrediente in varie preparazioni nella cucina orientale.

SALAMA:

Simbolo della gastronomia ferrarese, è un salume da cuocere dalla forma sferica.

SALAMELLA:

E’ un insaccato da cuocere che generalmente si confeziona macinando carni provenienti dalla spalla. Questo alimento ha una proporzione di polpa magra più elevata rispetto ai normali salami da cuocere.

SALSA DI SOIA:

La salsa di soia si ricava dai semi di soia, pianta erbacea di antiche origini orientali. Oggi è forse la pianta quantitativamente più utilizzata al mondo sia in modo diretto (semi e germogli) che in modo indiretto (salsa, olio, latte e molti altri derivati). Nella cucina italiana la salsa di soia si usa poco. Ne esistono due diverse varietà, una più scura e dal sapore più forte, un’altra più dolce. Ricordate che entrambe sono molto salate e che quindi non è necessario aggiungere sale alle preparazioni.

SALSA NUOC MAM:

E’ una salsa di pesce di origine vietnamita e abbastanza diffusa in Estremo Oriente che si ottiene dalla fermentazione di pesce di mare o di acqua dolce. I pesci subiscono un processo di fermentazione a cui si aggiungono successivamente spezie e peperoncino.

SALSA TARTARA:

E’ una salsa fredda che, non avendo una grande resistenza, deve essere preparata all’ultimo momento.

Si confeziona con uova, olio, sale, pepe bianco, senape, aceto e cipolla o erba cipollina fresca.

SALSA TUK TREY:

Orgoglio della cucina cambogiana, è una salsa che, pur essendo a base di pesce, si abbina bene a tutti i piatti, anche di carne. Ha colore rosso e un sapore forte e piccante.

Continua – 9

Scuola di cucina

Pizzette, focaccine, tartellette, barchette, salatini, vol-au-vent e bignè sono tra i più classici antipasti della cucina italiana, la cui preparazione è sempre caratterizzata dalla presenza di un impasto salato, che fa da base o che racchiude una farcitura.

La durata della lievitazione di tutti gli impasti levitati dipende da come è stato lavorato l’impasto stesso, dal tipo di farina utilizzato e dall’eventuale aggiunta di grassi. Un modo per controllare se l’operazione è giunta al termine è premere leggermente la pasta con un dito: se rimane una fossetta significa che la pasta è pronta.

Pizzette e Focaccine

Queste preparazioni altro non sono che pizze e focacce di piccola dimensione, vale a dire schiacciatine di forma piatta o leggermente rigonfia generalmente rotonda, a base di pasta da pane stesa sottile e variamente condita.

La pasta da pane

Si tratta di un impasto lievitato a base di farina, acqua e sale con il quale si confezionano pane, pizze e focacce.

Per preparare circa 800gr di pasta da pane, sciogliete in 2,5dl di acqua tiepida 15gr di sale, versate il liquido in una ciotola e stemperatevi 30gr di lievito di birra sbriciolato, continuando a mescolare.

Disponete 500gr di farina a fontana sulla spianatoia e versatevi al centro il lievito diluito nell’acqua; iniziate a mescolare con un cucchiaio, quindi proseguite impastando con le mani e amalgamando gli ingredienti fino a ottenere un composto dalla consistenza omogenea che non dovrà attaccarsi alle dita.

Ponete la pasta sulla spianatoia e continuate a lavorarla con le mani, stendendola e raccogliendola diverse volte.

Infine, formate una palla, ponetela in una ciotola appena infarinata, copritela e mettetela a lievitare in un luogo tiepido per circa 1 ora.

Riportate la pasta sulla spianatoia infarinata, lavoratela energicamente e stendetela infine con le mani dandole la forma desiderata.

La pasta da pane si può acquistare, già pronta, dal fornaio. In questo caso, pur essendo già pronta per l’uso, è meglio lasciarla riposare mezz’ora. Se la si utilizza diverse ore dopo l’acquisto, è consigliabile tenerla in un luogo fresco, coperta, passandola 2 ore prima dell’uso in un luogo tiepido a riprendere la lievitazione interrotta.

Attrezzatura occorrente

Setacci in legno e in metallo,

matterelli in legno e in acciaio,

stampini per tartellette scannellati,

stampini per barchette,

tagliapasta con diametri di diversi formati,

contenitore con coperchio per tagliapasta,

rotella tagliapasta in acciaio con orlo scanalato o dentato.

Barchette e tartellette

Barchette e tartellette sono costituite da una crosta di pasta brisée, riempita con farcitura di diversa natura.

Per la loro preparazione vengono utilizzati degli stampini dal bordo liscio o ondulato, di forma di solito ovale per le barchette e rotonda per le tartellette.

Dopo averli unti, gli stampini vanno ricoperti con sottili dischi di pasta brisée modellati con le dita sul fondo e sulle pareti e poi spennellati con un poco di burro fuso.

Eliminata la pasta che deborda, il fondo viene prima punzecchiato con una forchetta, affinché durante la cottura non si alzi, e poi sempre per lo stesso motivo, ricoperto con un foglietto di carta oleata sul quale vanno posati dei fagioli o dei piselli secchi.

Posti su una placca del forno, gli involucri vengono fatti cuocere nel forno già caldo a 190°C per circa 10 minuti, finché la pasta avrà assunto un bel colore dorato.

Dopo essere state sformate, barchette e tartellette sono pronte per essere riempite con le varie farciture previste dalla ricetta e servite, a seconda del tipo di ripieno, calde oppure fredde.

Se il tempo a disposizione ve lo permette, lasciate riposare le barchette per almeno un’ora prima di farle cuocere nel forno: in questo modo sarete sicuri che non si ritireranno durante la cottura. Se vi mancassero i legumi da mettere sul fondo delle barchette per evitare che si gonfino durante la cottura, sovrapponetevi un altro stampino della stessa dimensione.

La pasta brisée

La pasta brisée è una pasta friabile, leggermente sfogliata, confezionata solo con farina, burro e acqua fredda.

Oltre che per le tartellette e barchette la pasta brisée viene utilizzata anche per realizzare torte salate e pasticci e, naturalmente, in pasticceria.

Per la preparazione di circa 25 tartellette o 30-40 barchette, disponete a fontana 300gr di farina e mettetevi al centro un pizzico di sale e 150gr di burro freddo tagliato a pezzetti. Cominciate con l’amalgamare farina e burro, sfregandoli insieme con le mani, quindi aggiungete acqua fredda sufficiente a ottenere un impasto sodo ed elastico.

Avvolgete la pasta nella pellicola trasparente e mettetela a riposare in frigorifero per 1 ora. dopodiché con il matterello stendete la pasta sul piano di lavoro leggermente infarinato nella forma desiderata.

La pasta brisée è migliore se preparata il giorno prima del suo utilizzo e si conserva molto bene in frigorifero per 3 o 4 giorni. Si può anche congelare nel freezer per una durata di circa due mesi. In questo caso, è consigliabile dividerla in panetti avvolti in pellicola trasparente del peso di circa 100-150gr, in modo da poter scongelare il quantitativo necessario a ogni preparazione.

La pasta brisée si scongela a temperatura ambiente, oppure togliendola il giorno precedente al suo utilizzo dal congelatore e ponendola in frigorifero.

Scuola di Cucina

Glossario di Cucina – 8

PALAMITA:

E’ un pesce marino che fa parte della famiglia degli sgombri e dei tonni.

Presenta un corpo allungato, il dorso di colore blu scuro, mentre i fianchi e il ventre sono argentati. La carne è poco ricca di spine ed è, per questo, adatta a molte preparazioni e piatti.

PALLINATORE:

Strumento utilizzato per ricavare porzioni di forma sferica, partendo dai più svariati ingredienti. In pasticceria, il termine indica l’utensile ideale per creare agevolmente piccoli pasticcini, come i baci di dama.

PANCETTA TESA E PANCETTA STECCATA:

La pancetta è un salume molto diffuso. Quella più comune è la “tesa”, che viene appunto ben distesa, rifilata e poi salata, quindi lasciata stagionare per circa 20 giorni. Ha la forma quadrata, con o senza cotenna. Quella steccata, invece, si ottiene piegandola – una volta definite le forme quadrate – a libro e “bloccata”, con l’ausilio di una pressa, tra due bastoncini di legno tenuti assieme da cordino elastico in modo tale da rendere le due parti ben aderenti. Viene fatta stagionare 4-6 mesi stretta da due stecche di legno per evitare infiltrazioni d’aria.

PAN BRIOCHE:

E’ un pane morbido, facilissimo da realizzare e molto versatile. Si presta ad abbinamenti sia dolci che salati. Si prepara impastando farina, burro, uova, lievito di birra, zucchero, sale e acqua.

PANE CARASAU:

Pane di semola di grano duro, tipico della Barbagia (Sardegna); la preparazione prevede una lunga lavorazione, la stesura in dischi sottili, una lievitazione e una cottura al forno a temperatura altissima.

PANKO:

Si tratta di un tipo di pangrattato usato nella cucina giapponese, con fiocchi più leggeri e croccanti; è ricavato da pane senza crosta.

PANNA DI SOIA:

Condimento a base di semi di soia privo di colesterolo e di lattosio. Viene utilizzato in cucina solitamente al posto della panna tradizionale, nei casi per esempio di intolleranze al latte e ai suoi derivati.

PAPRICA:

Questo termine, di origine ungherese, indica sia l’ortaggio che la spezia. Una volta raccolto, questo peperone viene fatto seccare, privato della parte interna bianca e poi ridotto in polvere. Esistono diverse varietà di paprica: le principali sono la dolce, con colore rosso acceso e sapore caldo e un po’ dolciastro, e la forte, con colore più chiaro e gusto più piccante.

PARARE:

L’operazione di eliminare il grasso superfluo e i nervi della carne, spesso disponendola in modo decorativo. Lo stesso termine si utilizza per altre vivande (pesce, verdure, ecc.) nel senso analogo di mondare e dare forma regolare, di solito usando un coltello ben affilato.

PASTA BRICK:

La pasta brick è una sfoglia leggerissima utilizzata nella cucina araba e nord africana. Viene impiegata sia per piatti a base di carne, verdure o pesce sia per piatti dolci. Se non trovate questa pasta, potete sostituirla con della pasta fillo, una sfoglia molto sottile, diffusa sempre nella cucina mediorientale.

PASTA BRISEE:

Simile alla pasta frolla, questa pasta si prepara solo con farina e burro, nella proporzione fissa di due parti di farina per una di burro, e acqua fredda. Il risultato è una pasta molto friabile, adatta sia a preparazioni dolci che salate.

PASTA FILLO:

Si tratta di una varietà di pasta sfoglia estremamente sottile con tempi di cottura molto ridotti, sia che la si frigga sia che la si utilizzi per piatti cotti nel forno. Viene spesso utilizzata nella cucina mediorientale per la preparazione di dolci tipici ripieni di pistacchi e noci e poi immersi nello sciroppo di zucchero, come il baklava. E’ ideale per stuzzichini salati e dolci e come base di tortini ripieni.

PASTORIZZARE:

Operazione mediante la quale si sottopone un alimento a un trattamento termico per garantirne l’igienicità e per migliorarne la conservazione. Attraverso il calore, infatti, vengono eliminati batteri e germi potenzialmente dannosi per la salute.

PECTINA:

E’ una sostanza organica presente nei vegetali, specialmente nella frutta, e viene solitamente utilizzata come gelificante e addensante.

PEPE SANSHO:

E’ un particolare ingrediente molto utilizzato nella cucina orientale. Chiamato anche Pepe di Sichuan, è costituito da una piccola bacca ottenuta dalle piante del genere Zanthoxylum e utilizzata in Asia come spezia. Dopo un primo sapore piccante, presenta un lieve aroma di limone e lascia in bocca un leggero intorpidimento. Non è piccante, tuttavia ha una fortissima aromaticità che sprigiona in bocca una sensazione molto simile a quella piccante e, subito dopo, presenta un aroma di limone. E’ una spezia molto adatta ad accompagnare preparazioni a base di carne e pesce. Nella cucina cinese viene soprattutto combinato con zenzero e anice stellato e nella cucina occidentale si trova spesso nelle preparazioni di mousse al cioccolato.

PERNOD:

E’ il nome commerciale di un famoso liquore francese a base di anice e di altre erbe. Si può usare in cucina per aromatizzare o, se bevuto da solo, si usa allungarlo con acqua ghiacciata.

PESTELLO:

Utensile di legno, metallo o pietra che serve a frantumare e sminuzzare erbe aromatiche o altri alimenti necessari per la preparazione di una salsa.

PIMENTO:

E’ una spezia, chiamato anche Pepe Giamaicano o Pepe Garofanato, ricavato dai frutti neri essiccati di una pianta sempreverde della famiglia del Mirto. Originario della Jamaica, è generalmente usato in polvere nei piatti salati e dolci, mentre è impiegato intero in alcuni insaccati e nelle zuppe.

PIROTTINO:

E’ la tipica vaschetta di carta pieghettata, utilizzata per contenere biscottini e pasticcini in genere. Utilizzata spesso anche per le merendine dell’industria alimentare.

PLANETARIA:

Si tratta di un’impastatrice professionale molto utilizzata in pasticceria per l’ottimo rendimento. Rispetto alle fruste l’utilizzo di questo robot da cucina, sempre più diffuso anche tra i golosi e aspiranti pasticceri, garantisce ottimi risultati dimezzando i tempi canonici di lavorazione degli impasti.

PROVOLA:

Formaggio a pasta filata dalla caratteristica forma a bisaccia, è prodotto nel Sud Italia generalmente con latte vaccino, ma è molto rinomata la variante campana ottenuta da latte di bufala. Ottimo formaggio da tavola, per la sua capacità di fondere è anche molto apprezzato in cucina per la preparazione di crostoni, torte salate e pizze farcite.

PUDDING:

Con il nome pudding si definiscono vari tipi di specialità alimentari diffusi nei paesi di lingua inglese. I pudding dolci sono simili ai budini e consistono in mousse create con agenti addensanti, mentre quelli salati sono simili a dei pasticci e possono essere anche a base di carne.

Continua 8

Scuola di cucina

La cucina di una volta – ricette diverse

Conserva di pomodori

Si scelgono pomodori ben maturi e si tagliano in mezzo, facendoli cuocere senz’acqua in un recipiente di terra. Una volta disfatti, si ritirano dal fuoco e si passano allo staccio, gettandone via la parte acquosa.

Poi si rimette al fuoco il succo ottenuto, aggiungendo un po’ di sale, e si lascia bollire fino a concentrazione. Lo si lascia freddare versandolo in un catino di terraglia e se ne riempiono le bottiglie preparate, che si turano e si mettono a scaldare a bagnomaria per un quarto d’ora prima di tapparle.

Pani di conserva di pomodori

Si adopera come indicato sopra e quando il succo è ben denso lo si versa in tanti piatti, sino all’altezza di un centimetro, poi lo si pone al sole per alcuni giorni, ritirandolo alla notte. Quando la conserva sarà asciugata e quasi secca, si potrà levarla dai piatti formandone piccoli pani che si avvolgeranno ad uno ad uno in una carta bagnata d’olio d’oliva.

Per l’uso si preleva la quantità che abbisogna e la si scioglie nell’acqua calda.

Cetrioli all’aceto

Si pigliano dei cetrioli piccoli, s’asciugano e si espongono al sole, lasciandoveli per una giornata.

Si mettono poi nei vasi, versandovi sopra aceto bollente in quantità da ricoprirli. Il giorno dopo saranno di un colore giallognolo. Allora si coli l’aceto e si ponga nuovamente al fuoco; quando comincia a bollire, vi si gettino i cetrioli, che piglieranno subito il colore verde.

Appena alzato il bollore, si levino i cetrioli e si mettano nei vasi aggiungendovi serpentaria, cipolline e spicchi d’aglio.

Si coprano bene e dopo otto giorni si potranno adoperare.

Peperoni nell’aceto

Si prendano i peperoni e si asciughino per bene, tenendoli al sole per un giorno, si mettano poi in un vaso e si coprano di buon aceto.

Vi s’aggiungano alcune cipolline e qualche chiodo di garofano.

Se si vuol servirsi subito dei peperoni, sarà meglio far bollire l’aceto, e versarlo sopra caldo, avvertendo di non chiudere i vasi se l’aceto non è freddo.

Cipollette nell’aceto

Si prendano delle cipolle piccole, rotonde e bianche, si mondino e vi si versi sopra aceto bollente in modo che siano coperte.

Quando l’aceto è freddo lo si coli, e si metta nelle cipolle un po’ di sale, cannella in pezzi, poi serpentaria e aceto freddo, turando per bene il vaso.

Cetrioli salati alla russa

Prendete un bariletto nuovo della capacità di venti litri circa, versatevi 30 grammi d’allume di rocca, un po’ di maggiorana e acqua bollente, poi gettate il tutto e sciacquatelo con acqua fresca, asciugandolo per bene.

Metterete nel fondo del bariletto uno strato per sorte di foglie di ceraso, di quercia, di finocchio, di serpentaria, ponendovi sopra uno strato di cetrioli, finché si sarà riempito il bariletto.

Si facciano poi bollire circa 8 litri d’acqua con 400 grammi di sale da cucina e, quando è fredda, la si versi nel bariletto, finché copra la superficie del contenuto, allora lo si chiuda e si metta in una ghiacciaia, servendosene al bisogno.

I russi ne fanno molto uso. Si dovrà conservarli sempre al fresco, perché al minimo calore prendono subito il sapore acre e si serviranno in tavola con un po’ del loro liquido.

Fagiolini nell’olio o nell’aceto

Si prendano i fagiolini ancor verdi col loro baccello, detti comunemente fagiolini in erba: si facciano bollire per 2 minuti nell’aceto con giusta dose di sale, pepe in grani, garofani e noce moscata; poi si ritirino e si facciano sgocciolare mettendoli in vasi con alcune droghe, come cannella, macis, garofani, ecc., e coprendoli d’olio. Dopo di ciò chiudete i vasi e poneteli in luogo fresco.

Si preparano i fagiolini anche all’aceto, procedendo in tutto come è stato detto per i cetrioli.

Olive conciate

Le olive che si vogliono conciare per i bisogni della tavola e della cucina si devono scegliere di bella qualità fra le più grosse e carnose, e raccogliere alcuni giorni prima che abbiano raggiunto una completa maturità. La prima operazione che si deve fare è di tenerle per ventiquattro ore in una forte lisciva per toglier loro l’asprezza del sapore; il ranno dei tintori e dei saponai è il migliore ed insieme il più facile da procurarsi con tenue spesa. Si mettono le olive in un vaso e vi si versa tanto ranno da ricoprirle; però, per impedire che esse vengano a galla ed obbligarle a rimanere interamente immerse, è bene allargarvi sopra un fascetto di scopa, e sovrapporre a questo un leggero peso. Il giorno dopo si coli tutto il ranno, ed a esso si sostituisca acqua fresca, che bisogna cambiare successivamente più volte, finché le olive siano purgate da ogni traccia del ranno stesso. Si abbrevia questa seconda operazione, mettendo le olive sotto una fontana o in acqua corrente rinchiuse in fitta rete, perché il continuo rinnovarsi dell’acqua permetterà di lasciarvi le olive non più di dodici ore.

Infine si fa bollire una quantità sufficiente d’acqua con giusta dose di sale, pepe in grani e garofani, e, messe le olive nuovamente all’asciutto, si versa su esse questa soluzione appena è fredda e vi si lasciano immerse.

Così preparate, le olive si possono serbare per alcuni mesi. Continua alla prossima.

Scuola di Cucina

Tutto fatto in casa – 4

I liquori artigianali

I liquori artigianali hanno per base l’alcool etilico o le acqueviti, rese gradevoli da sostanze aromatiche e zucchero aggiunti durante la preparazione.

Secondo il procedimento impiegato nella loro fabbricazione i liquori artigianali si possono dividere in:

  • liquori fabbricati a freddo cioè ottenuti: 1) per macerazione, – 2) per autodistillazione, – 3) per miscelazione di oli essenziali;
  • liquori fabbricati a caldo cioè ottenuti: 1 per distillazione, – 2) per digestione.

Come si preparano

  1. la macerazione consiste nel lasciare per un certo periodo di tempo, che varia a seconda delle materie prime impiegate, le materie solide – erbe, fiori, foglie, semi, radici, scorze, frutta e legni – a contatto con un liquido che, a temperatura ordinaria, cioè alla temperatura dell’ambiente in cui si opera, possa discioglierne e quindi estrarre i principi solubili a freddo. Questo metodo è seguito non solo dai piccoli fabbricanti di liquori, ma anche da molte grandi aziende, perché si possono conseguire ottimi risultati senza impiegare apparecchi costosi e complicati. Qualunque recipiente è adatto per la macerazione, a patto che sia a chiusura ermetica – perché non si disperdano l’alcool e le sostanze volatili – e in materiale inerte che non assorba e non comunichi odori e sapori. Pertanto riescono adattissimi vasi di vetro a tappo ermetico, a tappo smerigliato.

Importantissimo per la macerazione è che le sostanze siano completamente sommerse dall’alcool: le parti che rimanessero fuori si altererebbero facilmente, rischiando di compromettere il prodotto.

La macerazione per essere valida non deve mai durare meno di una settimana in linea generale e molto spesso si deve prolungare per molto tempo, anche per mesi. Il tempo della macerazione sarà sempre specificato in ricetta.

Talvolta, ma per materie particolarmente fragili e alterabili viene data solo l’indicazione di un tempo particolarmente breve. In questi casi specifici risulterebbe inutile prolungare il tempo del macero perché si potrebbero estrarre sostanze indesiderate.

E’ necessario che le sostanze messe a macerare nell’alcool vengano ben preparate per cedere nel minor tempo possibile tutti i loro principi attivi: se le sostanze sono secche, come semi, cortecce ecc., si dovranno pestare finemente in un mortaio; così pure si potranno pestare foglie, radici dure, steli; si tagliuzzeranno finemente bucce, scorze, radici tenere, fiori, frutta (ancor meglio si si ridurranno in poltiglia con il mortaio); i legni si raspano o si grattugiano.

Passato il tempo della macerazione si spreme dalle sostanze vegetali (residuo solido) tutto il liquido ancora trattenuto. Per questa operazione può essere utile una centrifuga o un torchio (presso le industrie); presso il nostro laboratorio familiare potrà bastare una piccola centrifuga o una tela di lino sottile.

Il liquido che si ricava da questa spremitura è sempre un po’ torbido, pertanto sarà meglio filtrarlo prima di unirlo al resto. La filtrazione si può ottenere con tele, garze, cotone idrofilo e filtri di carta pieghettata.

  • Autodistillazione: il procedimento si chiama così perché la distillazione avviene per proprio conto senza bisogno di ricorrere ad un alambicco, in un comune recipiente a chiusura ermetica. E’ un procedimento semplice e modesto per produrre liquori paragonabili agli spiriti aromatizzati, o alcolati tradizionalmente ottenuti con la distillazione, senza che la qualità risulti inferiore e, anzi, in molti casi il prodotto dell’autodistillazione è più fine e ricercato.

Si impiegano, preferibilmente, vasi a collo largo della capacità di due litri e con un ottimo tappo di sughero che possa essere facilmente attraversato da un ago e da uno spago sottile.

Si versa nel vaso un litro di alcool a 85°

Si prepara un sacchetto di garza messa doppia o di tela sottilissima con la droga o il miscuglio di droghe indicato dalla ricetta per un peso complessivo di 125gr (nel caso le droghe necessarie fossero di peso superiore aumentare l’alcool in proporzione). Si chiude il sacchetto con uno spago abbastanza lungo, lo si infila in un ago da lana e si attraversa il tappo di sughero. Si sospende il sacchetto attaccato al tappo in modo che risulti a 4 o 5 cm di altezza sopra il livello dell’alcool.

Si fissa lo spago all’esterno del tappo con ceralacca o paraffina solida sciolta a bagnomaria. Sempre con la paraffina ricoprire completamente l’esterno del tappo e soprattutto il contorno dell’imboccatura in modo che nemmeno una minima parte dei vapori di alcool vada dispersa.

Si ripone il vaso a temperatura ambiente per tre mesi senza mai toccarlo.

Il fenomeno che permette all’alcool di aromatizzarsi è molto semplice: l’alcool a temperatura ‘ordinaria emana dei vapori. Questi penetrano attraverso le droghe del sacchetto, si saturano degli oli essenziali propri dei vegetali, diventano più pesanti e perciò ricadono sul fondo del recipiente. Cadendo provocano un movimento dell’alcool e determinano così la formazione di nuovi vapori che, salendo si caricano di oli essenziali riprendendo il ciclo già descritto.

L’autodistillazione continua fino all’esaurimento delle sostanze aromatiche (il che normalmente avviene nell’arco di 60/90 giorni).

Il procedimento è lento ma il risultato è ottimo: a questo spirito aromatizzato si può aggiungere lo sciroppo di zucchero fatto a caldo e poi raffreddato e il liquore è pronto senza ulteriori lavorazioni.

Continua

Ricette tipiche campane

Gattò di patate

Il gattò (gateau) di patate è una ricetta tipica campana con una difficolta media, un tempo di preparazione di circa 30 minuti e 70 minuti per la cottura. Per quanto riguarda il vino da servire, bisogna tener presente che l’intensità dei formaggi è mediata dalla presenza delle patate e quindi l’ideale è un vino bianco di corpo sottile come il Bianco del Sannio oppure il Trebbiano di Romagna.

Ingredienti: patate a pasta gialla kg. 1,5, burro 120 gr, grana grattugiato 100 gr, pecorino grattugiato 50 gr, uova 3 intere più 1 tuorlo, prosciutto crudo 200 gr in una sola fetta, prosciutto cotto 200 gr in una sola fetta, provola affumicata di Agerola (monti Lattari) 200 gr, Mozzarella di Bufala Campana doc 200 gr, prezzemolo tritato, pangrattato, burro per la tortiera, sale, pepe.

Esecuzione: lavate le patate raschiando bene la buccia, quindi fatele lessare in acqua salata. Scolatele dopo circa mezz’ora, pelatele subito e schiacciatele con lo schiaccia patate in una ciotola capiente.

Incorporate 100 gr di burro, il grana e il pecorino grattugiati, le uova intere più il tuorlo, il prosciutto cotto e crudo ridotto a dadini, il prezzemolo, sale e pepe.

Per ottenere un composto sufficientemente cremoso, aggiungete se necessario anche un paio di cucchiai di latte.

Lavorate bene il tutto fino a quando l’impasto risulterà perfettamente omogeneo.

Ungete di burro una tortiera di 24 cm di diametro, spolverizzatela con uno strato uniforme di pangrattato, quindi versate metà del composto di patate.

Livellatelo bene e sopra formate uno strato di fettine di provola affumicata e di mozzarella di bufala.

Ricoprite con un altro strato di composto, pareggiate la superfice, cospargetela di pangrattato e distribuitevi qualche fiocchetto di burro.

Fate cuocere in forno preriscaldato a 200° finché il gattò risulterà ben dorato (circa una quarantina di minuti).

Sfornate e fate riposare qualche minuto prima di servirlo.

E’ ottimo anche freddo.

Buon appetito a tutti.

Scuola di cucina

Ricette di Cucina – Garganelli con stracotto di vitello

Una ricetta di media difficoltà. Tempi di preparazione: 20 minuti + il tempo per preparare la pasta fresca se la fate voi e 15 minuti di ammollo per i funghi. Tempi di cottura 2 ore e 45 minuti. Il vino consigliato: Solopaca Rosso (Campania) oppure Trentino Marzemino Rosso (Trentino-Alto Adige)

Ingredienti per 4 persone: 400 gr di garganelli, 400 gr di spalla di vitello, 2 cipolle 100 gr di panna, 20 gr di funghi secchi, 1 costa di sedano, 1 rametto di timo, 1 mazzetto di basilico, 1 mazzetto di prezzemolo, brodo di pollo, olio extravergine d’oliva, sale, pepe.

Esecuzione: mondate e tritate la cipolla e il sedano; lavate e sminuzzate il basilico e il prezzemolo; ponete i funghi ad ammollare in poca acqua tiepida.

Fate appassire le cipolle e il sedano in un tegame con poco olio, quindi fatevi insaporire per qualche minuto i funghi sgocciolati e spezzettati e il timo.

Unite la carne e rosolatela da tutti i lati, poi aggiungete il brodo fino quasi a coprirla, salate, pepate e lasciatela stufare a tegame coperto per non meno di 2 ore e 30 minuti.

Appena la carne sarà cotta, sgocciolatela e tenetela da parte. Incorporate al fondo di cottura la panna e passatelo al mixer, poi raccoglietelo in una padella e portatelo a bollore.

Lessate i garganelli in una pentola con abbondante acqua bollente e salata, scolateli al dente e trasferiteli nella padella con il sugo.

Fateli insaporire per qualche minuto e serviteli subito in tavola, con un trito di basilico e prezzemolo.

Buon appetito.