Napoli – Antichi Mestieri

I venditori di acqua sulfurea – 1

Napoli non ha acque sorgive fuorché le minerali: i suoi fonti sebezi in questi campi flegrei sparvero, o inaridirono, ma gli acquidotti dalla Bolla e dal Carmignano provvedono abbondantemente la vasta città, che diconsi l’acque de’ formali; e l’acque piovane che si raccolgono nelle cisterne, benché d’inferior qualità, servono a dovizia agli usi della vita. L’acque che hanno l’onore di empire le regie tazze e quelle de’ grandi sono l’acque del Leone di Posillipo, di San Pietro Martire, di San Paolo e l’acqua Aquilia al Mandracchio; ma nella stagione estiva il popolo capriccioso tempra gli ardori della canicola con la freschezza dell’acqua sulfurea, sia per lusso, o per necessità, non v’è persona e sia la più misera plebea che non imprenda a guarirsi d’ogni malore con l’acqua sulfurea, panacea generale come l’idropatia alemanna.

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BOCCACCIO, NAPOLI E IL “DECAMERON” – 17

LE AVVENTURE PARTENOPEE DI ANDREUCCIO

NOBILTA’, CRUDELTA’ E ASTUZIE IN TERRA NAPOLETANA – 6

Con un gesto di magnanimità regale, infine, si chiude la novella sesta della giornata decima, in cui “il re Carlo Vecchio, vittorioso, d’una giovinetta innamoratosi, vergognandosi del suo folle pensiero, lei è una sua sorella onorevolmente maritata”. Si tratta di un chiaro attestato della simpatia del Boccaccio per il re Angioino, “per la cui magnifica impresa e poi per la gloriosa vittoria avuta del re Manfredi furon di Firenze i Ghibellin cacciati e ritornaronvi i Guelfi”.

FINE

BOCCACCIO, NAPOLI E IL “DECAMERON” – 16

LE AVVENTURE PARTENOPEE DI ANDREUCCIO

NOBILTA’, CRUDELTA’ E ASTUZIE IN TERRA NAPOLETANA – 5

La novella sesta della giornata terza sembra riproporre una delle protagoniste della “Caccia di Diana”. Caterina Sighinolfi, moglie di Filippello Sighinolfi, per la quale viene usato lo stesso vezzeggiativo di Catella e alla quale Riccardo Minutolo tende per amore un piacevole tranello. I Minutolo erano, nel Trecento, possessori di uno dei bagni presso i quali “molte brigate di donne è di cavalieri, secondo l’usanza de’ napoletani” andavano a diportarsi a liti del mare e a a desinarvi e a cenarvi: qui Ricciardo riesce finalmente a convincere Catella a godere con lui.

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BOCCACCIO, NAPOLI E IL “DECAMERON” – 14

LE AVVENTURE PARTENOPEE DI ANDREUCCIO

NOBILTA’, CRUDELTA’ E ASTUZIE IN TERRA NAPOLETANA – 3

Di nobilissima famiglia napoletana, già citata dal Boccaccio nella “Caccia di Diana”, è invece l’Arrighetto Capece fu capitano generale di Manfredi in Sicilia nel 1266. Di altrettanto nobile stirpe napoletana è la moglie, Beritola dei Caracciolo, il cui nome compare più volte nella “Caccia di Diana”. “Nessun documento o altra fonte autorevole”, sottolineava Michelangelo Schipa, ripreso da Bonaventura Zumbini, “assicura l’esistenza di un Arrighetto Capece”, il quale nella novella, “in grandissimo stato” sotto Manfredi, dopo la sconfitta e l’uccisione di questi da parte di Carlo I tentò di fuggire dalla Sicilia, ma senza fortuna: “subitamente” scrive il Boccaccio, “egli e molti altri amici e servitori del re Manfredi furono per prigioni dati al re Carlo, e la possessione dell’isola appresso”.

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BOCCACCIO, NAPOLI E IL “DECAMERON” – 13

LE AVVENTURE PARTENOPEE DI ANDREUCCIO

NOBILTA’, CRUDELTA’ E ASTUZIE IN TERRA NAPOLETANA – 2

La novella decima della giornata ottava, mentre ripropone la tecnica dell’inganno a parte di una donna siciliana ai danni di un mercante e la deliziosa atmosfera del bagno intravista nella novella di Riccardo Minutolo, rilancia, ai danni della donna, una controbeffa mercantile ambientata a Napoli e realizzata grazie all’intervento di Pietro del Canigiano, coetaneo e amico affettuoso del Boccaccio, che rivestì onorevoli cariche presso la Corte Angioina e la Repubblica fiorentina e che lo scrittore nominò tutore dei suoi eredi.

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BOCCACCIO, NAPOLI E IL “DECAMERON” – 12

LE AVVENTURE PARTENOPEE DI ANDREUCCIO

NOBILTA’, CRUDELTA’ E ASTUZIE IN TERRA NAPOLETANA

La linea Sicilia-Napoli è confermata dalla novella quinta della giornata quarta, in cui Lisabetta dissotterra la testa dell’amante, ucciso dai fratelli e apparsole in sogno, e la pone in un vaso di basilico. I fratelli, effettuata la lugubre scoperta, le tolgono l’amata pianta, facendo morire la donna di dolore; poi temendo di essere scoperti, si trasferiscono a Napoli.

L’uxorcula che, nell’”Asino d’oro” di Apuleo, al ritorno improvviso del marito nasconde l’amante in una botte, nella novella seconda della giornata settima del “Decameron” diventa il personaggio di Peronella. Quest’ultima, trovandosi nella medesima circostanza, cvostringe il marito a entrare in una grande botte e a raschiarla, per potersi finire di godere l’amante, un certo Giannello Scrignario, forse figliuolo di un cavaliere e attivo, con le proprie prodezze amorose, nella regione di Portanova.

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BOCCACCIO, NAPOLI E IL “DECAMERON” – 11

LE AVVENTURE PARTENOPEE DI ANDREUCCIO

La guerra di Sicilia e l’immigrazione siciliana sono dunque fattori storici importanti pr inquadrare la novella. Quest’ultima potrebbe tuttavia arricchirsi di un ulteriore contrappunto, se si volesse ricordare la suggestiva notazione di Francesco Torraca che, in riferimento alla finzione della “donna di malaffare” spacciatasi per sorella di Andreuccio, afferma che “il Boccaccio non ebbe a stillarsi il cervello per inventare la storiella che fece contare dalla donna: essa, in succinto, è tal quale la storia vera della nascita sua”.

NOBILTA’, CRUDELTA’ E ASTUZIE IN TERRA NAPOLETANA

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BOCCACCIO, NAPOLI E IL “DECAMERON” – 10

LE AVVENTURE PARTENOPEE DI ANDREUCCIO

La picaresca nottata del perugino continuerà verso la rua Catalana, che conduceva dalle vie del porto, dove la vicenda si era svolta, verso l’alto della città, sino all’arca di Giovanni Minutolo, il cui cadavere, come ricorda Benedetto Croce, autore di un saggio significativo sulla novella boccacciana, “si conserva ancor oggi intatto, e si può vederlo in una stanza sotterranea del Duomo di Napoli che è annessa alla cappella dei Minutolo Capece, dove, tolto dalla sua tomba, fu deposto nel secolo XVIII”. E’ stato ancora il Croce ad avvertire che in documenti del 1336 e del 1341 si trovano notizie di un Buttafuoco siciliano e di una madonna Flora, anch’ella siciliana che “abitava proprio al Malpertugio”.

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BOCCACCIO, NAPOLI E IL “DECAMERON” – 9

LE AVVENTURE PARTENOPEE DI ANDREUCCIO

Esso, maravigliandosi di così tenere carezze, tutto stupefatto rispose: “Madonna, voi siate la ben trovata”. Ella appresso, per la mano presolo, suso nella sua sala il menò, e di quella, senza alcuna altra cosa parlare, con lui nella sua camera se n’entrò, la quale di rose, di fiori d’arancio e d’altri odori tutta oliva, là dove egli un bellissimo letto incortinato e molte robe su per le stanghe, secondo il costume di là,  altri assai belli e ricchi arnesi vide; per le quali cose, sì come nuovo, fermamente credette lei dovere essere non men che gran donna”.

In questa Napoli teatrale e truffaldina, dominata da una scenografica simulazione, tra esterni e interni, nel caldo torrido della città, si consuma la perfida beffa ai danni del buon Andreuccio, il quale si vedrà gettato all’improvviso dai delicati odori della camera da letto della “gran donna” ai meno gradevoli olezzi del chiassetto nel quale sprofonderà.

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BOCCACCIO, NAPOLI E IL “DECAMERON” – 7

LE AVVENTURE PARTENOPEE DI ANDREUCCIO

L’itinerario napoletano di Andreuccio che inizia da piazza del Mercato, dove il mercante si reca per comprare i cavalli, giunge al Malpertugio, zona del quartiere Porto, destinata ai traffici e non lontana dal “banco dei Bardi, dove Boccaccio trascorse vari anni della sua giovinezza. In questo luogo, dove viveva gente di piacere e di malaffare, Andreuccio viene attirato da un’astuta donna siciliana che, facendo leva sui sentimenti familiari e scambiandosi per sua sorella, riesce a sottrargli la borsa contenente cinquecento fiorini d’oro: “Laonde la fanticella a casa di costei il condusse, la quale dimorava in una contrada chiamata Malpertugio, la quale quanto sia onesta contrada il nome medesimo il dimostra.

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LE AVVENTURE PARTENOPEE DI ANDREUCCIO

Anche nel Decameron, del resto, Napoli continua a vivere le sue storie, in un pullulare di eventi e di nomi, ora veri, ora inventati, sempre però capaci di coinvolgere il lettore in un serrato gioco narrativo. La novella quinta della giornata seconda, ad esempio, porta alla ribalta Andreuccio da Perugia, che venuto a Napoli a comperar cavalli, in una notte da tre gravi accidenti sovrappreso, da tutti scampato, con un rubino si torna a casa sua. L’ambientazione tutta napoletana della novella e la sua puntuale toponomastica fanno rivivere una città tentacolare e carica di insidie, nella quale sprofonda la fed ingenua del buon Andreuccio, che alla fine riesce comunque a riparare al danno e alla beffa portando via con sé il rubino sottratto alla tomba dell’arcivescovo.

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BOCCACCIO, NAPOLI E IL “DECAMERON” – 5

Fra tante confidenze ascoltate e personalità conosciute, il giovane poté gradualmente assorbire la cultura della Napoli “capitale del regno”, segnata dalla penetrazione della nuova filosofia laicizzante di Guglielmo di Occam, dalla presenza di Dionigi da Borgo San Sepolcro, il teologo agostiniano amico del Petrarca, già doctor artium a Parigi, nonché dalla circolazione dei “franceschi romanzi” amati dalla Fiammetta dell’ “Elegia”, di cantari come quello di Florio e Biancofiore, da cui lo scrittore trasse il “Filocolo”, di canzoni, che Boccaccio inserì quasi alla lettera nel “Filostrato”, e di canti, cortesi e popolari.

In ogni successiva stagione della vita di Boccaccio Napoli continuerà a far vibrare la sua voce: la lontananza fisica, dopo il ritorno a Firenze, acuirà il senso e il valore di una vicinanza memoriale, che la produzione letteraria avrà il compito di scandire e di segnalare in più riprese.

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BOCCACCIO, NAPOLI E IL “DECAMERON” – 4

Un vivace clima culturale

I fiorentini Bardi, Peruzzi, Frescobaldi e Acciaiuoli erano tra i principali finanziatori e controllori dei traffici del regno retto da Roberto d’Angiò, ambizioso promotore di un’immagine di Napoli quale città europea di cultura. Negli anni della permanenza del Boccaccio, Giotto lasciò in città i segni della sua presenza, mentre Paolo da Perugia, direttore della biblioteca regia, continuò la meritoria opera del suo primo direttore, Baudet de Gondrecourt, sviluppando un prezioso, produttivo laboratorio di erudizione e di sapienza.

Trovatosi a vivere in un ambiente così stimolante, il giovane Boccaccio si immerse totalmente nel cuore pulsante della città, non trascurando nemmeno il dialetto e le tradizioni popoilari, come testimonia con esemplare efficacia la lettera in dialetto napoletano a Franceschino de’ Bardi, firmata giocosamente “Iannetto di Parisse”.

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BOCCACCIO, NAPOLI E IL “DECAMERON” – 3

In seguito a un viaggio d’affari del padre a Parigi Boccaccio può dare libero sfogo alla sua passione per le lettere. Alla scuola di Cino da Pistoia e di giuristi napoletani non schiavi del tecnicismo professionale, quali Pietro Piccolo da Monteforte Irpino, Giovanni Barrili Barbato da Sulmona, Niccolò d’Alife, il giovane riesce a creare un ponte con i maestri della tradizione letteraria toscana: Dante, gli stilnovisti, i primi classicisti, Petrarca. Né è poi da trascurare la presenza di Niccolò Acciaiuoli, che da nobile mercante diventerà affermato politico e di cui parlerà Boccaccio, nel 1363, nell’epistola dodicesima a Francesco Nelli, rievocando la dilettevole stagione napoletana: “Se tu noi sai, io sono vivuto dalla mia puerizia infino in intera età nutricato a Napoli ed intra nobili giovani meco in età convenienti, i quali quantunque nobili, d’entrare in casa mia né di me visitare si vergognavano. Vedevano me con consuetudine d’uomo e non di bestia, ed assai dilicatamente vivere, si come noi fiorentini viviamo; vedevano ancora la casa e la masserizia mia, secondo la misura della possibilità mia, splendida assai”.

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BOCCACCIO, NAPOLI E IL “DECAMERON” – 2

“SE TU NOI. SAI, IO SONO VIVUTO…NUTRICATO A NAPOLI…”

Giunto a Napoli nella seconda metà del 1327, Giovanni lascia la città per fare ritorno a Firenze, solo nell’inverno del 1340-1341: un lungo periodo trascorso nella capitale del regno, durante il quale il giovane manifesta tutta la propria insofferenza verso il mestiere bancario e mercantile e scopre la propria insopprimibile vocazione letteraria.

Napoli, la sua vita, la sua cultura restano un importante punto di riferimento per il Boccaccio, che nella città comporrà il “Filocolo”, primo romanzo in prosa della letteratura italiana, i poemi “Teseida” e “Filostrato”, in cui l’uso dell’ottava assurge ad alti livelli d’arte, destinati a segnare il futuro della poesia eroica, e il poema in terza rima “Caccia di Diana”.

Ma anche dopo essersi allontanato da Napoli, lo scrittore continuerà a coltivare un intenso ricordo della città. Egli stesso afferma in un rilevante passaggio del “Ninfale d’Ameto”, composto dopo il ritorno a Firenze, che, quando giunse a Napoli e la città”gli si fe’ palese, le mai non vedute rughe con diletto tennero l’anima sua”. E nel nome dell’antiuchità e del diletto egli costruisce l’immagine di Napoli, “città antichissima e forse così dilettevole, o più, come ne sia alcuna altra in Italia”, come afferma nella novella sesta della giornata terza del “Decameron”. Non a caso, sempre nel “Ninfale d’Ameto”, egli farà raccontare da Fiammetta la storia relativa all’antichissima, duplice fondazione della città, ricca di particolari leggendari.

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BOCCACCIO, NAPOLI E IL “DECAMERON”

Nel 1327 il padre di Giovanni Boccaccio, in qualità di agente bancario e commerciale della potente famiglia dei Bardi, si trasferisce insieme al figlio nella Napoli angioina, dove il giovinetto attende, vicino a Castel Nuovo, nel quartiere dei fondaci, al suo infruttuoso apprendistato bancario.

Un significativo ricordo di quei luoghi e di quella stagione è offerto dall’esordio della novella decima della giornata ottava del “Decameron”: “Soleva essere, e forse che ancora oggi è, una usanza in tutte le terre marine che hanno porto, così fatta, che tutti i mercatanti che in quelle con mercatantie capitano, faccendole scaricare, tutte in un fondaco, il quale in molti luoghi è chiamato dogana, tenuta per lo comune o per lo signor della terra, le portano; e quivi, dando a coloro che sopra ciò sono per iscritto tutta la mercantia e il pregio di quella, è dato per li detti al mercatante un magazzino nel quale esso la sua mercatantia ripone e serralo con la chiave; e li detti doganieri poi scrivono in sul libro della dogana a ragione del mercatante tutta la sua mercatantia , facendosi poi del loro diritto pagare al mercatante, o per tutta o per parte della mercatantia che egli della dogana traesse. E da questo libro della dogana assai volte s’informano i sensali e delle qualità e delle quantità delle mercatantie che vi sono e ancora chi sieno i mercatanti che l’hanno; con i quali poi essi, secondo che lor cade per mano, ragionano di cambi, di baratti e di vendite e d’altri spacci”.

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Notizie utili e informazioni pratiche

Per quelli che visiteranno Napoli

Dove informarsi

All’ufficio informazioni dell’Azienda di Turismo di piazza del Gesù Nuovo, 78 aperto dal lunedì al sabato dalle 9 alle 19; la domenica e festivi dalle 9 alle 15, telefono 081-5523328, è possibile rifornirsi di mappe e depliant, nonché prenotare visite guidate.

Visite guidate

Per la visita a pagamento di musei, chiese e sottosuolo è possibile rivolgersi anche a specialisti del settore:

Antea, corso Vittorio Emanuele 539 bis, telefono 081-5491855

Associazione Napoletana Beni Culturali, via Correra, 22 telefono 081-5494443

Centro e Periferia per la Storia dell’Arte, via Nuova San Rocco, 62 telefono 081-7410038

Cooperart, viale Maria Cristina di Savoia, telefono 081-664545

L.A.E.S., Libera Associazione Escursionisti Sottosuolo, vico Sant’Anna di Palazzo 52, telefono 081-400256

Muse & Musei, vico Quercia 1, telefono 081-5514748

Napoli Sotterranea, piazza San Gaetano 68, telefono 081-449821.

Notizie utili e informazioni pratiche

Per quelli che visiteranno Napoli

Come muoversi

Per i turisti che soggiornano in uno degli alberghi della città nella zona del centro storico, il suggerimento è quello di lasciare la macchina in garage e raggiungere a piedi il centro antico.

La mancanza di parcheggi e i divieti di circolazione rendono consigliabile anche per i napoletani l’utilizzo di mezzi pubblici.

Le metropolitane sono molto comode e con parecchie stazioni che delimitano il centro antico.

Tram, bus e filobus delimitano il centro antico i biglietti vanno comprati in anticipo presso le tabaccherie e le edicole.

Parcheggi dei taxi sono, tra l’altro, in: piazza Garibaldi, piazza Nicola Amore, piazza della Borsa, piazza del Gesù Nuovo, piazza Dante, piazza Carità.

Locali storici e tipici napoletani

41° Parallelo

Piazza Vincenzo Bellini, 74

41° Parallelo è un’associazione culturale che offre una vasta gamma di servizi in campo turistico.

Guide italiane e straniere, una videoteca e, grazie a una convenzione con alcune agenzie, voli aerei a prezzi convenienti, sono tra le offerte riservate ai soci viaggiatori.

Per i flussi turistici in entrata, invece, c’è un ventaglio ampio di itinerari che privilegia l’immenso patrimonio d’arte dell’ex capitale.

Infine, un servizio di assistenza agli extracomunitari, per i quali sono previsti corsi di lingua italiana e consulenze in campo fiscale, giuridico e sanitario.

Per i soci fondatori, 41° parallelo, infatti, non è solo l’ubicazione convenzionale della nostra città, ma soprattutto una linea ideale che congiunge Napoli ad altri popoli e altre culture.

Locali storici e tipici napoletani

Reggi

Via Santa Maria di Costantinopoli 120

Dorature, laccature antichizzate, mobili dorati di stili diversi: nella bottega di Reggi da oltre centoventi anni si eseguono lavori di restauro e si producono pezzi di alto artigianato, fra cui spiccano cornici e specchiere scolpite a più intagli, con ricchi motivi ornamentali.

La doratura si fa ancora secondo metodi tradizionali, con oro zecchino a foglie o laminature in argento dorato.