I racconti di Sherazad – da Le mille e una notte
Storia del primo Calender, figlio di Re. – 5
Più di ogni altra cosa, fui meravigliato dal fatto che, a questo spettacolo orribile, il re, invece di mostrarsi afflitto per il deplorevole stato in cui era il figlio, gli sputò in viso dicendo con aria indignata:
“Ecco il castigo di questo mondo; ma quello dell’altro mondo durerà in eterno.” Non si accontentò di queste parole: si tolse una pantofola e con essa percosse violentemente la guancia del figlio.
Non riesco a esprimervi, signora, quale fu il mio stupore vedendo mio zio maltrattare in questo modo il principe dopo la sua morte.
“Sire, – gli dissi, – nonostante il dolore che uno spettacolo così funesto provoca in me, non posso fare a meno di differirlo per chiedere a Vostra Maestà quale delitto può aver commesso il principe mio cugino da meritare che voi trattiate in questo modo il suo cadavere.
- Nipote mio, – mi rispose il re, – vi dirò che mio figlio, indegno di portare questo nome, amò sua sorella fin dall’infanzia, e la sorella lo ricambiò dello stesso amore. Io non mi opposi alla loro nascente amicizia, non prevedendo il male che poteva derivarne. E chi avrebbe potuto prevederlo? Questa tenerezza aumentò con il tempo e arrivò a un punto tale che, alla fine ne temetti le conseguenze. Allora mi9 ci opposi come potevo. Non mi accontentai di prendere da parte mio figlio e rimproverarlo aspramente, facendogli vedere l’orrore della passione nella quale s’invischiava e la vergogna eterna di cui avrebbe ricoperto la mia famiglia. Esposi gli stessi argomenti a mia figlia, e la rinchiusi in modo che non potesse più comunicare col fratello. Ma la disgraziata aveva ingoiato del veleno, e tutti gli ostacoli che la mia prudenza poté mettere al loro amore servirono soltanto ad accrescerlo. Mio figlio, convinto che la sorella fosse sempre la stessa verso di lui, col pretesto di farsi costruire una tomba, fece preparare questa dimora sotterranea, con la speranza di trovare un giorno l’occasione di liberare il colpevole oggetto della sua passione e di portarlo qui. Ha approfittato della mia assenza per forzare il nascondiglio in cui si trovava la sorella; e il mio onore non mi ha permesso di render pubblica questa circostanza. Dopo un’azione così biasimevole, è venuto a rinchiudersi con lei in questo luogo che, come vedete, ha fornito di ogni sorta di provviste, al fine di poter godere a lungo di questi detestabili amori che devono fare orrore a tutti. Ma Dio non ha voluto sopportare questo abominio e ha giustamente punito entrambi.” Dette queste parole, scoppiò a piangere e io unii le mie lacrime alle sue.
Continua domani