Vergognatevi, gente saggia – 12 agosto (1771)
Senza dubbio, Alberto è l’uomo migliore di questo mondo. Ieri ho avuto con lui una scena piuttosto curiosa. Andai da lui per salutarlo, giacché m’era venuta la voglia di fare un giro col cavallo in montagna, da dove ora anzi ti scrivo, e come passeggiavo su e giù per la stanza mi cadono gli occhi sopra le sue pistole. – Prestami le pistole, – dissi, – per il viaggio. – Per conto mio, – rispose, – basta che tu ti prenda la pena di caricarle; io le tengo là appese solo pro forma -. Ne staccai una ed egli continuò: – Da quando la mia precauzione mi ha giocato un brutto scherzo, non voglio aver più nulla da fare con quegli arnesi -. Io ero curioso di sentire tutta la storia. – Ho passato, – mi raccontò, – circa un trimestre in campagna in casa di un amico, tenevo un paio di terzarole scariche e dormivo tranquillo. Un giorno durante un pomeriggio piovoso che stavo lì senza far niente, non so come mi viene una bella idea: che qualcuno ci potesse assalire, che potessimo aver bisogno delle terzarole e che potessimo… insomma, lo sai da te come succede. Le detti al servitore per pulirle e caricarle; e quello sta a scherzare con le serve, pensa di spaventarle e, Dio sa come, la pistola spara mentre la bacchetta c’era ancora dentro, sicché questa si caccia nel palmo della mano destra di una ragazza e le fracassa il pollice. Io dovetti subire i lamenti e pagare per giunta le spese della cura, e da allora lascio scariche tutte le armi. Mio caro, che cos’è la prudenza? Non s’impara il segreto per sfuggire i pericoli! Cioè…
Ora tu sai che ho molta simpatia per lui, ma non per i suoi cioè; poiché è una cosa sottintesa che ogni giudizio abbia le sue eccezioni. Ma egli è un uomo così scrupoloso! quando crede di aver detto qualche cosa di precipitato, di generico, di approssimativo, non cessa più di limitare, di modificare, di aggiungere, di levare, finché di tutto quello che ha detto non rimane più nulla. Ed anche durante il nostro discorso non finiva più di chiacchierare: io già non lo stavo più ad ascoltare, stavo dietro ai grilli che avevo per la testa e con un gesto impetuoso d’un tratto mi piantai la bocca della pistola sulla fronte, sopra l’occhio destro. – Ma no! – disse Alberto tirandomi giù la pistola, – che fai? – Se non è carica – dissi io. – Non importa, perché fai così? – rispose spazientito. – Non riesco a capire come un uomo possa essere così insensato da uccidersi; il solo pensiero mi fa andare in bestia.
- Chi sa perché voialtri uomini, – esclamai, – quando parlate di una cosa dovete subito dire: questo è insensato, questo è accorto, questo è bene, questo è male! Che vuol dire? Forse che con ciò avete penetrato gli intimi motivi di un’azione? Potete sviluppare con chiarezza le cause per cui è avvenuta: perché è dovuta avvenire? Se lo aveste fatto, non sareste così pronti a sputare le vostre sentenze.
- Mi concederai, – rispose Alberto, – che certe azioni rimangono colpevoli qualunque sia il motivo per cui sono state compiute.
Scossi le spalle dandogli ragione. – Eppure, mio caro, – continuai, – anche qui ci sono le eccezioni. E’ vero, il furto è un delitto; ma l’uomo che ruba per salvare se stesso ed i suoi da un imminente morte di fame, merita d’essere punito o compatito? Chi osa scagliare la prima pietra contro il marito che in un momento giustificato di ira sacrifica la moglie infedele ed il suo indegno seduttore? Contro la fanciulla che in un’ora piena di ardore si perde nelle irresistibili gioie dell’amore? Persino la nostra legge, i più frigidi pedanti, si commuovono e perdonano.
- Ma questo è un caso tutto diverso, – rispose Alberto, – perché un uomo che si lascia trasportare dalle sue passioni, perde ogni facoltà di giudizio e viene considerato come un ubriaco, come un pazzo.
- Oh gente ragionevole! – esclamai sorridendo. – Passione! Ebrezza!! Pazzia! State lì tutti tranquilli, indifferenti, voialtri uomini morali! Biasimate colui che beve, esecrate colui che ha perduto il senno, passate per la vostra strada come lo scriba e ringraziate Iddio come il fariseo che non vi ha fatti simili a costoro. Sono stato ubriaco più di una volta, le mie passioni non sono mai state molto lontane dalla pazzia, eppure non me ne pento; poiché nel mio piccolo sono riuscito a comprendere che tutti gli uomini straordinari i quali hanno compiuto qualche cosa di grande, qualche cosa che varcava i limiti delle nostre normali possibilità, sono sempre stati diffamati come ubriachi e come pazzi.
Ed anche nella vita quotidiana, è una cosa insopportabile sentir gridare dietro a chiunque abbia compiuto un’azione anche solo relativamente ardita, nobile ed inconsueta: quell’uomo è ubriaco, quell’uomo è pazzo! Vergognatevi, gente sobria! Vergognatevi, gente saggia.
Wolfgang Goethe
Alberto e Werther, i protagonisti del romanzo di Goethe, esprimono due concezioni diverse della vita, due atteggiamenti antitetici, due caratteri contrapposti: benpensante, sicuro di sé, controllato il primo, che fa della ragione e del controllo dei sentimenti una regola di vita e rappresenta il conformismo; libero, convinto della ragione del cuore, assertore della libertà delle passioni l’altro che, nella società in cui vive, appare un trasgressore delle norme, un ribelle.
Il romanzo, che fu scritto nel 1774, ha una forte carica sentimentale e, passionale. Werthher infatti è il titano che si uccide per amore; contro la fredda ragione illuministica si affermano le passioni, le follie, l’ebrezza determinata irrazionalmente dall’amore, e Goethe rivendica per l’uomo il diritto di essere libero, di vivere le proprie passioni, e tutto ciò che per i benpensanti è stupido, dannoso, non degno dell’uomo, e per l’autore pienamente giustificabile ed ha un senso. La tendenza irrazionalistica nell’arte e la critica della società borghese saranno in seguito le caratteristiche del romanticismo tedesco. In Italia esse non troveranno spazio.
Il contrasto fra la natura, intesa come fonte di ispirazione del sentimento, e la ragione, si trasferisce sul piano artistico e diviene contrasto fra la libera ispirazione e le regole prefissate che di questa sono nemiche.
Così come in amore, anche in arte programmare, dominarsi, attenersi a delle regole precise sortisce solo effetti negativi. E’ il momento di rifiuto di ogni canone artistico e quello dell’affermazione che poi sarà di tutti i romantici, della libertà dell’artista.