Collezionismo

Francobolli – 4

Diffusione del francobollo

A poco a poco, come abbiamo visto, tutti gli Stati del mondo seguirono la strada aperta dalla Gran Bretagna ed emisero propri francobolli. Non si può quindi dire che l’invenzione de Rowland Hill non abbia avuto successo, dal momento che poco o nulla è cambiato dal 1840 nell’essenza del francobollo.

La posta, da parte sua, si è adeguata ai tempi, avvalendosi di volta in volta di tutti i mezzi di trasporto che il progresso tecnico ha messo a sua disposizione: treni, auto, moto, navi a vela e a vapore, piroscafi, palloni aerostatici, dirigibili, elicotteri, aerei, razzi e, infine, navicelle spaziali.

Il numero dei francobolli usati nel mondo è diventato praticamente incalcolabile.

Abbiamo finora parlato del passato e del presente del francobollo, ma quale sarà il suo avvenire? Riusciranno le macchine affrancatrici, i fax ed i sistemi di trasmissione a distanza ma soprattutto internet a soppiantarlo completamente, relegandolo tra le curiosità del passato?

Probabilmente no: da un lato, infatti, esiste un sempre maggior numero di appassionati filatelisti, e dall’altro l’interesse delle amministrazioni postali per questo valore postale, formidabile mezzo di propaganda e voce sempre in attivo nei bilanci dei Ministeri.

L’unione Postale Universale

Fino al 1874, i servizi postali erano sufficientemente organizzati per il trasporto interno, ma per inviare la corrispondenza in un altro Paese esistevano ancora delle complicazioni.
Giunta al confine, infatti, una lettera passava nelle mani di un’altra Amministrazione postale e – a meno che i due Stati non avessero stipulato una convenzione postale – veniva assoggettata ad una nuova tariffa. Il mittente, quindi, poteva affrancare la lettera solo fino al confine, mentre a carico del destinatario rimaneva il pagamento della seconda “frazione” dell’inoltro.

Per ovviare a questi problemi, il direttore delle poste degli Stati Uniti, M. Blair, e il tedesco H. von Stephan, che fu in seguito il capo delle poste dell’impero germanico, ebbero l’idea di fondare un’organizzazione che disciplinasse questa complicata materia.

Il 9 ottobre 1874, a Berna, venne così fondata l’Unione Postale Universale, e con essa si stabilì un’unica convenzione postale internazionale, che abrogava le convenzioni particolari esistenti e stabiliva tariffe uniformi per le corrispondenze da uno Stato membro all’altro. Continua.

Collezionismo – Francobolli 3

Il francobollo in Italia

Parlare dell’introduzione dei francobolli nel nostro Paese significa anche rivivere passo a passo le vicende del nostro Risorgimento.

I primi francobolli apparsi sul suolo italiano furono gli esemplari francesi utilizzati dalle truppe di Napoleone III accorse a difendere il Papato contro i Mazziniani della Repubblica Romana nel 1849. L’anno seguente, il Lombardo-Veneto, allora parte dell’impero austro-ungarico, ebbe propri francobolli, identici a quelli austriaci nel disegno – l’aquila asburgica – ma diversi nella moneta in cui era espresso il valore facciale (centesimi anziché kreuzer).

Pian piano tutti gli Stati in cui era allora frammentata la nostra penisola si avviarono sulla strada della riforma postale, guidati dal Regno di Sardegna.

I primi tre esemplari del futuro Regno d’Italia –e perciò unanimemente considerati i primi francobolli italiani -, voluti dal Cavour, furono emessi il 1° gennaio 1851 e presentano una notevole somiglianza grafica con i primi esemplari inglesi. Ovviamente, l’austero profilo di Vittorio Emanuele II aveva preso il posto della delicata effigie della regina Vittoria. Sono i capostipite della collezione italiana.

Nell’aprile dello stesso anno, il Granducato di Toscana si dotò di una serie di nove francobolli, sui quali era raffigurato un leone coronato detto “Marzocco”.

Nel 1852, tre Stati preunitari italiani emisero propri francobolli. Il 1° gennaio, lo Stato Pontificio mise in distribuzione una serie dal valore in bajocchi e con il disegno delle chiavi decussate. Il 1° giugno, due piccoli Stati si dotarono di francobolli: il Ducato di Modena, che aveva scelto come soggetto per i suoi esemplari l’aquila estense, e quello di Parma, con sei francobolli con il giglio borbonico.

Più lento ad adeguarsi alle riforme fu il Regno delle Due Sicilie. Solo nel 1858, infatti, apparvero i francobolli del Regno di Napoli, con il simbolo borbonico; infine, nel 1859, anche il Regno di Sicilia ebbe propri esemplari, sui quali appariva il profilo di Ferdinando II di Borbone, inciso da Tommaso Aloysio Juvara. Questi ultimi sono considerati dai filatelisti tra i più bei francobolli del mondo.

Poi, nell’estate del 1859, con la seconda guerra d’indipendenza e i plebisciti per l’annessione degli ex-Ducati al regno di Sardegna, iniziò uno dei periodi più importanti per la filatelia italiana, quello delle emissioni dei Governi Provvisori.

Infatti, man mano che nei ducati veniva votata l’annessione al Piemonte e nascevano quindi governi di transizione, si provvide a cambiare radicalmente anche i francobolli.

Così, Parma (27 agosto 1859), Romagne (1° settembre 1859) e Toscana (1° gennaio 1860) ebbero nuove contromarche postali. Infine, dopo la spedizione dei Mille, anche nelle Due Sicilie cambiarono i francobolli: nacquero allora, infatti, la “Trinacria” (6 novembre 1860) e la “Croce di Garibaldi” (6 dicembre 1860), sostituite, poi, dall’emissione per le Province Napoletane (1° aprile 1861).

Molte grandi rarità della filatelia italiana nacquero proprio in quei due anni: rimangono il sogno di ogni filatelista ad esempio il “Tre Lire di Toscana”, primo francobollo della nostra penisola ad essere esplicitamente italiano nelle scritte, e la “Trinacria”, l’esemplare voluto da Garibaldi e sul quale l’azzurro Savoia sostituiva il rosa borbonico.

Molto ambiti dai filatelisti sono, poi, i documenti postali che testimoniano degli sconvolgimenti politici del nostro Paese di quel periodo. Fu, infatti, allora possibile l’uso contemporaneo delle emissioni di Sardegna, che stavano pian piano unificando filatelicamente l’Italia, e i francobolli dei vari Governi Provvisori. Nacquero così le affrancature miste del Risorgimento, lettere molto rare e ricercate sia per il loro elevato valore filatelico sia per il loro implicito significato storico

All’unità filatelica d’Italia mancavano, però, alcuni tasselli: il Veneto, che si unì all’Italia nel 1866, dopo la III guerra d’indipendenza; lo Stato Pontificio, che divenne italiano nel 1870, dopo la famosa “breccia di Porta Pia”; infine, il Trentino-Alto Adige e il Friuli Venezia Giulia, che entrarono a far parte del Regno d’Italia solo nel 1918, dopo la prima guerra mondiale.

Collezionismo – Francobolli 2

I PRIMI FRANCOBOLLI DEL MONDO

Ci vollero ben tre anni perché qualcuno seguisse la Gran Bretagna sull’innovativa strada dell’uso dei francobolli: fu un Cantone elvetico, quello di Zurigo, il secondo Stato del mondo a dotarsi di questa novità, ponendo in distribuzione, nel marzo del 1843, due valori da 4 e 6 rappen, anch’essi, come il Penny Black, con un disegno bianco su fondo nero.

Abbastanza sorprendentemente, un giovane Paese sudamericano, il Brasile, fu tra i primi ad introdurre la riforma postale. Il 1° agosto 1843, infatti, videro la luce i cosiddetti “occhi di bue”: tre francobolli – da 30, 60 e 90 reis – con le cifre inserite in un ovale orizzontale, stampate in nero su fondo bianco, con un aspetto che ricorda, appunto, gli occhi dei bovini.

Nello stesso anno, a partire dal 30 settembre, anche nel Cantone di Ginevra iniziò l’uso del francobollo, con il famoso “Doppio di Ginevra”, un francobollo con lo stemma della città stampato in nero su fondo verde, con un valore di 5+5 centesimi, che poteva venire diviso a seconda del porto da soddisfare.

Nel 1845, poi, nacque la ben nota “Colomba di Basilea”, ancor oggi tra i più bei francobolli del mondo, che vanta due primati: è infatti il primo francobollo policromo ed il primo esemplare tematico del mondo.

Nel 1847, anche gli Stati Uniti ebbero la loro prima contromarca postale, il 5 centesimi nero con l’effigie di Benjamin Franklin, affiancato dal 10 centesimi bruno con il ritratto di George Washington.

Nello stesso anno videro la luce i primi francobolli dell’isola di Mauritius, allora colonia britannica: voluti da Lady Gomm, moglie del Governatore locale, per affrancare gli inviti a un ballo, sono fra i francobolli più rari del mondo perché vennero subito ritirati. Il loro incisore, un orologiaio del luogo, anziché la corretta dicitura “Post Paid” (porto pagato) vi aveva infatti scritto “Post Office” (ufficio postale).

Poi, a poco a poco, anche gli Stati europei si adeguarono alla rivoluzione dei francobolli: nel 1849 ebbero i loro primi esemplari Francia, Baviera, Belgio e il Cantone di Vaud; nel 1850,  nacquero i primi francobolli di Austria, Hannover, Sassonia, Prussia, Schleswig-Holstein, Confederazione Elvetica e Spagna.

Poi, pian piano, tutti gli altri Paesi seguirono la strada aperta nel 1840 dalla Gran Bretagna.

COLLEZIONISMO

Tutti prima o poi hanno incominciato ad appassionarsi a cose ed oggetti e hanno iniziato a collezionarli.

Si colleziona di tutto, quei pochi che possono permetterselo, per gli elevati costi, colleziona opere d’arte. Altri collezionano oggetti appartenuti ai vari Vip, altri le bambole, le figurine, le capsule delle bottiglie, i francobolli, le schede telefoniche, le cartoline, i santini, ecc. Insomma non vi è limite alla fantasia qualsiasi cosa va bene. Oggi inizieremo a trattare questo argomento partendo dai francobolli, oggetto di collezione forse più diffuso nel mondo. Passione che ci si può permettere spendendo delle cifre non elevate (a parte quegli esemplari rari molto costosi, ma d’altra parte essendo rari non molti li potranno avere nelle proprie collezioni.

FRANCOBOLLI 1

LA NASCITA DEL FRANCOBOLLO

Quando, nel 1837 Rowland Hill pubblicò a sue spese il suo “Post Office Reform: its Importance and Practicability” forse non si rendeva completamente conto di quanto la sua rivoluzionaria proposta di imporre un pagamento del servizio postale in partenza e non in arrivo, diminuendo contemporaneamente le tariffe, avrebbe cambiato la storia delle comunicazioni e, conseguentemente, influito anche su quella del mondo.

Egli, infatti, capì che se fosse stato abbassato il costo della spedizione, i conseguenti minori introiti sarebbero stati ampiamente compensati dall’incremento del volume di posta.

Rowland Hill suggerì, inoltre, di applicare sulle lettere “un pezzo di carta sufficientemente grande da accogliere una stampa e coperto al retro da una soluzione glutinosa” che testimoniasse l’avvenuto pagamento.

Dopo molti contrasti in ambito governativo, le sue proposte furono accettate. Si trattava ora di dare forma a quel “pezzo di carta”, anche se già nel febbraio del 1838 James Chalmers, librario di Dundee, aveva allestito alcune prove che ne costituivano la prima attuazione pratica.

Nel settembre del 1839, venne bandito un concorso che invitava “….gli artisti, gli uomini di scienza e il pubblico in generale….a offrire qualsiasi suggerimento o proposta riguardante il modo in cui il francobollo poteva essere messo in uso nel migliore dei modi”. Delle circa 2600 proposte inviate, nessuna però soddisfece completamente Hill – nominato nel frattempo Sovrintendente della riforma – e il suo staff.

Si decise quindi di utilizzare per il francobollo il profilo della regina Vittoria, traendolo da una medaglia incisa da William Wyon nel 1837. Dopo circa cinque mesi di prove di incisione, di conio e di stampa, il 16 aprile 1840 la Perkins, Bacon & Petch iniziò la produzione del “Penny black”.

Il 1° maggio, il primo francobollo del mondo venne messo in distribuzione presso gli uffici postali, con l’avvertenza che il suo uso avrebbe dovuto iniziare solo a partire dal 6 maggio 1840.

Nonostante le raccomandazioni sulla data d’inizio dell’uso dei francobolli, però, alcune lettere affrancate furono consegnate alla posta prima del 6 maggio, e vennero accettate e inoltrate da impiegati ovviamente ancora poco pratici del nuovo sistema. Queste lettere sono considerate grandi rarità.

Parallelamente al travagliato percorso che portò all’emissione del Penny Black – e del suo fratello minore, da 2 pence, emesso l’8 maggio 1840 – si snodò la strada del primo intero postale britannico, la “Mulready”, così chiamata dal nome del suo bozzettista, posta in circolazione lo stesso giorno del primo francobollo del mondo.

Nonostante le previsioni pessimistiche, il francobollo incontrò subito il favore della popolazione, tanto che il volume della corrispondenza passò da 75.907.572 di lettere spedite nel 1839 ai 168.768.344 consegnati agli uffici postali nel 1840.

Il successo non arrise, invece alla Mulready, che anzi, a causa del complicato disegno che la ornava, fu oggetto di molte caricature e cadde ben presto in disuso.