Ecco a Voi Miu l’ultimo arrivato in casa Saporito

Miu è un gattino di un mesetto di vita che ho trovato per la strada due giorni fa, mi ha seguito come un cagnolino cosa che mi ha meravigliato tantissimo visto che i gatti che sono nati in casa mia non lo fanno. Il suo nome è Miu perché è il verso che faceva quando l’ho trovato. E’ un gattino tricolore cosa abbastanza rara e probabilmente di sesso femminile, non ho resistito al suo richiamo e mi sono comportato come un bambino non pensando che a casa ho cani, alcuni dei quali particolarmente cattivi, e altri sei gatti adulti; ma il gattino se la sta cavando abbastanza bene con i gatti adulti inarca la schiena i gli adulti, almeno quelli maschi scappano per quanto riguarda le femmine, tra parentesi sterilizzate, non ha avuto ancora incontri diretti, almeno per il momento, per quanto riguarda i cani che sembrano molto interessati, basta un mio urlo di tanto in tanto a tenerli lontani.

Ci tenevo molto a presentarvi Miu che non ho resistito. Grazie a chi gradirà e auguro a tutti una buona notte.

Buon Lunedì 13 Giugno 2022

Sant’Antonio da Padova

Avviso ai naviganti

con sommo dispiacere devo comunicare che per motivi personali devo prendere un periodo di pausa dal blog.

Con questo post voglio ringraziare vivamente tutti quelli che mi hanno supportato e sostenuto in questi mesi con l’augurio di poterli incontrare di nuovo il più presto possibile.

Di nuovo grazie a tutti e buona vita.

LE MASSIME DI FRANCOIS DEL LA ROCHEFOUCAULD

La fiducia in sé produce la maggior parte della fiducia negli altri.

Esiste un mutamento generale che cambia i gusti intellettuali come le fortune materiali.

La verità è il fondamento e la ragione della perfezione e della bellezza; una cosa, di qualsiasi natura essa sia, non può essere bella e perfetta se non è veramente tutto ciò che deve essere e se non ha tutto ciò che deve avere.

Napoli – Antichi Mestieri

I venditori di acqua sulfurea – 1

Napoli non ha acque sorgive fuorché le minerali: i suoi fonti sebezi in questi campi flegrei sparvero, o inaridirono, ma gli acquidotti dalla Bolla e dal Carmignano provvedono abbondantemente la vasta città, che diconsi l’acque de’ formali; e l’acque piovane che si raccolgono nelle cisterne, benché d’inferior qualità, servono a dovizia agli usi della vita. L’acque che hanno l’onore di empire le regie tazze e quelle de’ grandi sono l’acque del Leone di Posillipo, di San Pietro Martire, di San Paolo e l’acqua Aquilia al Mandracchio; ma nella stagione estiva il popolo capriccioso tempra gli ardori della canicola con la freschezza dell’acqua sulfurea, sia per lusso, o per necessità, non v’è persona e sia la più misera plebea che non imprenda a guarirsi d’ogni malore con l’acqua sulfurea, panacea generale come l’idropatia alemanna.

Continua

La favola del giorno

I racconti di Sherazad – da Le mille e una notte

STORIA DELL’INVIDIOSO E DELL’INVIDIATO – 7

Gli ufficiali tornarono al vascello, ed esposero il loro ordine al capitano. Questi disse loro che il sultano era il padrone. Subito mi rivestirono con un bellissimo abito di broccato, e mi portarono a terra, dove mi misero sul cavallo del sultano il quale mi aspettava a palazzo con un gran numero di persone della sua corte, che aveva riunito per farmi più onore.

La marcia cominciò. Il porto, le strade, le pubbliche piazze, le finestre, le terrazze dei palazzi e delle case, tutto era pieno di un’innumerevole folla di ogni sesso e di ogni età, che la curiosità aveva spinto a venire da tutti i punti della città per vedermi; infatti la voce che il sultano aveva scelto una scimmia per suo gran visir, si era sparsa in un momento. Dopo aver dato uno spettacolo così nuovo a tutto quel popolo, che con grida ripetute non cessava di manifestare la sua meraviglia, arrivai al palazzo del sultano.

Trovai quel principe seduto sul trono, in mezzo ai dignitari della sua corte. Gli feci tre profonde riverenze; e, all’ultima, mi prosternai e baciai la terra ai suoi piedi. Poi mi sedetti sul sedere in posa di scimmia. Tutta l’assemblea non si stancava di ammirarmi, e non comprendeva come era possibile che una scimmia sapesse rendere così bene al sultano il rispetto che gli era dovuto, e il sultano ne era più stupito di tutti. Insomma, la cerimonia dell’udienza sarebbe stata completa se avessi potuto aggiungere l’arringa ai miei gesti; ma le scimmie non parlano mai, e il vantaggio di essere stato uomo non mi concedeva questo privilegio.

Il sultano congedò i suoi cortigiani e rimasero con lui soltanto il capo dei suoi eunuchi, un piccolo schiavo giovanissimo ed io. Egli passò dalla sala delle udienze al suo appartamento, dove si fece portare da mangiare. Una volta a tavola, mi fece cenno di avvicinarmi e di mangiare con lui. Per manifestargli la mia ubbidienza, baciai la terra, mi alzai e mi misi a tavola. Mangiai con molto ritegno e modestia.

Prima che sparecchiassero, scorsi un calamaio con tutto l’occorrente per scrivere, scrissi su una grossa pesca dei versi di mia composizione, che manifestavano la mia riconoscenza al sultano; e la lettura che egli ne fece, dopo che gli ebbi presentato la pesca, accrebbe il suo stupore. Tolta la tavola, gli portarono una bevanda particolare, di cui mi offrì un bicchiere. Io bevvi, e vi scrissi sopra dei nuovi versi, che spiegavano lo stato in cui mi trovavo, dopo grandi sofferenze. Il sultano li lesse ancora, e disse:

Continua.

Le più belle canzoni napoletane

‘O CUNTO ‘E MARIAROSA

Ernesto Tagliaferri Ernesto Murolo 1932
 
Figliole d’Antignano1, bona ge’,
‘o cunto ‘e Mariarosa è chistu cca.
Si have ragione e dámmole ragione,
e si have tuorto e dámmole ragione,
ca sempe have ragione chi vo’ bene.
Sole d’austo, nèh.
Sole d’austo, nèh.
 
Ragazze di Antignano1, brava gente,
il racconto di Mariarosa è questo qua.
Se ha ragione e diamole ragione,
e se ha torto e diamole ragione,
perché ha sempre ragione chi vuole bene.
Sole d’agosto, nèh.
Sole d’agosto, nèh.
 
Dicette ‘a mamma:
“Figlia, arrassusìa,
attienta a te mo ch’è venuta está,
‘o sole coce e ‘ncapa puó piglià
‘na malatia.
Va’ pe sotto ‘e ffresche frasche,
chisto è ‘o ‘mbrello e ‘o sciosciamosche,
nun te sperdere ‘int’ô bosco,
taglia ll’erba e torna cca”.
 
Disse la mamma:
“Figlia, non sia mai,
stai attenta a te ora che è arrivata l’estate:
il sole scotta ed alla testa puoi prendere
una malattia.
Cammina sotto le fresche frasche,
questo è l’ombrello e lo scacciamosche,
non perderti nel bosco,
taglia l’erba e torna qua”.
 
Bona gè’,
sentite appriesso ‘o fatto comme va,
comme va,
comme va.
 
Buona gente,
Sentite poi il fatto come va,
come va,
come va.
 
Figliole d’Antignano, bona gè,
‘o cunto ‘e Mariarosa è chistu cca.
Sunava già p’ ‘a via quacche zampogna,
sfrunnate erano ll’arbere ‘ncampagna,
friddo ‘a matina ca spaccava ll’ogne.
Natale e neve, nèh.
Natale e neve, nèh.
 
Ragazze di Antignano, brava gente,
il racconto di Mariarosa è questo qua.
Già suonava per la strada qualche zampogna,
senza foglie erano gli alberi in campagna,
freddo al mattino che spaccava le unghie.
Natale e neve, nèh.
Natale e neve, nèh.
 
Dicette ‘a mamma:
“Figlia, arrassusìa,
attienta a te ca friddo e gelo fa.
Cummògliate si no ce puó appezzà
‘na purmunìa.
Miettatélla, tutt’ ‘e ssere,
‘na pettiglia2 a carne annura,
‘nfacci’ô ffuoco d’ ‘o vrasiere
sotto e ‘ncoppa t’hê ‘a scarfà”.
 
Disse la mamma:
” Figlia, non sia mai,
stai attenta che freddo e gelo fa.
Copriti se no puoi prendere
una polmonite.
Mettila tutte le sere,
una stoffa2 sulla carne nuda.
davanti al fuoco del braciere
sotto e sopra ti devi riscaldare”.
 
Bona ge’,
sentite appriesso ‘o fatto comme va,
comme va,
comme va.
 
Buona gente,
Sentite poi il fatto come va,
come va,
come va.
 
Figliole d’ Antignano, bona ge’,
‘o cunto ‘e Mariarosa è chistu cca.
Dicette ‘a mamma:
“Guàrdate ‘int’ô specchio,
che so’ ‘sti dduje canale sott’a ll’uocchie?
Che scuorno hê dato a me, povera vecchia”.
Abbrile, abbrile, oje ma’.
Abbrile, abbrile, oje ma’.
 
Ragazze di Antignano, brava gente,
il racconto di Mariarosa è questo qua.
Disse la mamma:
“Guardati allo specchio,
cosa sono questi due solchi sotto gli occhi?
Che vergogna hai procurato a me, povera vecchia”.
Aprile, aprile, o mamma.
Aprile, aprile, o mamma.
 
Diciste: “Attient’ô sole figlia mia
ca ‘o sole po’ fá male ‘int’a ll’està
e attienta a te quann’è Natale
e fa friddo p’ ‘a via.
Ma pecché po, a Primmavera,
nun diciste a chistu core:
statte attiento pe ll’ammore
ca, d’abbrile, attuorno va?”
 
Dicesti: “Attenta al sole figlia mia
perché il sole può far male in estate
e attenta quando è Natale
e fa freddo per la strada.
Ma perché poi, in primavera,
non dicesti a questo cuore:
Stai attento all’amore
che, in aprile, in giro va?”
 
Bona ge’,
‘o fatto ‘e Mariarosa è chistu cca,
chistu cca,
chistu cca.
Brava gente,
il racconto di Mariarosa è questo qua,
questo qua,
questo qua.


La canzone fu presentata nel 1931 ad uno dei primi tentativi di organizzare un festival della canzone a Sanremo. La manifestazione, chiamata Festival Napoletano e organizzata da Ernesto Tagliaferri e Ernesto Murolo, si svolse tra il 24 dicembre e il primo gennaio e aveva come obiettivo quello di esportare la canzone napoletana al di fuori dei confini regionali. L’anno dopo la kermesse si trasferì a Lugano, per poi interrompersi e ritornare a Napoli nel 1952 con il nome di Festival di Napoli. Durante l’edizione “sanremese” vennero presentati alcuni brani inediti intervallati da classici del passato. Nell’occasione, la canzone fu cantata da Ada Bruges. Tra le altre interpretazioni, ricordiamo quelle di Angela Luce, Roberto Murolo, Giacomo Rondinella, Aurelio Fierro e Mirna Doris.

1 Il rione di Antignano è una delle zone più antiche del quartiere del Vomero a Napoli.

2 Pezzo di stoffa rettangolare, legato e incrociato dietro la schiena, realizzato spesso con un vecchio maglione, che veniva adoperato per tener caldo e nascondere, almeno in parte, il seno.

Il Santo del Giorno

San Remberto

Nome: San Remberto

Titolo: Vescovo di Amburgo e Brema

Nascita: 820 circa, Bruges, Belgio

Morte: 11 giugno 888, Brema, Germania

Ricorrenza: 11 giugno

Martirologio: edizione 2004

Tipologia: Commemorazione

Remberto (Rimberto), nato a Bruges e fattosi monaco nel vicino monastero di Thourout, fu chiamato da Anscario, arcivescovo di Amburgo (3 feb.), perché lo assistesse nella difficile missione di evangelizzazione della penisola scandinava e della Germania settentrionale.

Anscario disse di lui: «Remberto è più degno di essere arcivescovo di quanto io lo sia di essere suo diacono».

Nell’848 iniziò la sua opera per l’unificazione della sede episcopale di Brema, fino ad allora sotto la giurisdizione dell’arcidiocesi di Colonia, con quella di Amburgo, e Anscario divenne arcivescovo di Amburgo-Brema con potere anche sulle Chiese scandinave, ricevendo l’approvazione papale nell’864 da papa Nicola I. L’anno dopo Anscario morì e Remberto fu eletto suo successore. Nel periodo in cui Remberto fu arcivescovo la missione in Svezia ebbe un tracollo, ma egli promosse l’evangelizzazione del sud della Norvegia e dello Schleswig; iniziò anche missioni tra gli slavi del nord. Vendette vasellame sacro per riscattare prigionieri dei normanni e in un’occasione offrì il cavallo che stava cavalcando per liberare una ragazza catturata dagli slavi.

Scrisse una Vita di Anscario, molto apprezzata per l’accuratezza e lo stile, e una significativa lettera a Valburga, badessa di Nienheerse.

Remberto morì l’11 giugno 888; in precedenza la sua festa era celebrata il 4 febbraio, data che ricordava la sua elezione ad arcivescovo.

MARTIROLOGIO ROMANO. A Brema in Sassonia, nell’odierna Germania, san Remberto, vescovo di Amburgo e di Brema, che, fedele discepolo di sant’Oscar e suo successore, estese il proprio ministero alle regioni della Danimarca e della Svezia e, al tempo delle invasioni dei Normanni, si prese cura del riscatto dei prigionieri cristiani.

Curiosando qui e la

Una leggenda metropolitana

Vorrei segnalarvi un’altra probabile leggenda metropolitana, sentita da varie fonti in varie città. Tutti garantivano che la vittima in questione fosse loro concittadina.

Racconta di una signora che va in viaggio di nozze con il marito in Kenya. Torna e scopre di essere incinta. Gioia del marito e dei familiari. Strano imbarazzo della signora. La gravidanza va benissimo. Dopo 9 mesi la signora va in ospedale con le doglie. Il parto va bene. Il bimbo viene portato dal marito che… sviene. Il bambino, infatti, è nero.

Il Santo del Giorno

Beato Stefano Bandelli

Nome: Beato Stefano Bandelli

Titolo: Domenicano

Nome di battesimo: Stefano Bandelli

Nascita: 1369, Castelnuova Scrivia, Alessandria

Morte: 11 giugno 1450, Saluzzo, Cuneo

Ricorrenza: 11 giugno

Martirologio: edizione 2004

Tipologia: Commemorazione

Patrono di:Casalbordino

Nato a Castelnuovo Scrivia (Al), ricevette l’abito domenicano a Piacenza. L’esattezza nell’osservanza della regola e la vivissima passione per lo studio caratterizzarono gli anni di preparazione all’apostolato. Ordinario di teologia all’Università di Pavia: alternò all’insegnamento un’efficace e brillante predicazione che gli meritò l’appellativo di “secondo san Paolo”. Mori a Saluzzo, e il suo corpo è venerato nella chiesa di san Giovanni battista. La città lo elesse patrono per aver ottenuto miracolosamente da lui, nel 1487, la liberazione da un terribile assedio.

MARTIROLOGIO ROMANO. A Saluzzo in Piemonte, beato Stefano Bandelli, sacerdote dell’Ordine dei Predicatori, insigne nella predicazione e assiduo nell’ascolto delle confessioni.

L’angolo della Poesia

Provvidenza

Io tengo ‘nu cumpare

ca veramente è buono comme ‘o ppane.

‘na Pasca a mme me pare,

pe’ quanto è buono po’ tanto è alla mano.

Aggia pavà ‘o pesone?

E stu cumpare mette mano a’ sacca.

Niente le fa impressione:

pe’ mme ‘e denare proprio ‘e ghiètte a ssacco.

E’ proprio na putenza.

Chistu cumpare tanto affezionato …

‘Na vera provvidenza

ca me mantene ‘a ogni ‘nciambeccata …

Mogliema me mulesta,

ma quanno sta ‘o cumpare in casa mia …

p’essa e pe’ mme è ‘na festa …

io sulo tanno stongo ‘ngrazia ‘e Ddio!

G. Di Roberto

Il Santo del Giorno

Santa Maria Rosa Molas y Vallvè

Nome: Santa Maria Rosa Molas y Vallvè

Titolo: Fondatrice

Nascita: 24 marzo 1815, Reus, Spagna

Morte: 11 giugno 1876, Tortosa, Spagna

Ricorrenza: 11 giugno

Martirologio: edizione 2004

Tipologia: Commemorazione

Rosa Molas nacque a Reus, vicino a Tarragona nella parte nordorientale della Spagna, dove i suoi genitori gestivano un piccolo negozio. La mamma mori di colera quando lei aveva diciassette anni. Il suo desiderio di farsi religiosa incontrò il rifiuto del padre. Solo dieci anni dopo poté lasciare la casa palerua entrando in un’associazione locale di suore che operavano nell’ospedale cittadino. Ricevette l’abito e il nome di Maria Rosa. Otto anni dopo divenne superiora della Casa della Misericordia, nei sobborghi di Tortosa, nell’estremo sud sulle coste mediterranee, dove trovò trecento ricoverati che vivevano nello squallore e nel disordine, vecchi, malati, ragazzi e bambini. Si mise subito al lavoro per migliorare le condizioni e porre fine a quella situazione caotica.

Rimase a Tortosa altri otto anni prima di scoprire che l’ordine nel quale era entrata si era costituito in modo irregolare.

Dopo discussioni dolorose, con altre dodici compagne si mise sotto la giurisdizione del vescovo locale, costituendo il primo nucleo di una nuova congregazione: Nostra Signora della Consolazione. Scelse questo nome per significare che si sarebbero occupate dell’educazione, della cura e di tutto ciò che era inerente al soccorso dei bisognosi, in particolare dei ragazzi. Oggi le suore operano particolarmente nel Terzo mondo, lavorando oltre che in Europa, nel Sud America e in parti dell’Africa e dell’Asia.

Madre Maria Rosa mori a Tortosa la domenica della Trinità, 11 giugno 1876; fu beatificata da papa Paolo VI nel maggio 1977 e canonizzata da Giovanni Paolo II 1’11 dicembre 1988.

MARTIROLOGIO ROMANO. A Tortosa in Spagna, santa Rosa Francesca Maria Addolorata (Maria Rosa) Molas Vallvé, vergine, che trasformò un sodalizio di pie donne nella Congregazione delle Suore di Nostra Signora della Consolazione per il servizio ai bisognosi.

Il Santo del Giorno

Sant’ Aleide di Schaerbeek

Nome: Sant’ Aleide di Schaerbeek

Titolo: Vergine

Nascita: XIII secolo, Schaerbeek, Belgio

Morte: 11 luglio 1250, Belgio

Ricorrenza: 11 giugno

Martirologio: edizione 2004

Tipologia: Commemorazione

La Vita di Aleide, o Alice, scritta da un contemporaneo, probabil mente un monaco cistercense e confessore della comunità, è molto semplice ma sincera. Era una bambina delicata e gentile, nata a Schaerbeek, nei pressi di Bruxelles, e a sette anni entrò nel monastero di monache cistercensi di Le Cambre, appena fuori città. Ancora molto giovane contrasse la lebbra e, con grande dolore delle consorelle, dovette vivere segregata (la lebbra era arrivata in Europa al tempo delle crociate ed era molto temuta).

Aleide accettò la sua infermità e la segregazione con la sua solita umiltà, con atteggiamento riservato e con totale rassegnazione alla volontà di Dio. La sua unica consolazione era quella di ricevere la S. Comunione, che le era data sotto la specie del pane e non anche del calice per timore del contagio. La Comunione sotto una sola specie o per intinzione non sembra fosse la norma a Schaerbeek, e per lei era un grande dolore questa privazione finché le fu rivelato, nella preghiera, che anche in questo modo non le veniva sottratto nulla: «Dove c’è una parte, c’è anche l’intero».

Il giorno della festa di S. Barnaba del 1249 improvvisamente cadde molto malata, le fu portato il Viatico, ma ella profetizzò che sarebbe vissuta un altro anno. Fu un anno di grandi sofferenze, durante il quale perse anche la vista, ma pregò incessantemente offrendo a Cristo la sua sofferenza per le anime del purgatorio, venendo molto confortata da rivelazioni e visioni. Morì, come aveva predetto, nella festa di S. Barnaba del 1250. La sua festa è celebrata il 15 giugno nell’Ordine cistercense e nella diocesi di Malines. Il suo culto fu confermato da papa Pio X nel 1907.

MARTIROLOGIO ROMANO. Nel monastero di La Chambre vicino a Bruxelles nel Brabante, nell’odierno Belgio, sant’Aléide, vergine dell’Ordine Cistercense, che, a ventidue anni, colpita dalla lebbra, fu costretta a una vita di segregazione; negli ultimi anni, perduta anche la vista, neppure un membro del corpo le era rimasto sano, salvo la lingua, per cantare le lodi di Dio.

Il Santo del Giorno

Beata Maria del Sacro Cuore di Gesù

Nome: Beata Maria del Sacro Cuore di Gesù

Titolo: Fondatrice

Nome di battesimo: Maria Schininà Arezzo

Nascita: 10 aprile 1844, Ragusa

Morte: 11 giugno 1910, Ragusa

Ricorrenza: 11 giugno

Martirologio: edizione 2004

Tipologia: Commemorazione

Patrono di:Mappano

Maria nacque a Ragusa da una nobile famiglia siciliana e aveva sedici anni quando il tradizionale modo di vivere di queste nobili casate fu sconvolto dal movimento risorgimentale e dall’inizio della lotta per l’unificazione dell’Italia. Alla vista di poveri che soffrivano a causa della guerra e della fame, decise di consacrare la sua vita al servizio di chi soffriva materialmente per i rivolgimenti politici e sociali.

Data la rigidezza delle tradizioni sociali è comprensibile che la nobiltà locale provasse orrore e considerasse la scelta di Maria come una sorta di diserzione dalle sue file: fecero di tutto per dissuaderla ma, sostenuta dal vescovo di Siracusa fondò con cinque compagne la Congregazione delle suore del Sacro Cuore di Gesù, operando tra i prigionieri di guerra e i contadini. Impiegò i suoi averi e le sue proprietà in questa avventura: la sua casa natale divenne sede per le prime carmelitane che volevano fondare un monastero a Ragusa; lo stesso edificio fu poi asilo per le popolazioni di Messina e Reggio Calabria, vittime del terremoto del 1908. Molti preti diocesani e religiosi impararono in quel luogo come servire Cristo con le opere di misericordia.

Maria trascorse la sua vita a Ragusa dove morì 1’11 giugno 1910. È stata beatificata da papa Giovanni Paolo 11 il 4 novembre 1990.

MARTIROLOGIO ROMANO. A Ragusa, beata Maria Schininà, vergine, che scelse di vivere in umiltà e semplicità dedicandosi alla cura degli infermi, degli abbandonati e dei poveri e istituì le Suore del Sacro Cuore di Gesù perché fossero di aiuto in ogni genere di miseria.

Animali da Compagnia

Gatto

Balinese
Atlante delle razze di Gatti

Classificazione FIFe e cenni storici

Paese d’origine: Stati Uniti
Classificazione FIFe: Category IV – Siamese & Oriental

A differenza del suo nome esotico, il Balinese è di origine statunitense. Nel 1920 per dare nuovo vigore alla razza Siamese e per ottenere una nuova varietà a pelo lungo, furono effettuati degli accopiamenti con Angora a pelo lungo. I gattini nati però mantenevano la caratteristica del pelo corto. Non avendo ottenuto i risultati sperati, gli allevatori, abbandonarono ogni nuovo tentatico. Solo in seguito si scoprì che la caratteristica del pelo lungo nel Siamese era un carattere recessivo.
La razza venne riconosciuta ufficialmente nel 1961. Il nome Balinese gli fu attribuito dal fatto che muovendosi, con i suo modi aggraziati, il gatto ricordava le danzatrici dei templi di Bali.

Aspetto generale

E’ la varietà a pelo semi-lungo del Siamese. A differenza del Siamese ha una voce più morbida. Di aspetto fiero e aristocratico. Di taglia media, presenta un’ossatura sottile.
Snello e longilineo, il suo peso non deve superare i 5,5 Kg. La maschera dovrebbe coprire tutto il viso, comprese le parti con le vibrisse, ed essere collegata alle orecchie tramite linee segnate. Le estremità non devono contenere ticking o peli bianchi.
Raggiunge precocemente la maturità sessuale.

Carattere

Affettuoso e generoso, inteligente e molto agile. Determinato, sensibile ed estroverso come il Siamense. Socievole, si affeziona a tutta la famiglia, con i bambini gioca instancabilmente. Come un cane però, si
affezziona ad una sola persona. E’ davvero un gran giocherellone, allegro ed esuberante. Ha bisogno di tutte le vostre attenzioni, soffre a stare solo.
Ha un assoluto bisogno di compagnia, umana o animale che sia. Comunica con un miagolio molto più dolce rispetto al Siamese.

Gatto Balinese (foto www.traditionalcats.com)

Cura

Non ha bisogno di una particolare toelettatura. Necessita solo di una spazzolatura giornaliera. Il suo pelo è meno portato alla formazione di nodi grazie all’assenza di sottopelo. E’ molto sensibile agli sbalzi di temperatura e al freddo.

Varietà di colore

Presenta tutte le colorazioni del Siamense e del Colorpoint Shorthair. Alcune associazioni Americane riconoscono solo 4 varietà: seal point, blue point, chocolate point e lilac point; le altre varietà di colori sono riconosciute come Giavanese. In Europa invece non si fa differenza tra Balinesi e Giavanesi.

Standard

Categoria: Pelo semi-lungo.
Corporatura: media.
Corpo: longilineo e sotile, dotato di una buona musolatura. Le spalle non devono essere più larghe delle anche.
Mantello: tessitura fine come seta. Non presenta sottopelo ed è assente la gorgiera tipica dei mantelli a pelo lungo.
Testa: a forma di cuneo, che parte dal naso e si allarga gradualmente con due linee dritte fino alle orecchie. Ben proporzionata. Non è presente lo stop ed alcuna depressione sulle vibrisse.
Occhi: a forma di mandorla, di colore blu zaffiro. Sono posizionati in obliquo verso la canna nasale.
Naso: dritto e lungo. Esso continua la linea della fronte, senza alcuna depressione.
Orecchie: attaccatura larga, grandi. Appuntite alla sommità. Sono posizionate in modo da continuare la linea della testa cuneiforme.
Mento: forma una linea verticcale con il naso.
Arti: di ossatura leggera, magri. Gli arti posteriori sono più alti di quelli anteriori.
Piedi: piccoli e ovali.
Coda: lunga e affusolata. Si assottiglia fino alla punta. I peli della coda si allargano come in un pennacchio.
Penalità: carenza di pigmento sul tartufo o sui cuscinetti plantari; Occhi strabici; Zampe posteriori deboli; Respirazione dalla bocca a causa di un’ostruzione nasale; Coda piegata; Colore degli occhi non in standard; Macchie bianche sui piedi; Sottopelo lanoso; Salute cagionevole.

Il Santo del Giorno

Santa Paola Frassinetti

Nome: Santa Paola Frassinetti

Titolo: Vergine

Nome di battesimo: Paola Frassinetti

Nascita: 3 marzo 1809, Genova

Morte: 11 giugno 1882, Roma

Ricorrenza: 11 giugno

Martirologio: edizione 2004

Tipologia: Commemorazione

La beata Frassinetti nacque da una piissima famiglia di Genova il 3 marzo dell’anno 1809. I suoi quattro fratelli furono tutti sacerdoti ed uno è venerabile: D. Giuseppe Frassinetti.

Il suo primo apostolato lo esercitò a fianco del fratello, allora parroco a S. Pietro in Quinto. D. Giuseppe aveva istituito nella sua parrocchia una scuola di fanciulle povere e ne affidò la direzione alla sorella Paola, che subito cominciò ad esercitare quell’attività religiosa che a poco a poco la condusse alla fondazione del nuovo istituto delle Dorotee.

Essa però non si occupò esclusivamente dell’insegnamento; ma attese altresì con zelo all’educazione delle bambine e giovanette che si raccoglievano attorno a lei. Nè si limitava alle sole ore della scuola; ma quando questa finiva, Paola chiamava a sè le sue piccole amiche e discepole, e conducendole a passeggio per i boschi, le colline e sulle rive del mare, le tratteneva in elevate conversazioni.

L’idea di fondare l’istituto era nella sua mente, ed ella pregava il Signore perchè si degnasse concedere a tante giovanette la grazia di un nuovo mistico giardino, dove poter più facilmente amar Gesù e attendere alla propria santificazione. E la Frassinetti non tardò a concretare i suoi desideri. Il 12 agosto, festa di S. Chiara, insieme a sei altre compagne fece i voti religiosi, e un provvidenziale incontro diede subito alla fondazione il suo proprio carattere.

D. Luigi Passi di Bergamo aveva pur egli fondata una Congregazione di donne cristiane per l’istruzione catechistica sotto la protezione di S. Dorotea.

Ma l’opera avrebbe terminato con lui e cercava perciò una Congregazione religiosa cui affidarla. Avendo sentito parlare della Frassinetti e della sua iniziativa, le fece la proposta di assumere l’assistenza dell’opera da lui ideata.

Paola ne comprese l’opportunità e l’utilità é abbracciò la proposta del Passi e diede alla comunità il nome di Istituto di S. Dorotea.

Il Papa Gregorio XVI affidò alle Dorotee il non facile incarico di riformare l’antico Istituto di S. Maria del Rifugio presso S. Onofrio sul Quirinale. E qui la Beata fissò la sua dimora stabile.

Presto l’istituto si diffuse a Bologna e in tutte le città italiane; e non tardò a varcare anche i confini diffondendosi in tutto il mondo.

Intanto la Frassinetti era prossima alla morte. Gli Angeli stavano ormai mettendo gli ultimi fiori alla sua corona che si era preparata durante una lunga vita tutta spesa per Iddio, nella preghiera, nella lotta interiore e nello spezzare a tante giovinette il pane della santità. Il Signore gradi il suo olocausto e 1’11 giugno 1882, dopo aver ricevuta la visita di S. Giovanni Bosco, volò gloriosa al cielo.

PRATICA. – Facciamo le nostre azioni per la maggior gloria di Dio e per il bene dell’anima ricordando che tutto è vanità e solo conta ciò che si fa per l’eternità.

PREGHIERA. – Dona a noi la grazia, o Signore, oggi che onoriamo la tua beata Paola Frassinetti, di poter essere ammaestrati nella devozione.

MARTIROLOGIO ROMANO. A Roma, santa Paola Frassinetti, vergine, che, superate molte difficoltà iniziali, fondò la Congregazione delle Suore di Santa Dorotea per la formazione cristiana della gioventù femminile, prodigandosi per la sua opera con forza d’animo e con dolcezza unita a energica passione.

Andar per Funghi

Agaricus hortensis (Cke.) Pilat
Atlante dei funghi – Funghi commestibili e velenosi

Classe: Basidiomiceti
Nome scientifico: Agaricus hortensis
Sinonimi: Agaricus bisporus (Lge.) Imbach – Agaricus brunnescens Peck
Nomi comuni: Prataiolo da coltivazione – Champignon

Caratteristiche morfologiche

Cappello: 5-9 cm, convesso, carnoso, con cuticola dal bianco a bruno chiaro più scura al contatto, da giovane margine con membrana fioccosa.
Lamelle: fitte, prima bianche poi rossastre-brune.
Gambo: 3-4 x 1,5-2 cm, corto e sodo, bianco e liscio, con anello bianco e membranoso.
Carne: soda e bianca, al taglio rosea; buon odore e sapore.
Spore: bruno-seppia; presenta basidi con due sole spore anziché quattro.

Agaricus hortensis o Agaricus bisporus (foto www.agraria.org)

Commestibilità, habitat e osservazioni

Relazione con l’ambiente vegetale circostante: fungo saprofita. Viene coltivato da molto tempo. Cresce anche libero nei luoghi ricchi di sterco (di cavallo), nei prati e ai margini dei boschi. Appartiene al gruppo dell’Agaricus campestris.
Ottima Commestibilità.

Il Santo del Giorno

San Giovanni da San Facondo Gonzalez de Castrillo

Nome: San Giovanni da San Facondo Gonzalez de Castrillo

Titolo: Sacerdote eremita agostiniano

Nascita: 1430, San Fagondez, Spagna

Morte: 11 giugno 1479, Salamanca, Spagna

Ricorrenza: 11 giugno

Martirologio: edizione 2004

Tipologia: Commemorazione

S. Giovanni nacque a San Fagondez, nel regno di Leone in Spagna, da Giovanni Gonzales de Castrillo e da Sanca Martinez ambedue ragguardevoli per nobiltà di schiatta, e per meriti di virtù: fu ottenuto da Dio per le loro buone opere e le assidue preghiere essendo essi rimasti per lungo tempo senza figliuoli.

Fin dai primi anni S. Giovanni diede mirabile indizio della sua futura santità, perchè sovente da qualche luogo elevato predicava agli altri fanciulli per esortarli alla virtù ed al culto di Dio o per comporre i loro dissidi ed indurli alla pace. In patria fu affidato ai monaci benedettini di S. Facondo afTìnchè lo iniziassero ai primi elementi delle lettere. Abbracciato lo stato ecclesiastico, fu ammesso tra i familiari del Vescovo di Burges, il quale gli diede prova di grande stima, lo ordinò sacerdote e gli conferì un canonicato della sua cattedrale. Giovanni era investito contemporaneamente di tre piccoli benefici ecclesiastici, la cui nomina era riservata all’Abate di S. Facondo. Questa pluralità di benefici sarebbe stata illegittima, nel caso che ciascuno fosse stato sufficiente all’onesto sostentamento del giovane sacerdote.



La condotta di Giovanni era sempre stata irreprensibile e ben superiore a quella della comune dei cristiani. Pur tuttavia, quando la grazia gli ebbe illuminata la mente e tocco il cuore, il giovane riconobbe che gli mancava molto per essere vero discepolo di Cristo. Vide in sè grandi difetti, dei quali intraprese subito con ardore l’emendazione. Incominciò col chiedere al Vescovo il permesso di rinunciare ai suoi benefici. Potè riuscirvi con grandissime difficoltà: per sè non si riservò che una piccola cappella, dove celebrava la Messa ogni giorno, predicava sovente e insegnava i misteri della fede agli indotti.

La povertà, la mortificazione e il ritiro divennero le sue più care delizie. Discendeva nel fondo della sua anima, per conoscerne perfettamente lo stato, ed imparò dall’esperienza che tutti i piaceri del mondo sono nulla in paragone di quei puri godimenti, che si provano nell’esercizio della preghiera, della meditazione e della virtù predicata dal Vangelo.

Il desiderio di perfezionarsi sempre più lo spinse a domandare al suo Vescovo il permesso di ritirarsi a Salamanca, ove attese per lo spazio di quattro anni allo studio della teologia. Di poi chiamato alla direzione delle anime nella parrocchia di S. Sebastiano, vi produsse frutti meravigliosi colle frequenti istruzioni che vi teneva. Dimorava in quel periodo di tempo presso un canonico virtuoso dove potè praticare grandi austerità per ben nove anni. Colpito dalla malattia della pietra, sopportò per lungo tempo dolori indescrivibili.

Alla fine si assoggettò all’atto operatorio e appena guarito stabilì di lasciare interamente’ il mondo e di ritirarsi nel monastero di S. Agostino a Salamanca. Quivi si fece religioso nell’anno 1463. Questo convento di eremitani era allora assai fiorente per severità di osservanza: ma Giovanni novizio vi sorpassò i più provetti nell’obbedienza, nella sottomissione e nella veglia ed orazione. Essendogli stata allora affidata la cura della cantina, gli bastò toccare un piccolo fusto di vino per attingerne un anno intero per tutti i religiosi. Compiuto il noviziato fece la sua professione solenne il 28 agosto del 1464.

Avendogli i suoi superiori ordinato di esercitare il dono che aveva ricevuto per la predicazione, annunciò la parola di Dio con zelo straordinario. Parlava con tanta forza ed efficacia, che ben vedevasi essere la sua mente illuminata dalla più pura luce della fede ed il suo cuore acceso del più grande fuoco di carità verso Dio e verso il popolo. Così trascorse tutto il restante della sua vita nella predicazione della parola di Dio, della confessione e della direzione delle anime raccogliendo frutti incomparabili di bene e di santificazione.

Infine caduto infermo predisse il giorno della morte, e ricevuti devotissimamente i sacramenti della Chiesa, terminò la sua mortale esistenza l’11 giugno del 1479. Glorioso per molti miracoli prima e dopo la morte, fu beatificato da Clemente VIII nel 1601 e canonizzato nel 1690 da Alessandro VIII. Benedetto XIII infine ordinò che il suo ufficio fosse inscritto nel Breviario romano al 12 giugno.

PRATICA. Tutti i giorni, per quanto mi sarà possibile, ascolterò devotamente la Santa Messa.

PREGHIERA. San Giovanni da Fecondo pregate per noi.

MARTIROLOGIO ROMANO. A Salamanca in Spagna, san Giovanni da San Facondo González de Castrillo, sacerdote dell’Ordine degli Eremiti di Sant’Agostino, che attraverso colloqui privati e con la santità della sua vita riportò la concordia tra i cittadini divisi in sanguinarie fazioni.

Salute e Benessere

Mais o Granoturco – Zea mays L.
Atlante delle coltivazioni erbacee – Cereali

Classe: Monocotyledones
Ordine: Glumiflorae
Famiglia: Graminaceae (Gramineae o Poaceae)
Sotto famiglia: Andropogonoideae
Tribù: Maydeae
Specie: Zea mays L.
Altri nomi comuni: frumentone, grano d’India, melica, formentazzo

Francese: mais; Inglese: maize, Indian corn; Spagnolo: maiz; Tedesco: mais.

Mais da insilato
Raccolta dell’intera pianta con una macchina falcia-trincia-caricatrice (dotata possibilmente di apparato rompigranella per rendere l’amido più disponibile sia alle fermentazioni microbiche ai fini della conservazione sia alle fermentazioni microbiche ruminali o dei digestori degli impianti di biogas), a varie altezze dal suolo in funzione del titolo di amido che si vuole ottenere nell’insilato integrale. Questo prodotto, dopo un adeguato tempo di “stagionatura” dovuto alla fermentazione della massa in opportuni silos orizzontali (una volta anche verticali) e al raffreddamento della stessa, viene usato per alimentare i ruminanti (bovini, bufalini) o gli impianti di biogas. Questa raccolta viene eseguita allo stadio vegetativo di maturazione cerosa, con un’umidità della spiga tra il 32 e il 35%.

Avversità e parassiti

Limitazioni alla produzione del mais possono essere provocate da parassiti animali o vegetali e da avversità meteoriche.
In genere nella maiscoltura italiana i soli trattamenti che si fanno ordinariamente sono la concia della semente e la geodisinfestazione alla semina. Eccezionali sono trattamenti sulla coltura contro la piralide, oggi fattibili con bioinsetticidi a basso impatto ambientale a base di Bacillus thuringensis.

Avversità meteoriche.

I ritorni di freddo e le precipitazioni prolungate dopo le nascite sono sfavorevoli allo sviluppo del mais che cresce debole ed eziolato.
Il vento impetuoso può provocare lo stroncamento delle piante indebolite da precedenti attacchi parassitari (piralide, marciumi).

Parassiti animali.

I parassiti animali che danneggiano il mais possono essere ipogei o terricoli ed epigei; i primi attaccano la parte sotterranea, i secondi la parte aerea. Tra i parassiti ipogei vanno ricordati:
– le agrotidi (gen. Scotia) le cui larve brunastre di notte escono dal terreno e rodono le piante al colletto;
– gli elateridi (gen. Agriotes), le cui larve attaccano i semi in germinazione, le radici ed il colletto delle piantine;
– gli afidi radicali che formano colonie verde bluastro sulle radici determinando un forte ritardo nello sviluppo e un marcato ingiallimento e arrossamento delle foglie;
– le grillotalpe (Gryllotalpa gryllotalpa), che nei terreni umidi e ricchi di humus rosicchiano i semi in germinazione e recidono numerose radici;
– le larve dei maggiolini (Melolontha melolontha), che si nutrono a spese del l’apparato radicale.
Tra gli insetti epigei vanno ricordati la piralide (Pyrausta o Ostrinia nubilalis) e la sesamia (Sesamia cretica) i cui danni si confondono e si cumulano. Vengono danneggiate le foglie e, più gravemente, le spighe e gli stocchi che spesso si rompono sotto la spiga che quindi cade e sfugge alle macchine raccoglitrici.
– Recentemente è comparsa in Italia e sta prendendo piede in varie aree maidicole la Diabrotica virgifera virgifera, un coleottero che allo stadio di larva rode il colletto e le radici avventizie del mais e alla minima brezza interi ettari ed ettari si allettano senza apparente motivo.

Parassiti vegetali.

Le colture di mais possono essere danneggiate da:
– marciume dello stocco (Gibberella zeae, Fusarium moniliforme) che si rivela con un precoce imbrunimento dei primi internodi basali. La malattia è grave perché col vento le piante si piegano alla base, cosicché le spighe cadono a terra e non vengono raccolte dalla macchina raccoglitrice;
– elmintosporiosi (Helminthosporium turcicum e H. maydis) che si manifesta con la formazione sulle foglie di striature necrotiche confluenti, che possono portare al totale disseccamento della lamina;
– carbone (Ustilago zeae) che attacca tutti gli organi della pianta provocando tumori di varie grandezza che contengono una polvere nerastra costituita da spore. Le infezioni più appariscenti (ma sempre di scarsa gravità) sono quelle che colpiscono le infiorescenze;
– marciume del seme e della plantula: diverse crittogame (soprattutto Pythium) presenti nel terreno o nel seme possono colpire il mais in germinazione provocando avvizzimento e/o marciume basale del fusticino. I patogeni sono favoriti da terreno umido e freddo e da semina troppo profonda.

– Le varietà di mais transgenico autorizzate per la semina in Europa sono quelle selezionate in seguito all’introduzione di un complesso genico di resistenza alla Piralide (cioè nei tessuti vegetali viene prodotta anche una proteina simile a quella prodotta da un “anti-piralide” naturale, il Bacillus thuringiensis; appena la larva ingerisce una quantità adeguata di materiale vegetale, e di proteina, nel suo apparato digerente si sviluppa la sostanza attiva e la larva muore). Nel continente americano esistono gia da tempo in commercio sia varietà mono-carattere (esempio resistenza alla piralide, alla diabrotica, al gliphosate ecc.) sia varietà pluri-carattere (con più resistenze in contemporanea).

Il Santo del Giorno

Beata Iolanda di Polonia

Nome: Beata Iolanda di Polonia

Titolo: Badessa

Nascita: 1235, Gniezno, Polonia

Morte: 11 giugno 1298, Gniezno, Polonia

Ricorrenza: 11 giugno

Martirologio: edizione 2004

Tipologia: Commemorazione

Iolanda di Polonia nacque nel 1235 a Gniezno in Polonia da re Béla IV e da sua moglie Maria Laskarina, settima di dieci fratelli fra i quali Santa Kinga, Santa Margherita di Ungheria e Stefano, futuro re d’Ungheria.

La crescita dei Iolanda venne affidata a sua sorella Kinga, che aveva sposato Boleslao V di Polonia; da adulta, anche Iolanda sposò un nobile polacco, il duca Boleslao il Pio, dal quale ebbe tre figlie: Elisabetta, Edvige e Anna.

Entrata nel terz’ordine francescano, Iolanda si dedicò alla cura dei bisognosi; rimasta vedova nel 1279, si fece monaca clarissa, entrando nello stesso convento dove già si trovavano la figlia Anna e la sorella. Alla morte di Kinga nel 1292, Iolanda si spostò nel convento di Gniezno, che lei stessa aveva fondato in precedenza e di cui fu eletta badessa, per scampare all’invasione dei mongoli. Ivi morì sei anni dopo, nel 1298.

MARTIROLOGIO ROMANO. Presso Gniezno in Polonia, beata Iolanda, badessa, che, dopo la morte del marito, il duca Boleslao il Pio, lasciati i beni terreni, professò insieme alla figlia la vita monastica nell’Ordine di Santa Chiara.

La ricetta del giorno

Insalata di patate e wurstel

Ingredienti: patate 1 kg, 8 wurstel, maionese, senape, olive di Gaeta 100 gr, olio extravergine d’oliva, sale, pepe.

Esecuzione: lessare le patate in acqua salata, sbucciarle, farle raffreddare e tagliarle a fette raccogliendole in un’insalatiera.

Condirle con sale, pepe, olio, un po’ di senape, qualche cucchiaiata di maionese e mescolare.

Immergere per pochi minuti i wurstel in acqua in ebollizione, sgocciolarli, farli raffreddare, tagliarli a rondelle e unirli alle patate.

Unire infine anche le olive, mescolare con cura e far insaporire l’insalata in luogo fresco per circa mezz’ora.

Servirla con altra maionese a parte.

Buon appetito