Animali – I Felini – Altri tipi di Gatto

Il Gatto della Giungla

Il Gatto dai Piedi Neri

Il Gatto dai piedi neri si differenzia da quelli selvatici e domestici anche nel ciclo sessuale delle femmine: mentre le gatte domestiche sono in calore per sei giorni e sono disposte ad accoppiarsi per 3 o 4 giorni, nelle femmine di questa specie la fregola dura infatti solo 36 ore ed esse sono pronte all’accoppiamento solo per 5-10 ore. Tale fatto risulta comprensibile pensando che questi Carnivori vivono in territori poverissimi e non possono quindi concedersi il lusso di dividere il territorio personale per un periodo di tempo più lungo di quello strettamente necessario.

L’epoca degli accoppiamenti deve quindi essere il più breve possibile; del resto, a causa delle sue dimensioni abbastanza modeste, il Gatto dai piedi neri non può trattenersi a lungo in territorio aperto senza prestare la necessaria attenzione a tutti gli eventuali pericoli che possono minacciarlo.

La gestazione è insolitamente lunga per un Felino così piccolo, in quanto dura dai 63 ai 68 giorni (nelle razze domestiche più grosse è infatti di 63 giorni), ma in compenso i piccoli sembrano svilupparsi abbastanza rapidamente. Due esemplari nati in cattività caddero in calore, per la prima volta a un’età stranamente avanzata: l’uno a 21 e l’altro a 15 mesi. Le Gatte domestiche raggiungono invece la maturità sessuale a 6 mesi, e quelle selvatiche del gruppo silvestris a 10 mesi.

Non appena furono in grado di correre disinvoltamente, i piccoli Gatti dai piedi neri allevati cominciarono a considerare il nido come un semplice luogo in cui rifugiarsi in caso di necessità, pur continuando a correre subito dalla madre quando essa lanciava il grido d’allarme: questi Gatti non rimangono dunque per molto tempo nei dintorni del nido, e cominciano ben presto a compiere delle sortite nei territori più lontani alla ricerca di cibo. La bestiola non si arrampica volentieri ed è poco abile nel salto, mentre si sposta con un rapido trotto, dimostrando anche una notevole resistenza; ciò che più sorprende sono tuttavia le sue grida, che dovrebbero corrispondere al miagolio degli altri Gatti ma possono invece essere paragonate solo al ruggito della Tigre, anche se sono di circa un’ottava più alta. Se si incidono su un nastro e si ascoltano dimezzando la velocità con cui sono state registrate, tali grida sembrano veramente il ruggito della Tigre, anche se assai più lento. Nei loro luoghi d’origine questi rarissimi Felini vivono con ogni probabilità in estesi territori, per cui appare necessaria una notevole resistenza nella corsa, e una voce potente è utile per consentire agli animali di ritrovarsi anche a grande distanza.

Gatto della Giungla

Dal ceppo che ha dato origine ai Gatti selvatici si è probabilmente separata da tempo anche un’altra specie: IL GATTO DELLA GIUNGLA (Felis chaus; LTT 60-75 cm, LC 25-35 cm) E’ diffuso dall’Egitto e dall’Asia anteriore fino al Turkestan, all ‘India, alla Birmania e a Ceylon, e ha la coda più corta e gli arti assai più sviluppati rispetto ai Gatti selvatici del gruppo silvestris; si differenzia anche dalla specie finora trattate per il fatto di avere il cranio più sottile e il muso più lungo. Il mantello ha una colorazione variabile nelle diverse fattispecie (grigio-gialla nelle forme settentrionali, rosso-bruna in quelle meridionali e indocinesi), ed è ornato nei piccoli da un disegno a strisce trasversali, che scompare pressoché completamente negli adulti. In questi rimangono solo degli anelli scuri sulla parte inferiore delle zampe e sulla coda. Le orecchie sono appuntite e presentano esternamente una tinta rosso-bruna o nero-bruna, con una macchia più chiara alla base (negli adulti talora appena visibile) e un piccolo ciuffo di peli sulla punta. Per quest’ultimo carattere, oltre che per le lunghe zampe e la coda piuttosto corta, il Gatto della giungla venne chiamato in passato anche “Lince delle paludi”; esso tuttavia è assai più affine ai Gatti selvatici che non alle Linci, e vive non solo nelle zone paludose, ma anche nei canneti, nelle macchie e nei boschi lungo le rive di fiumi e laghi, nei territori erbosi, nei campi di cereali, mentre manca nelle umide foreste tropicali. Sovente si porta nelle vicinanze dei villaggi (lungo il margine meridionale dell’Himalaia si insedia addirittura nelle case abbandonate); sebbene si trattenga perlopiù in pianura, nell’India settentrionale si spinge fino all’altitudine di 2500 metri. Si muove di solito con un rapido trotto, e come i Gatti selvatici è attivo in prevalenza di giorno. Un tempo veniva considerato un vorace predatore di uccelli, ma le analisi del contenuto intestinale hanno dimostrato invece che la sua alimentazione si compone in prevalenza di roditori e rane. Talvolta si nutre ovviamente anche di uccelli, e in India, ad esempio, miete probabilmente numerose vittime tra i Pavoni.

L’epoca degli amori cade nel mese di aprile nel Turkestan, in febbraio o ai primi di marzo nella parte orientale della Transcaucasia; è incerto invece se gli animali diffusi in India e Indocina siano legati a determinati periodi riproduttivi, ma si presume che diano alla luce i loro piccoli due volte all’anno. Tale supposizione, tuttavia, può dipendere dal fatto che in queste regioni i parti possono verificarsi nelle stagioni più diverse, per cui un osservatore superficiale può avere l’impressione che una femmina si riproduca più volte in un anno. La gestazione dura 66 giorni, e la femmina partorisce da 2 a 5 piccoli in nascondigli situati in luoghi asciutti, ad esempio sotto rocce e in tane abbandonate da Tassi e Istrici. Alcune osservazioni condotte nei giardini zoologici hanno permesso di rilevare che dopo il parto la fa femmina scaccia il maschio; più tardi, tuttavia, questo l’aiuta nell’allevamento dei figli. Inoltre, i Gatti della Giungla di sesso maschile marcavano con l’urina gli angoli e gli alberi del recinto che li ospitava.

Il numero dei piccoli nati in cattività oscillava tra due e sei e i parti si verificavano tra settembre e marzo, ma soprattutto in marzo e aprile. Continua.

Animali da compagnia – Il comportamento del Gatto domestico – 3

Gatto accaldato alla ricerca di un po’ di fresco

Per intimorire un Cane o un grande Carnivoro che lo sta minacciando, il Gatto ricorre alla notissima tecnica di inarcare il dorso e arruffare il pelo del dorso e della coda che tiene rivolta leggermente di lato, in modo da apparire al nemico più grande di quanto sia in realtà; tale impressione è accentuata anche dal fatto che il Felino si dispone parzialmente di lato rispetto all’avversario. A rendere più intimidatorio tale atteggiamento, che ricorda quello di imposizione di taluni Pesci, concorre una ben precisa mimica: le orecchie vengono appiattite, gli angoli della bocca tirati all’indietro, il naso arricciato, mentre un brontolio leggero, ma inequivocabilmente minaccioso, sale dal petto dell’animale e si trasforma a poco a poco in un soffio rabbioso; le fauci vengono allora spalancate e i canini scoperti, mentre il naso diviene sempre più increspato.

Questa mimica minacciosa, che di per sé ha senza dubbio uno scopo difensivo, si osserva con particolare frequenza quando un Gatto si trova inaspettatamente davanti un grosso Cane, prima di poter fuggire; se questo, nonostante il minaccioso avvertimento, si fa ancor più vicino e supera la “distanza critica”, il Gatto non fugge, ma passa all’attacco, e lanciandosi sul Cane comincia a graffiarlo sul muso con gli artigli e con i denti, cercando di colpirlo nei punti più sensibili, possibilmente sugli occhi e sul naso. Se l’avversario indietreggia, sia pure per un istante, il Gatto approfitta regolarmente di questa momentanea pausa per darsi alla fuga: il breve attacco è dunque un semplice mezzo per sottrarsi al nemico.

Tuttavia, quando una femmina ritiene che i propri piccoli siano minacciati da un Cane, l’aggressività del Felino si manifesta allora in un caratteristico atteggiamento di minaccia: in simile eventualità, la Gatta non esita infatti a lanciarsi contro il nemico anche da una distanza superiore a quella critica e, poiché tiene il dorso inarcato e il corpo rivolto leggermente di lato, finisce per avanzare con un’andatura assai singolare, galoppando obliquamente rispetto al proprio asse longitudinale. Non si è mai osservato un simile comportamento in un maschio adulto, se non durante il gioco, senza dubbio perché esso non si spinge mai al punto da essere costretto ad affrontare un avversario fisicamente superiore. Per le femmine che allattano, l’aggressione di un nemico in simili condizioni significa un’incondizionata e completa abnegazione, ma anche la Gatta più dolce, quando viene a trovarsi in tale situazione, è pressoché invincibile: io stesso ho visto imponenti Cani capitolare e fuggire di fronte a un simile attacco, mentre Ernest Seton Thompson riferisce di una Gatta che, nel parco di Yellowstone, mise in fuga e inseguì un Orso finché questo, terrorizzato, non cercò scampo arrampicandosi su un albero (oserei dire che si trattava del famoso Orso Yoghi di Hanna e Barbera che vedevo in tv da ragazzino).

Ancora diversa, e in questo caso viene allora manifestata con atteggiamenti di sottomissione, è l’espressione di minaccia di un Gatto eccessivamente molestato da una persona amica: questo tipo di minaccia repressa, cui si sovrappongono gesti di sottomissione che implorano clemenza, si osserva sovente nelle esposizioni, ove i Gatti vengono a trovarsi in un ambiente estraneo e sono costretti a lasciarsi toccare da persone sconosciute, ad esempio dai giudici. Se questo complesso di condizioni particolari lo spaventa, l’animale si rannicchia su se stesso, appiattendo il corpo fino a farlo aderire pressoché completamente al suolo: le orecchie sono allora minacciosamente abbassate, la parte terminale della coda ondeggia qua e là, e se l’eccitazione si fa più violenta il Gatto comincia a emettere sordi brontolii. In un simile stato d’animo l’animale cerca sempre di coprirsi le spalle, spingendosi con fulminea rapidità sotto un armadio, in un camino o dietro un termosifone; se non trova un rifugio adatto, si rannicchia contro una parete, in modo da rivolgere sempre il dorso al muro, aderendovi con il corpo disposto obliquamente. Tale posizione viene assunta anche quando l’animale deve stare sul tavolo davanti al giudice, e indica chiaramente che esso è pronto a colpire con una delle zampe anteriori l’estraneo; via via che la sua paura aumenta, il Gatto assume una posizione sempre più obliqua e infine solleva una zampa con gli artigli sporgenti pronto a colpire. Se la paura si accresce ulteriormente il Gatto ricorre all’ultima e disperata misura difensiva, sdraiandosi supino, arrotolandosi su se stesso e rivolgendo verso l’importuno tutte le armi di cui dispone. Perfino un esperto conoscitore di questi Felini rimane meravigliato nel vedere con quale calma i giudici tocchino un Gatto che ha spalancato le fauci e sollevato le zampe per colpirli, e che sta emettendo dei sordi brontolii. Sebbene in simili casi l’animale intenda inequivocabilmente dire: “Non mi toccare, altrimenti ti morderò e graffierò”, nel momento decisivo non mette tuttavia in atto la minaccia o, tuttalpiù, in modo limitato e con forza ridotta.

Il Gatto, dunque, non si comporta prima amichevolmente per poi mordere e graffiare all’improvviso, bensì minaccia i giudici per sottrarsi a quelle che considera delle insopportabili molestie, senza peraltro avere il coraggio di rendere effettive tali minacce: questa, in sostanza, è dunque la pretesa falsità del Gatto.

L’allevamento delle forme domestiche non è mai stato operato, come avviene per i Cani, in modo da ottenere razze capaci di assolvere determinati compiti; i popoli asiatici hanno allevato i Siamesi e i Persiani esclusivamente per la loro bellezza e per diletto personale, anche se in Cina si è scoperto un modo del tutto insolito per utilizzare questi Felini: in taluni territori, infatti, gli occhi dei Gatti vengono usati in sostituzione dell’orologio, poiché è possibile calcolare l’ora basandosi sulle dimensioni delle loro pupille. A questo proposito è interessante rilevare che già nell’antica Eliopoli il dio egizio del sole, Ra, veniva raffigurato con le sembianze di un Gatto, e la sua statua, troneggiante nel tempio, aveva le pupille forgiate in modo da dilatarsi o restringersi a seconda della posizione del sole, e quindi da consentire di determinare le diverse fasi del giorno. Continua.

altro Gatto accaldato in cerca di frescura