Ecco a Voi Miu l’ultimo arrivato in casa Saporito

Miu è un gattino di un mesetto di vita che ho trovato per la strada due giorni fa, mi ha seguito come un cagnolino cosa che mi ha meravigliato tantissimo visto che i gatti che sono nati in casa mia non lo fanno. Il suo nome è Miu perché è il verso che faceva quando l’ho trovato. E’ un gattino tricolore cosa abbastanza rara e probabilmente di sesso femminile, non ho resistito al suo richiamo e mi sono comportato come un bambino non pensando che a casa ho cani, alcuni dei quali particolarmente cattivi, e altri sei gatti adulti; ma il gattino se la sta cavando abbastanza bene con i gatti adulti inarca la schiena i gli adulti, almeno quelli maschi scappano per quanto riguarda le femmine, tra parentesi sterilizzate, non ha avuto ancora incontri diretti, almeno per il momento, per quanto riguarda i cani che sembrano molto interessati, basta un mio urlo di tanto in tanto a tenerli lontani.

Ci tenevo molto a presentarvi Miu che non ho resistito. Grazie a chi gradirà e auguro a tutti una buona notte.

Buon Lunedì 13 Giugno 2022

Sant’Antonio da Padova

Avviso ai naviganti

con sommo dispiacere devo comunicare che per motivi personali devo prendere un periodo di pausa dal blog.

Con questo post voglio ringraziare vivamente tutti quelli che mi hanno supportato e sostenuto in questi mesi con l’augurio di poterli incontrare di nuovo il più presto possibile.

Di nuovo grazie a tutti e buona vita.

LE MASSIME DI FRANCOIS DEL LA ROCHEFOUCAULD

La fiducia in sé produce la maggior parte della fiducia negli altri.

Esiste un mutamento generale che cambia i gusti intellettuali come le fortune materiali.

La verità è il fondamento e la ragione della perfezione e della bellezza; una cosa, di qualsiasi natura essa sia, non può essere bella e perfetta se non è veramente tutto ciò che deve essere e se non ha tutto ciò che deve avere.

Napoli – Antichi Mestieri

I venditori di acqua sulfurea – 1

Napoli non ha acque sorgive fuorché le minerali: i suoi fonti sebezi in questi campi flegrei sparvero, o inaridirono, ma gli acquidotti dalla Bolla e dal Carmignano provvedono abbondantemente la vasta città, che diconsi l’acque de’ formali; e l’acque piovane che si raccolgono nelle cisterne, benché d’inferior qualità, servono a dovizia agli usi della vita. L’acque che hanno l’onore di empire le regie tazze e quelle de’ grandi sono l’acque del Leone di Posillipo, di San Pietro Martire, di San Paolo e l’acqua Aquilia al Mandracchio; ma nella stagione estiva il popolo capriccioso tempra gli ardori della canicola con la freschezza dell’acqua sulfurea, sia per lusso, o per necessità, non v’è persona e sia la più misera plebea che non imprenda a guarirsi d’ogni malore con l’acqua sulfurea, panacea generale come l’idropatia alemanna.

Continua

La favola del giorno

I racconti di Sherazad – da Le mille e una notte

STORIA DELL’INVIDIOSO E DELL’INVIDIATO – 7

Gli ufficiali tornarono al vascello, ed esposero il loro ordine al capitano. Questi disse loro che il sultano era il padrone. Subito mi rivestirono con un bellissimo abito di broccato, e mi portarono a terra, dove mi misero sul cavallo del sultano il quale mi aspettava a palazzo con un gran numero di persone della sua corte, che aveva riunito per farmi più onore.

La marcia cominciò. Il porto, le strade, le pubbliche piazze, le finestre, le terrazze dei palazzi e delle case, tutto era pieno di un’innumerevole folla di ogni sesso e di ogni età, che la curiosità aveva spinto a venire da tutti i punti della città per vedermi; infatti la voce che il sultano aveva scelto una scimmia per suo gran visir, si era sparsa in un momento. Dopo aver dato uno spettacolo così nuovo a tutto quel popolo, che con grida ripetute non cessava di manifestare la sua meraviglia, arrivai al palazzo del sultano.

Trovai quel principe seduto sul trono, in mezzo ai dignitari della sua corte. Gli feci tre profonde riverenze; e, all’ultima, mi prosternai e baciai la terra ai suoi piedi. Poi mi sedetti sul sedere in posa di scimmia. Tutta l’assemblea non si stancava di ammirarmi, e non comprendeva come era possibile che una scimmia sapesse rendere così bene al sultano il rispetto che gli era dovuto, e il sultano ne era più stupito di tutti. Insomma, la cerimonia dell’udienza sarebbe stata completa se avessi potuto aggiungere l’arringa ai miei gesti; ma le scimmie non parlano mai, e il vantaggio di essere stato uomo non mi concedeva questo privilegio.

Il sultano congedò i suoi cortigiani e rimasero con lui soltanto il capo dei suoi eunuchi, un piccolo schiavo giovanissimo ed io. Egli passò dalla sala delle udienze al suo appartamento, dove si fece portare da mangiare. Una volta a tavola, mi fece cenno di avvicinarmi e di mangiare con lui. Per manifestargli la mia ubbidienza, baciai la terra, mi alzai e mi misi a tavola. Mangiai con molto ritegno e modestia.

Prima che sparecchiassero, scorsi un calamaio con tutto l’occorrente per scrivere, scrissi su una grossa pesca dei versi di mia composizione, che manifestavano la mia riconoscenza al sultano; e la lettura che egli ne fece, dopo che gli ebbi presentato la pesca, accrebbe il suo stupore. Tolta la tavola, gli portarono una bevanda particolare, di cui mi offrì un bicchiere. Io bevvi, e vi scrissi sopra dei nuovi versi, che spiegavano lo stato in cui mi trovavo, dopo grandi sofferenze. Il sultano li lesse ancora, e disse:

Continua.

Le più belle canzoni napoletane

‘O CUNTO ‘E MARIAROSA

Ernesto Tagliaferri Ernesto Murolo 1932
 
Figliole d’Antignano1, bona ge’,
‘o cunto ‘e Mariarosa è chistu cca.
Si have ragione e dámmole ragione,
e si have tuorto e dámmole ragione,
ca sempe have ragione chi vo’ bene.
Sole d’austo, nèh.
Sole d’austo, nèh.
 
Ragazze di Antignano1, brava gente,
il racconto di Mariarosa è questo qua.
Se ha ragione e diamole ragione,
e se ha torto e diamole ragione,
perché ha sempre ragione chi vuole bene.
Sole d’agosto, nèh.
Sole d’agosto, nèh.
 
Dicette ‘a mamma:
“Figlia, arrassusìa,
attienta a te mo ch’è venuta está,
‘o sole coce e ‘ncapa puó piglià
‘na malatia.
Va’ pe sotto ‘e ffresche frasche,
chisto è ‘o ‘mbrello e ‘o sciosciamosche,
nun te sperdere ‘int’ô bosco,
taglia ll’erba e torna cca”.
 
Disse la mamma:
“Figlia, non sia mai,
stai attenta a te ora che è arrivata l’estate:
il sole scotta ed alla testa puoi prendere
una malattia.
Cammina sotto le fresche frasche,
questo è l’ombrello e lo scacciamosche,
non perderti nel bosco,
taglia l’erba e torna qua”.
 
Bona gè’,
sentite appriesso ‘o fatto comme va,
comme va,
comme va.
 
Buona gente,
Sentite poi il fatto come va,
come va,
come va.
 
Figliole d’Antignano, bona gè,
‘o cunto ‘e Mariarosa è chistu cca.
Sunava già p’ ‘a via quacche zampogna,
sfrunnate erano ll’arbere ‘ncampagna,
friddo ‘a matina ca spaccava ll’ogne.
Natale e neve, nèh.
Natale e neve, nèh.
 
Ragazze di Antignano, brava gente,
il racconto di Mariarosa è questo qua.
Già suonava per la strada qualche zampogna,
senza foglie erano gli alberi in campagna,
freddo al mattino che spaccava le unghie.
Natale e neve, nèh.
Natale e neve, nèh.
 
Dicette ‘a mamma:
“Figlia, arrassusìa,
attienta a te ca friddo e gelo fa.
Cummògliate si no ce puó appezzà
‘na purmunìa.
Miettatélla, tutt’ ‘e ssere,
‘na pettiglia2 a carne annura,
‘nfacci’ô ffuoco d’ ‘o vrasiere
sotto e ‘ncoppa t’hê ‘a scarfà”.
 
Disse la mamma:
” Figlia, non sia mai,
stai attenta che freddo e gelo fa.
Copriti se no puoi prendere
una polmonite.
Mettila tutte le sere,
una stoffa2 sulla carne nuda.
davanti al fuoco del braciere
sotto e sopra ti devi riscaldare”.
 
Bona ge’,
sentite appriesso ‘o fatto comme va,
comme va,
comme va.
 
Buona gente,
Sentite poi il fatto come va,
come va,
come va.
 
Figliole d’ Antignano, bona ge’,
‘o cunto ‘e Mariarosa è chistu cca.
Dicette ‘a mamma:
“Guàrdate ‘int’ô specchio,
che so’ ‘sti dduje canale sott’a ll’uocchie?
Che scuorno hê dato a me, povera vecchia”.
Abbrile, abbrile, oje ma’.
Abbrile, abbrile, oje ma’.
 
Ragazze di Antignano, brava gente,
il racconto di Mariarosa è questo qua.
Disse la mamma:
“Guardati allo specchio,
cosa sono questi due solchi sotto gli occhi?
Che vergogna hai procurato a me, povera vecchia”.
Aprile, aprile, o mamma.
Aprile, aprile, o mamma.
 
Diciste: “Attient’ô sole figlia mia
ca ‘o sole po’ fá male ‘int’a ll’està
e attienta a te quann’è Natale
e fa friddo p’ ‘a via.
Ma pecché po, a Primmavera,
nun diciste a chistu core:
statte attiento pe ll’ammore
ca, d’abbrile, attuorno va?”
 
Dicesti: “Attenta al sole figlia mia
perché il sole può far male in estate
e attenta quando è Natale
e fa freddo per la strada.
Ma perché poi, in primavera,
non dicesti a questo cuore:
Stai attento all’amore
che, in aprile, in giro va?”
 
Bona ge’,
‘o fatto ‘e Mariarosa è chistu cca,
chistu cca,
chistu cca.
Brava gente,
il racconto di Mariarosa è questo qua,
questo qua,
questo qua.


La canzone fu presentata nel 1931 ad uno dei primi tentativi di organizzare un festival della canzone a Sanremo. La manifestazione, chiamata Festival Napoletano e organizzata da Ernesto Tagliaferri e Ernesto Murolo, si svolse tra il 24 dicembre e il primo gennaio e aveva come obiettivo quello di esportare la canzone napoletana al di fuori dei confini regionali. L’anno dopo la kermesse si trasferì a Lugano, per poi interrompersi e ritornare a Napoli nel 1952 con il nome di Festival di Napoli. Durante l’edizione “sanremese” vennero presentati alcuni brani inediti intervallati da classici del passato. Nell’occasione, la canzone fu cantata da Ada Bruges. Tra le altre interpretazioni, ricordiamo quelle di Angela Luce, Roberto Murolo, Giacomo Rondinella, Aurelio Fierro e Mirna Doris.

1 Il rione di Antignano è una delle zone più antiche del quartiere del Vomero a Napoli.

2 Pezzo di stoffa rettangolare, legato e incrociato dietro la schiena, realizzato spesso con un vecchio maglione, che veniva adoperato per tener caldo e nascondere, almeno in parte, il seno.

Il Santo del Giorno

San Remberto

Nome: San Remberto

Titolo: Vescovo di Amburgo e Brema

Nascita: 820 circa, Bruges, Belgio

Morte: 11 giugno 888, Brema, Germania

Ricorrenza: 11 giugno

Martirologio: edizione 2004

Tipologia: Commemorazione

Remberto (Rimberto), nato a Bruges e fattosi monaco nel vicino monastero di Thourout, fu chiamato da Anscario, arcivescovo di Amburgo (3 feb.), perché lo assistesse nella difficile missione di evangelizzazione della penisola scandinava e della Germania settentrionale.

Anscario disse di lui: «Remberto è più degno di essere arcivescovo di quanto io lo sia di essere suo diacono».

Nell’848 iniziò la sua opera per l’unificazione della sede episcopale di Brema, fino ad allora sotto la giurisdizione dell’arcidiocesi di Colonia, con quella di Amburgo, e Anscario divenne arcivescovo di Amburgo-Brema con potere anche sulle Chiese scandinave, ricevendo l’approvazione papale nell’864 da papa Nicola I. L’anno dopo Anscario morì e Remberto fu eletto suo successore. Nel periodo in cui Remberto fu arcivescovo la missione in Svezia ebbe un tracollo, ma egli promosse l’evangelizzazione del sud della Norvegia e dello Schleswig; iniziò anche missioni tra gli slavi del nord. Vendette vasellame sacro per riscattare prigionieri dei normanni e in un’occasione offrì il cavallo che stava cavalcando per liberare una ragazza catturata dagli slavi.

Scrisse una Vita di Anscario, molto apprezzata per l’accuratezza e lo stile, e una significativa lettera a Valburga, badessa di Nienheerse.

Remberto morì l’11 giugno 888; in precedenza la sua festa era celebrata il 4 febbraio, data che ricordava la sua elezione ad arcivescovo.

MARTIROLOGIO ROMANO. A Brema in Sassonia, nell’odierna Germania, san Remberto, vescovo di Amburgo e di Brema, che, fedele discepolo di sant’Oscar e suo successore, estese il proprio ministero alle regioni della Danimarca e della Svezia e, al tempo delle invasioni dei Normanni, si prese cura del riscatto dei prigionieri cristiani.

Curiosando qui e la

Una leggenda metropolitana

Vorrei segnalarvi un’altra probabile leggenda metropolitana, sentita da varie fonti in varie città. Tutti garantivano che la vittima in questione fosse loro concittadina.

Racconta di una signora che va in viaggio di nozze con il marito in Kenya. Torna e scopre di essere incinta. Gioia del marito e dei familiari. Strano imbarazzo della signora. La gravidanza va benissimo. Dopo 9 mesi la signora va in ospedale con le doglie. Il parto va bene. Il bimbo viene portato dal marito che… sviene. Il bambino, infatti, è nero.

Il Santo del Giorno

Beato Stefano Bandelli

Nome: Beato Stefano Bandelli

Titolo: Domenicano

Nome di battesimo: Stefano Bandelli

Nascita: 1369, Castelnuova Scrivia, Alessandria

Morte: 11 giugno 1450, Saluzzo, Cuneo

Ricorrenza: 11 giugno

Martirologio: edizione 2004

Tipologia: Commemorazione

Patrono di:Casalbordino

Nato a Castelnuovo Scrivia (Al), ricevette l’abito domenicano a Piacenza. L’esattezza nell’osservanza della regola e la vivissima passione per lo studio caratterizzarono gli anni di preparazione all’apostolato. Ordinario di teologia all’Università di Pavia: alternò all’insegnamento un’efficace e brillante predicazione che gli meritò l’appellativo di “secondo san Paolo”. Mori a Saluzzo, e il suo corpo è venerato nella chiesa di san Giovanni battista. La città lo elesse patrono per aver ottenuto miracolosamente da lui, nel 1487, la liberazione da un terribile assedio.

MARTIROLOGIO ROMANO. A Saluzzo in Piemonte, beato Stefano Bandelli, sacerdote dell’Ordine dei Predicatori, insigne nella predicazione e assiduo nell’ascolto delle confessioni.

L’angolo della Poesia

Provvidenza

Io tengo ‘nu cumpare

ca veramente è buono comme ‘o ppane.

‘na Pasca a mme me pare,

pe’ quanto è buono po’ tanto è alla mano.

Aggia pavà ‘o pesone?

E stu cumpare mette mano a’ sacca.

Niente le fa impressione:

pe’ mme ‘e denare proprio ‘e ghiètte a ssacco.

E’ proprio na putenza.

Chistu cumpare tanto affezionato …

‘Na vera provvidenza

ca me mantene ‘a ogni ‘nciambeccata …

Mogliema me mulesta,

ma quanno sta ‘o cumpare in casa mia …

p’essa e pe’ mme è ‘na festa …

io sulo tanno stongo ‘ngrazia ‘e Ddio!

G. Di Roberto

Il Santo del Giorno

Santa Maria Rosa Molas y Vallvè

Nome: Santa Maria Rosa Molas y Vallvè

Titolo: Fondatrice

Nascita: 24 marzo 1815, Reus, Spagna

Morte: 11 giugno 1876, Tortosa, Spagna

Ricorrenza: 11 giugno

Martirologio: edizione 2004

Tipologia: Commemorazione

Rosa Molas nacque a Reus, vicino a Tarragona nella parte nordorientale della Spagna, dove i suoi genitori gestivano un piccolo negozio. La mamma mori di colera quando lei aveva diciassette anni. Il suo desiderio di farsi religiosa incontrò il rifiuto del padre. Solo dieci anni dopo poté lasciare la casa palerua entrando in un’associazione locale di suore che operavano nell’ospedale cittadino. Ricevette l’abito e il nome di Maria Rosa. Otto anni dopo divenne superiora della Casa della Misericordia, nei sobborghi di Tortosa, nell’estremo sud sulle coste mediterranee, dove trovò trecento ricoverati che vivevano nello squallore e nel disordine, vecchi, malati, ragazzi e bambini. Si mise subito al lavoro per migliorare le condizioni e porre fine a quella situazione caotica.

Rimase a Tortosa altri otto anni prima di scoprire che l’ordine nel quale era entrata si era costituito in modo irregolare.

Dopo discussioni dolorose, con altre dodici compagne si mise sotto la giurisdizione del vescovo locale, costituendo il primo nucleo di una nuova congregazione: Nostra Signora della Consolazione. Scelse questo nome per significare che si sarebbero occupate dell’educazione, della cura e di tutto ciò che era inerente al soccorso dei bisognosi, in particolare dei ragazzi. Oggi le suore operano particolarmente nel Terzo mondo, lavorando oltre che in Europa, nel Sud America e in parti dell’Africa e dell’Asia.

Madre Maria Rosa mori a Tortosa la domenica della Trinità, 11 giugno 1876; fu beatificata da papa Paolo VI nel maggio 1977 e canonizzata da Giovanni Paolo II 1’11 dicembre 1988.

MARTIROLOGIO ROMANO. A Tortosa in Spagna, santa Rosa Francesca Maria Addolorata (Maria Rosa) Molas Vallvé, vergine, che trasformò un sodalizio di pie donne nella Congregazione delle Suore di Nostra Signora della Consolazione per il servizio ai bisognosi.

Il Santo del Giorno

Sant’ Aleide di Schaerbeek

Nome: Sant’ Aleide di Schaerbeek

Titolo: Vergine

Nascita: XIII secolo, Schaerbeek, Belgio

Morte: 11 luglio 1250, Belgio

Ricorrenza: 11 giugno

Martirologio: edizione 2004

Tipologia: Commemorazione

La Vita di Aleide, o Alice, scritta da un contemporaneo, probabil mente un monaco cistercense e confessore della comunità, è molto semplice ma sincera. Era una bambina delicata e gentile, nata a Schaerbeek, nei pressi di Bruxelles, e a sette anni entrò nel monastero di monache cistercensi di Le Cambre, appena fuori città. Ancora molto giovane contrasse la lebbra e, con grande dolore delle consorelle, dovette vivere segregata (la lebbra era arrivata in Europa al tempo delle crociate ed era molto temuta).

Aleide accettò la sua infermità e la segregazione con la sua solita umiltà, con atteggiamento riservato e con totale rassegnazione alla volontà di Dio. La sua unica consolazione era quella di ricevere la S. Comunione, che le era data sotto la specie del pane e non anche del calice per timore del contagio. La Comunione sotto una sola specie o per intinzione non sembra fosse la norma a Schaerbeek, e per lei era un grande dolore questa privazione finché le fu rivelato, nella preghiera, che anche in questo modo non le veniva sottratto nulla: «Dove c’è una parte, c’è anche l’intero».

Il giorno della festa di S. Barnaba del 1249 improvvisamente cadde molto malata, le fu portato il Viatico, ma ella profetizzò che sarebbe vissuta un altro anno. Fu un anno di grandi sofferenze, durante il quale perse anche la vista, ma pregò incessantemente offrendo a Cristo la sua sofferenza per le anime del purgatorio, venendo molto confortata da rivelazioni e visioni. Morì, come aveva predetto, nella festa di S. Barnaba del 1250. La sua festa è celebrata il 15 giugno nell’Ordine cistercense e nella diocesi di Malines. Il suo culto fu confermato da papa Pio X nel 1907.

MARTIROLOGIO ROMANO. Nel monastero di La Chambre vicino a Bruxelles nel Brabante, nell’odierno Belgio, sant’Aléide, vergine dell’Ordine Cistercense, che, a ventidue anni, colpita dalla lebbra, fu costretta a una vita di segregazione; negli ultimi anni, perduta anche la vista, neppure un membro del corpo le era rimasto sano, salvo la lingua, per cantare le lodi di Dio.

Il Santo del Giorno

Beata Maria del Sacro Cuore di Gesù

Nome: Beata Maria del Sacro Cuore di Gesù

Titolo: Fondatrice

Nome di battesimo: Maria Schininà Arezzo

Nascita: 10 aprile 1844, Ragusa

Morte: 11 giugno 1910, Ragusa

Ricorrenza: 11 giugno

Martirologio: edizione 2004

Tipologia: Commemorazione

Patrono di:Mappano

Maria nacque a Ragusa da una nobile famiglia siciliana e aveva sedici anni quando il tradizionale modo di vivere di queste nobili casate fu sconvolto dal movimento risorgimentale e dall’inizio della lotta per l’unificazione dell’Italia. Alla vista di poveri che soffrivano a causa della guerra e della fame, decise di consacrare la sua vita al servizio di chi soffriva materialmente per i rivolgimenti politici e sociali.

Data la rigidezza delle tradizioni sociali è comprensibile che la nobiltà locale provasse orrore e considerasse la scelta di Maria come una sorta di diserzione dalle sue file: fecero di tutto per dissuaderla ma, sostenuta dal vescovo di Siracusa fondò con cinque compagne la Congregazione delle suore del Sacro Cuore di Gesù, operando tra i prigionieri di guerra e i contadini. Impiegò i suoi averi e le sue proprietà in questa avventura: la sua casa natale divenne sede per le prime carmelitane che volevano fondare un monastero a Ragusa; lo stesso edificio fu poi asilo per le popolazioni di Messina e Reggio Calabria, vittime del terremoto del 1908. Molti preti diocesani e religiosi impararono in quel luogo come servire Cristo con le opere di misericordia.

Maria trascorse la sua vita a Ragusa dove morì 1’11 giugno 1910. È stata beatificata da papa Giovanni Paolo 11 il 4 novembre 1990.

MARTIROLOGIO ROMANO. A Ragusa, beata Maria Schininà, vergine, che scelse di vivere in umiltà e semplicità dedicandosi alla cura degli infermi, degli abbandonati e dei poveri e istituì le Suore del Sacro Cuore di Gesù perché fossero di aiuto in ogni genere di miseria.

Animali da Compagnia

Gatto

Balinese
Atlante delle razze di Gatti

Classificazione FIFe e cenni storici

Paese d’origine: Stati Uniti
Classificazione FIFe: Category IV – Siamese & Oriental

A differenza del suo nome esotico, il Balinese è di origine statunitense. Nel 1920 per dare nuovo vigore alla razza Siamese e per ottenere una nuova varietà a pelo lungo, furono effettuati degli accopiamenti con Angora a pelo lungo. I gattini nati però mantenevano la caratteristica del pelo corto. Non avendo ottenuto i risultati sperati, gli allevatori, abbandonarono ogni nuovo tentatico. Solo in seguito si scoprì che la caratteristica del pelo lungo nel Siamese era un carattere recessivo.
La razza venne riconosciuta ufficialmente nel 1961. Il nome Balinese gli fu attribuito dal fatto che muovendosi, con i suo modi aggraziati, il gatto ricordava le danzatrici dei templi di Bali.

Aspetto generale

E’ la varietà a pelo semi-lungo del Siamese. A differenza del Siamese ha una voce più morbida. Di aspetto fiero e aristocratico. Di taglia media, presenta un’ossatura sottile.
Snello e longilineo, il suo peso non deve superare i 5,5 Kg. La maschera dovrebbe coprire tutto il viso, comprese le parti con le vibrisse, ed essere collegata alle orecchie tramite linee segnate. Le estremità non devono contenere ticking o peli bianchi.
Raggiunge precocemente la maturità sessuale.

Carattere

Affettuoso e generoso, inteligente e molto agile. Determinato, sensibile ed estroverso come il Siamense. Socievole, si affeziona a tutta la famiglia, con i bambini gioca instancabilmente. Come un cane però, si
affezziona ad una sola persona. E’ davvero un gran giocherellone, allegro ed esuberante. Ha bisogno di tutte le vostre attenzioni, soffre a stare solo.
Ha un assoluto bisogno di compagnia, umana o animale che sia. Comunica con un miagolio molto più dolce rispetto al Siamese.

Gatto Balinese (foto www.traditionalcats.com)

Cura

Non ha bisogno di una particolare toelettatura. Necessita solo di una spazzolatura giornaliera. Il suo pelo è meno portato alla formazione di nodi grazie all’assenza di sottopelo. E’ molto sensibile agli sbalzi di temperatura e al freddo.

Varietà di colore

Presenta tutte le colorazioni del Siamense e del Colorpoint Shorthair. Alcune associazioni Americane riconoscono solo 4 varietà: seal point, blue point, chocolate point e lilac point; le altre varietà di colori sono riconosciute come Giavanese. In Europa invece non si fa differenza tra Balinesi e Giavanesi.

Standard

Categoria: Pelo semi-lungo.
Corporatura: media.
Corpo: longilineo e sotile, dotato di una buona musolatura. Le spalle non devono essere più larghe delle anche.
Mantello: tessitura fine come seta. Non presenta sottopelo ed è assente la gorgiera tipica dei mantelli a pelo lungo.
Testa: a forma di cuneo, che parte dal naso e si allarga gradualmente con due linee dritte fino alle orecchie. Ben proporzionata. Non è presente lo stop ed alcuna depressione sulle vibrisse.
Occhi: a forma di mandorla, di colore blu zaffiro. Sono posizionati in obliquo verso la canna nasale.
Naso: dritto e lungo. Esso continua la linea della fronte, senza alcuna depressione.
Orecchie: attaccatura larga, grandi. Appuntite alla sommità. Sono posizionate in modo da continuare la linea della testa cuneiforme.
Mento: forma una linea verticcale con il naso.
Arti: di ossatura leggera, magri. Gli arti posteriori sono più alti di quelli anteriori.
Piedi: piccoli e ovali.
Coda: lunga e affusolata. Si assottiglia fino alla punta. I peli della coda si allargano come in un pennacchio.
Penalità: carenza di pigmento sul tartufo o sui cuscinetti plantari; Occhi strabici; Zampe posteriori deboli; Respirazione dalla bocca a causa di un’ostruzione nasale; Coda piegata; Colore degli occhi non in standard; Macchie bianche sui piedi; Sottopelo lanoso; Salute cagionevole.

Il Santo del Giorno

Santa Paola Frassinetti

Nome: Santa Paola Frassinetti

Titolo: Vergine

Nome di battesimo: Paola Frassinetti

Nascita: 3 marzo 1809, Genova

Morte: 11 giugno 1882, Roma

Ricorrenza: 11 giugno

Martirologio: edizione 2004

Tipologia: Commemorazione

La beata Frassinetti nacque da una piissima famiglia di Genova il 3 marzo dell’anno 1809. I suoi quattro fratelli furono tutti sacerdoti ed uno è venerabile: D. Giuseppe Frassinetti.

Il suo primo apostolato lo esercitò a fianco del fratello, allora parroco a S. Pietro in Quinto. D. Giuseppe aveva istituito nella sua parrocchia una scuola di fanciulle povere e ne affidò la direzione alla sorella Paola, che subito cominciò ad esercitare quell’attività religiosa che a poco a poco la condusse alla fondazione del nuovo istituto delle Dorotee.

Essa però non si occupò esclusivamente dell’insegnamento; ma attese altresì con zelo all’educazione delle bambine e giovanette che si raccoglievano attorno a lei. Nè si limitava alle sole ore della scuola; ma quando questa finiva, Paola chiamava a sè le sue piccole amiche e discepole, e conducendole a passeggio per i boschi, le colline e sulle rive del mare, le tratteneva in elevate conversazioni.

L’idea di fondare l’istituto era nella sua mente, ed ella pregava il Signore perchè si degnasse concedere a tante giovanette la grazia di un nuovo mistico giardino, dove poter più facilmente amar Gesù e attendere alla propria santificazione. E la Frassinetti non tardò a concretare i suoi desideri. Il 12 agosto, festa di S. Chiara, insieme a sei altre compagne fece i voti religiosi, e un provvidenziale incontro diede subito alla fondazione il suo proprio carattere.

D. Luigi Passi di Bergamo aveva pur egli fondata una Congregazione di donne cristiane per l’istruzione catechistica sotto la protezione di S. Dorotea.

Ma l’opera avrebbe terminato con lui e cercava perciò una Congregazione religiosa cui affidarla. Avendo sentito parlare della Frassinetti e della sua iniziativa, le fece la proposta di assumere l’assistenza dell’opera da lui ideata.

Paola ne comprese l’opportunità e l’utilità é abbracciò la proposta del Passi e diede alla comunità il nome di Istituto di S. Dorotea.

Il Papa Gregorio XVI affidò alle Dorotee il non facile incarico di riformare l’antico Istituto di S. Maria del Rifugio presso S. Onofrio sul Quirinale. E qui la Beata fissò la sua dimora stabile.

Presto l’istituto si diffuse a Bologna e in tutte le città italiane; e non tardò a varcare anche i confini diffondendosi in tutto il mondo.

Intanto la Frassinetti era prossima alla morte. Gli Angeli stavano ormai mettendo gli ultimi fiori alla sua corona che si era preparata durante una lunga vita tutta spesa per Iddio, nella preghiera, nella lotta interiore e nello spezzare a tante giovinette il pane della santità. Il Signore gradi il suo olocausto e 1’11 giugno 1882, dopo aver ricevuta la visita di S. Giovanni Bosco, volò gloriosa al cielo.

PRATICA. – Facciamo le nostre azioni per la maggior gloria di Dio e per il bene dell’anima ricordando che tutto è vanità e solo conta ciò che si fa per l’eternità.

PREGHIERA. – Dona a noi la grazia, o Signore, oggi che onoriamo la tua beata Paola Frassinetti, di poter essere ammaestrati nella devozione.

MARTIROLOGIO ROMANO. A Roma, santa Paola Frassinetti, vergine, che, superate molte difficoltà iniziali, fondò la Congregazione delle Suore di Santa Dorotea per la formazione cristiana della gioventù femminile, prodigandosi per la sua opera con forza d’animo e con dolcezza unita a energica passione.

Andar per Funghi

Agaricus hortensis (Cke.) Pilat
Atlante dei funghi – Funghi commestibili e velenosi

Classe: Basidiomiceti
Nome scientifico: Agaricus hortensis
Sinonimi: Agaricus bisporus (Lge.) Imbach – Agaricus brunnescens Peck
Nomi comuni: Prataiolo da coltivazione – Champignon

Caratteristiche morfologiche

Cappello: 5-9 cm, convesso, carnoso, con cuticola dal bianco a bruno chiaro più scura al contatto, da giovane margine con membrana fioccosa.
Lamelle: fitte, prima bianche poi rossastre-brune.
Gambo: 3-4 x 1,5-2 cm, corto e sodo, bianco e liscio, con anello bianco e membranoso.
Carne: soda e bianca, al taglio rosea; buon odore e sapore.
Spore: bruno-seppia; presenta basidi con due sole spore anziché quattro.

Agaricus hortensis o Agaricus bisporus (foto www.agraria.org)

Commestibilità, habitat e osservazioni

Relazione con l’ambiente vegetale circostante: fungo saprofita. Viene coltivato da molto tempo. Cresce anche libero nei luoghi ricchi di sterco (di cavallo), nei prati e ai margini dei boschi. Appartiene al gruppo dell’Agaricus campestris.
Ottima Commestibilità.

Il Santo del Giorno

San Giovanni da San Facondo Gonzalez de Castrillo

Nome: San Giovanni da San Facondo Gonzalez de Castrillo

Titolo: Sacerdote eremita agostiniano

Nascita: 1430, San Fagondez, Spagna

Morte: 11 giugno 1479, Salamanca, Spagna

Ricorrenza: 11 giugno

Martirologio: edizione 2004

Tipologia: Commemorazione

S. Giovanni nacque a San Fagondez, nel regno di Leone in Spagna, da Giovanni Gonzales de Castrillo e da Sanca Martinez ambedue ragguardevoli per nobiltà di schiatta, e per meriti di virtù: fu ottenuto da Dio per le loro buone opere e le assidue preghiere essendo essi rimasti per lungo tempo senza figliuoli.

Fin dai primi anni S. Giovanni diede mirabile indizio della sua futura santità, perchè sovente da qualche luogo elevato predicava agli altri fanciulli per esortarli alla virtù ed al culto di Dio o per comporre i loro dissidi ed indurli alla pace. In patria fu affidato ai monaci benedettini di S. Facondo afTìnchè lo iniziassero ai primi elementi delle lettere. Abbracciato lo stato ecclesiastico, fu ammesso tra i familiari del Vescovo di Burges, il quale gli diede prova di grande stima, lo ordinò sacerdote e gli conferì un canonicato della sua cattedrale. Giovanni era investito contemporaneamente di tre piccoli benefici ecclesiastici, la cui nomina era riservata all’Abate di S. Facondo. Questa pluralità di benefici sarebbe stata illegittima, nel caso che ciascuno fosse stato sufficiente all’onesto sostentamento del giovane sacerdote.



La condotta di Giovanni era sempre stata irreprensibile e ben superiore a quella della comune dei cristiani. Pur tuttavia, quando la grazia gli ebbe illuminata la mente e tocco il cuore, il giovane riconobbe che gli mancava molto per essere vero discepolo di Cristo. Vide in sè grandi difetti, dei quali intraprese subito con ardore l’emendazione. Incominciò col chiedere al Vescovo il permesso di rinunciare ai suoi benefici. Potè riuscirvi con grandissime difficoltà: per sè non si riservò che una piccola cappella, dove celebrava la Messa ogni giorno, predicava sovente e insegnava i misteri della fede agli indotti.

La povertà, la mortificazione e il ritiro divennero le sue più care delizie. Discendeva nel fondo della sua anima, per conoscerne perfettamente lo stato, ed imparò dall’esperienza che tutti i piaceri del mondo sono nulla in paragone di quei puri godimenti, che si provano nell’esercizio della preghiera, della meditazione e della virtù predicata dal Vangelo.

Il desiderio di perfezionarsi sempre più lo spinse a domandare al suo Vescovo il permesso di ritirarsi a Salamanca, ove attese per lo spazio di quattro anni allo studio della teologia. Di poi chiamato alla direzione delle anime nella parrocchia di S. Sebastiano, vi produsse frutti meravigliosi colle frequenti istruzioni che vi teneva. Dimorava in quel periodo di tempo presso un canonico virtuoso dove potè praticare grandi austerità per ben nove anni. Colpito dalla malattia della pietra, sopportò per lungo tempo dolori indescrivibili.

Alla fine si assoggettò all’atto operatorio e appena guarito stabilì di lasciare interamente’ il mondo e di ritirarsi nel monastero di S. Agostino a Salamanca. Quivi si fece religioso nell’anno 1463. Questo convento di eremitani era allora assai fiorente per severità di osservanza: ma Giovanni novizio vi sorpassò i più provetti nell’obbedienza, nella sottomissione e nella veglia ed orazione. Essendogli stata allora affidata la cura della cantina, gli bastò toccare un piccolo fusto di vino per attingerne un anno intero per tutti i religiosi. Compiuto il noviziato fece la sua professione solenne il 28 agosto del 1464.

Avendogli i suoi superiori ordinato di esercitare il dono che aveva ricevuto per la predicazione, annunciò la parola di Dio con zelo straordinario. Parlava con tanta forza ed efficacia, che ben vedevasi essere la sua mente illuminata dalla più pura luce della fede ed il suo cuore acceso del più grande fuoco di carità verso Dio e verso il popolo. Così trascorse tutto il restante della sua vita nella predicazione della parola di Dio, della confessione e della direzione delle anime raccogliendo frutti incomparabili di bene e di santificazione.

Infine caduto infermo predisse il giorno della morte, e ricevuti devotissimamente i sacramenti della Chiesa, terminò la sua mortale esistenza l’11 giugno del 1479. Glorioso per molti miracoli prima e dopo la morte, fu beatificato da Clemente VIII nel 1601 e canonizzato nel 1690 da Alessandro VIII. Benedetto XIII infine ordinò che il suo ufficio fosse inscritto nel Breviario romano al 12 giugno.

PRATICA. Tutti i giorni, per quanto mi sarà possibile, ascolterò devotamente la Santa Messa.

PREGHIERA. San Giovanni da Fecondo pregate per noi.

MARTIROLOGIO ROMANO. A Salamanca in Spagna, san Giovanni da San Facondo González de Castrillo, sacerdote dell’Ordine degli Eremiti di Sant’Agostino, che attraverso colloqui privati e con la santità della sua vita riportò la concordia tra i cittadini divisi in sanguinarie fazioni.

Salute e Benessere

Mais o Granoturco – Zea mays L.
Atlante delle coltivazioni erbacee – Cereali

Classe: Monocotyledones
Ordine: Glumiflorae
Famiglia: Graminaceae (Gramineae o Poaceae)
Sotto famiglia: Andropogonoideae
Tribù: Maydeae
Specie: Zea mays L.
Altri nomi comuni: frumentone, grano d’India, melica, formentazzo

Francese: mais; Inglese: maize, Indian corn; Spagnolo: maiz; Tedesco: mais.

Mais da insilato
Raccolta dell’intera pianta con una macchina falcia-trincia-caricatrice (dotata possibilmente di apparato rompigranella per rendere l’amido più disponibile sia alle fermentazioni microbiche ai fini della conservazione sia alle fermentazioni microbiche ruminali o dei digestori degli impianti di biogas), a varie altezze dal suolo in funzione del titolo di amido che si vuole ottenere nell’insilato integrale. Questo prodotto, dopo un adeguato tempo di “stagionatura” dovuto alla fermentazione della massa in opportuni silos orizzontali (una volta anche verticali) e al raffreddamento della stessa, viene usato per alimentare i ruminanti (bovini, bufalini) o gli impianti di biogas. Questa raccolta viene eseguita allo stadio vegetativo di maturazione cerosa, con un’umidità della spiga tra il 32 e il 35%.

Avversità e parassiti

Limitazioni alla produzione del mais possono essere provocate da parassiti animali o vegetali e da avversità meteoriche.
In genere nella maiscoltura italiana i soli trattamenti che si fanno ordinariamente sono la concia della semente e la geodisinfestazione alla semina. Eccezionali sono trattamenti sulla coltura contro la piralide, oggi fattibili con bioinsetticidi a basso impatto ambientale a base di Bacillus thuringensis.

Avversità meteoriche.

I ritorni di freddo e le precipitazioni prolungate dopo le nascite sono sfavorevoli allo sviluppo del mais che cresce debole ed eziolato.
Il vento impetuoso può provocare lo stroncamento delle piante indebolite da precedenti attacchi parassitari (piralide, marciumi).

Parassiti animali.

I parassiti animali che danneggiano il mais possono essere ipogei o terricoli ed epigei; i primi attaccano la parte sotterranea, i secondi la parte aerea. Tra i parassiti ipogei vanno ricordati:
– le agrotidi (gen. Scotia) le cui larve brunastre di notte escono dal terreno e rodono le piante al colletto;
– gli elateridi (gen. Agriotes), le cui larve attaccano i semi in germinazione, le radici ed il colletto delle piantine;
– gli afidi radicali che formano colonie verde bluastro sulle radici determinando un forte ritardo nello sviluppo e un marcato ingiallimento e arrossamento delle foglie;
– le grillotalpe (Gryllotalpa gryllotalpa), che nei terreni umidi e ricchi di humus rosicchiano i semi in germinazione e recidono numerose radici;
– le larve dei maggiolini (Melolontha melolontha), che si nutrono a spese del l’apparato radicale.
Tra gli insetti epigei vanno ricordati la piralide (Pyrausta o Ostrinia nubilalis) e la sesamia (Sesamia cretica) i cui danni si confondono e si cumulano. Vengono danneggiate le foglie e, più gravemente, le spighe e gli stocchi che spesso si rompono sotto la spiga che quindi cade e sfugge alle macchine raccoglitrici.
– Recentemente è comparsa in Italia e sta prendendo piede in varie aree maidicole la Diabrotica virgifera virgifera, un coleottero che allo stadio di larva rode il colletto e le radici avventizie del mais e alla minima brezza interi ettari ed ettari si allettano senza apparente motivo.

Parassiti vegetali.

Le colture di mais possono essere danneggiate da:
– marciume dello stocco (Gibberella zeae, Fusarium moniliforme) che si rivela con un precoce imbrunimento dei primi internodi basali. La malattia è grave perché col vento le piante si piegano alla base, cosicché le spighe cadono a terra e non vengono raccolte dalla macchina raccoglitrice;
– elmintosporiosi (Helminthosporium turcicum e H. maydis) che si manifesta con la formazione sulle foglie di striature necrotiche confluenti, che possono portare al totale disseccamento della lamina;
– carbone (Ustilago zeae) che attacca tutti gli organi della pianta provocando tumori di varie grandezza che contengono una polvere nerastra costituita da spore. Le infezioni più appariscenti (ma sempre di scarsa gravità) sono quelle che colpiscono le infiorescenze;
– marciume del seme e della plantula: diverse crittogame (soprattutto Pythium) presenti nel terreno o nel seme possono colpire il mais in germinazione provocando avvizzimento e/o marciume basale del fusticino. I patogeni sono favoriti da terreno umido e freddo e da semina troppo profonda.

– Le varietà di mais transgenico autorizzate per la semina in Europa sono quelle selezionate in seguito all’introduzione di un complesso genico di resistenza alla Piralide (cioè nei tessuti vegetali viene prodotta anche una proteina simile a quella prodotta da un “anti-piralide” naturale, il Bacillus thuringiensis; appena la larva ingerisce una quantità adeguata di materiale vegetale, e di proteina, nel suo apparato digerente si sviluppa la sostanza attiva e la larva muore). Nel continente americano esistono gia da tempo in commercio sia varietà mono-carattere (esempio resistenza alla piralide, alla diabrotica, al gliphosate ecc.) sia varietà pluri-carattere (con più resistenze in contemporanea).

Il Santo del Giorno

Beata Iolanda di Polonia

Nome: Beata Iolanda di Polonia

Titolo: Badessa

Nascita: 1235, Gniezno, Polonia

Morte: 11 giugno 1298, Gniezno, Polonia

Ricorrenza: 11 giugno

Martirologio: edizione 2004

Tipologia: Commemorazione

Iolanda di Polonia nacque nel 1235 a Gniezno in Polonia da re Béla IV e da sua moglie Maria Laskarina, settima di dieci fratelli fra i quali Santa Kinga, Santa Margherita di Ungheria e Stefano, futuro re d’Ungheria.

La crescita dei Iolanda venne affidata a sua sorella Kinga, che aveva sposato Boleslao V di Polonia; da adulta, anche Iolanda sposò un nobile polacco, il duca Boleslao il Pio, dal quale ebbe tre figlie: Elisabetta, Edvige e Anna.

Entrata nel terz’ordine francescano, Iolanda si dedicò alla cura dei bisognosi; rimasta vedova nel 1279, si fece monaca clarissa, entrando nello stesso convento dove già si trovavano la figlia Anna e la sorella. Alla morte di Kinga nel 1292, Iolanda si spostò nel convento di Gniezno, che lei stessa aveva fondato in precedenza e di cui fu eletta badessa, per scampare all’invasione dei mongoli. Ivi morì sei anni dopo, nel 1298.

MARTIROLOGIO ROMANO. Presso Gniezno in Polonia, beata Iolanda, badessa, che, dopo la morte del marito, il duca Boleslao il Pio, lasciati i beni terreni, professò insieme alla figlia la vita monastica nell’Ordine di Santa Chiara.

La ricetta del giorno

Insalata di patate e wurstel

Ingredienti: patate 1 kg, 8 wurstel, maionese, senape, olive di Gaeta 100 gr, olio extravergine d’oliva, sale, pepe.

Esecuzione: lessare le patate in acqua salata, sbucciarle, farle raffreddare e tagliarle a fette raccogliendole in un’insalatiera.

Condirle con sale, pepe, olio, un po’ di senape, qualche cucchiaiata di maionese e mescolare.

Immergere per pochi minuti i wurstel in acqua in ebollizione, sgocciolarli, farli raffreddare, tagliarli a rondelle e unirli alle patate.

Unire infine anche le olive, mescolare con cura e far insaporire l’insalata in luogo fresco per circa mezz’ora.

Servirla con altra maionese a parte.

Buon appetito

Il Santo del Giorno

San Barnaba

autore: Anonimo lombardo anno: XVIII sec titolo: San Barnaba, evangelizzatore di Milano luogo: Museo Diocesano “Carlo Maria Martini”, Milano
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Nome: San Barnaba

Titolo: Apostolo

Nascita: I secolo d. C., Cipro

Morte: 11 giugno 61, Salamina, Cipro

Ricorrenza: 11 giugno

Martirologio: edizione 2004

Tipologia: Commemorazione

Patrono di:MarinoVillataCarassaiBremeTartanoVillanova BielleseLaghi

S. Barnaba nacque da Giudei della tribù di Levi, rifugiatisi a Cipro allorche Pompeo il Grande invase la Palestina. A 12 anni fu mandato a Gerusalemme ove frequentò la scuola di Gamaliele e strinse cordiale amicizia con due condiscepoli: Stefano e Saulo. Erano tutti e tre della stessa età e dovevano un giorno tutti e tre versare il loro sangue per Gesù Cristo e per la sua Chiesa nascente.

Il Salvatore intanto incominciava a riempire la Giudea dei suoi prodigi, ed una folla grandissima lo seguiva entusiasta. In una delle tante volte che Gesù si recò a Gerusalemme, andò alla piscina probatica, e quivi trovò un uomo da trentotto anni ammalato, e gli domandò: « Vuoi essere guarito? ». Quello rispose: « Signore, non ho nessuno che mi metta nell’acqua quando essa è agitata ». Allora il Signore, mosso a compassione, gli comandò: « Alzati, prendi il tuo letto e cammina ». E quegli si alzò e fu sano sull’istante. Barnaba presente a questo prodigio, credette in Gesù e ne divenne fedele discepolo.

Dopo la Pentecoste, quando gli Apostoli iniziarono la loro predicazione fra i pagani, Barnaba fu mandato ad Antiochia. Avendo ottenuto in questa città un numero considerevole di conversioni, e volendo ampliare il campo del suo apostolato, Barnaba pensò a Saulo, che dopo la sua conversione si era ritirato a Tarso. Vi andò, e trovatolo lo condusse ad Antiochia.

Dopo avere dimorato più di un anno in questa città, avvenne che lo Spirito Santo fece segregare i due apostoli Barnaba e Saulo per la missione alla quale li aveva assunti. Ricevettero allora la pienezza del sacerdozio, l’episcopato, dopodichè abbandonarono Antiochia e conducendo seco Giovanni Marco si recarono a Cipro, poi a Salamina e a Pafo ove il proconsole Sergio Paolo si convertì. Quivi Saulo mutò il suo nome in Paolo. Partiti poi da Pafo andarono a Perge in Panfilia mentre Giovanni Marco ritornava a Gerusalemme. Cacciati di là, raggiunsero Iconio; quivi il Signore diede loro una grande consolazione: la conversione della vergine Tecla. In seguito si recarono a Listri ed in molte altre città nelle quali operarono numerose conversioni.

Dopo il Concilio di Gerusalemme, essendosi Giovanni Marco riunito a Barnaba, Paolo si separò da essi, e preso Sila con sé, partì per l’Asia Minore, mentre Barnaba e Giovanni Marco fecero vela per Cipro. La tradizione ci dice che Barnaba percorse anche l’Egitto e l’Italia.

Ritornato a Cipro si stabilì a Salamina e convertì moltissimi isolani. Ma i Giudei, adirati per il bene che faceva, s’impadronirono dell’Apostolo, e dopo averlo fatto molto soffrire Io lapidarono (11 giugno del 60 ca.). Giovanni Marco ne seppellì le preziose reliquie in una caverna.

Nel 485 il santo Martire apparve ad Antemio vescovo di Salamina rivelandogli il luogo della sua sepoltura. Sul suo petto fu trovato un esemplare del Vangelo di S. Matteo, scritto in ebraico di sua propria mano.

PRATICA. Imitiamo S. Barnaba nell’amore al S. Vangelo, facendo oggi un piccolo sacrificio per la sua propagazione.

PREGHIERA. O Dio che ci allieti per i meriti e l’intercessione del tuo beato apostolo Barnaba, concedici propizio di conseguire per i suoi meriti la felicità eterna.

MARTIROLOGIO ROMANO. A Salamina, in Cipro, il natale di san Barnaba Apostolo, il quale, di nazione Cipriota, ordinato dai discepoli Apostolo delle genti insieme a Pàolo, percorse con lui molte regioni, esercitando l’ufficio della predicazione evangelica a lui affidato; finalmente, andato a Cipro, vi onorò il suo Apostolato con un glorioso martirio. Il suo corpo, al tempo dell’Imperatore Zenone, fu ritrovato per rivelazione dello stesso Barnaba, insieme ad una copia del Vangelo di san Mattéo, trascritta di sua mano dallo stesso Barnaba

PROVERBIO. Se piove per San Barnabà l’uva bianca se ne va

Monumenti di Napoli

IL PORTO, L’ARSENALE E I “SEDILI” – 4

La città era amministrativamente organizzata in “sedili” piccoli edifici a pianta quadrata, coperti a cupole, con annesso un ambiente per riunioni ristrette. In tali strutture si riunivano i rappresentanti della nobiltà – ai quali, in un secondo momento, si aggiunsero quelli del popolo – che rappresentavano tutta la città, divisa in ventinove “ottine”. Essi venivano eletti presso la Corte nelle singole circoscrizioni, mentre l’assemblea del sedile eleggeva il Capitano della Piazza. Tale organizzazione, che risale al 1268, conferma una sostanziale continuità rispetto alle precedenti dominazioni, cartatterizzate da analoghe strutture organizzative.

Continua.

Piccolo Oroscopo del giorno

Ariete: i problemi vanno a soluzione;

Toro: troppe preoccupazioni;

Gemelli: buoni incontri;

Cancro: devi chiarire una situazione amorosa;

Leone: le iniziative economiche hanno un costo;

Vergine: chiarimenti in arrivo;

Bilancia: è un giorno pieno di contraddizioni;

Scorpione: non devi darti pensiero di quello che dicono gli altri;

Sagittario: è un periodo molto avventuroso;

Capricorno: i conti ti danno dei pensieri;

Acquario: se sarai attento ad alcuni segni vedrai che il periodo sarà favorevole;

Pesci: un incontro d’amore da prendere sul serio.

Buon Sabato 11 Giugno 2022

Il Sole sorge alle 5:24 e tramonta alle 20:36

La Luna cala alle 1:14 e si eleva alle 13:51

San Barnaba apostolo

Santo Patrono di Chioggia

Santo Patrono di Marino

Barnaba deriva dall’aramaico bar-nehamab e significa figlio della consolazione.

  • Chi ‘a tene d’oro e chi ‘a tene ‘argiènto; io ‘a tengo ‘e chiùmmo e nun fa niente.
  • Chi nasce affrìtto mòre scunzulàto.
  • ‘O diàvulo nun è accussì brutto comme se pitta.
  • Maro a chi mòro e Paraviso nun trova, ca chi resta se cunzola.
  • san Barnaba, apostolo;
    • san Massimo, vescovo di Napoli;
    • san Remberto, vescovo di Amburgo e di Brema;
    • beato Bardone, abate e poi vescovo di Magonza;
    • sant’Aleide, vergine cistercense;
    • san Parisio, sacerdote camaldolese;
    • beata Iolanda, badessa clarissa di Gniezno;
    • beato Stefano Bandelli, sacerdote domenicano;
    • san Giovanni da San Facondo González de Castrillo, sacerdote agostiniano;
    • santa Maria Rosa Molas y Vallvé, vergine, fondatrice delle Suore di Nostra Signora della Consolazione;
    • santa Paola Frassinetti, vergine, fondatrice delle Suore di Santa Dorotea;
    • beata Maria del Sacro Cuore Schininà, vergine, fondatrice delle Suore del Sacro Cuore.

L’11 giugno del 1423 Alfonso V d’Angiò si impadronisce della città ed assume il titolo di Vicerè.

L’11 giugno del 1904 muore, a soli 28 anni, Vincenzo Russo, autore di numerose belle canzoni (Io te vurrìa vasà, Torna maggio, etc.).

L’11 giugno del 1922 viene approvata la Legge per la protezione del paesaggio di Napoli, proposta in Parlamento da Benedetto Croce.

L’11 giugno del 2002 il Congresso degli Stati Uniti, con la risoluzione 269, riconosce ufficialmente il fiorentino Antonio Meucci come inventore del telefono (e non Alexander Graham Bell).

Il proverbio del giorno: avere le mani in pasta.

LE MASSIME DI FRANCOIS DE LA ROCHEFOUCAULD

E’ molto difficile distinguere la bontà generale, e universalmente diffusa, dalla grande astuzia.

Perché si possa essere sempre buoni bisogna che gli altri credano di non poter mai essere impunemente cattivi con noi.

La fiducia di piacere è spesso un mezzo per non piacere sicuramente.

BOCCACCIO, NAPOLI E IL “DECAMERON” – 17

LE AVVENTURE PARTENOPEE DI ANDREUCCIO

NOBILTA’, CRUDELTA’ E ASTUZIE IN TERRA NAPOLETANA – 6

Con un gesto di magnanimità regale, infine, si chiude la novella sesta della giornata decima, in cui “il re Carlo Vecchio, vittorioso, d’una giovinetta innamoratosi, vergognandosi del suo folle pensiero, lei è una sua sorella onorevolmente maritata”. Si tratta di un chiaro attestato della simpatia del Boccaccio per il re Angioino, “per la cui magnifica impresa e poi per la gloriosa vittoria avuta del re Manfredi furon di Firenze i Ghibellin cacciati e ritornaronvi i Guelfi”.

FINE

La favola del giorno

I racconti di Sherazad – da Le mille e una notte

STORIA DELL’INVIDIOSO E DELL’INVIDIATO – 6

Quei mercanti che credettero di saper scrivere abbastanza bene da poter aspirare a una così alta dignità, scrissero l’uno dopo l’altro quel che vollero. Quando ebbero finito, io avanzai e levai il rotolo dalle mani di quello che lo reggeva. Tutti, e particolarmente i mercanti che avevano scritto, pensando che io volessi strapparlo o gettarlo a mare, lanciarono alte grida; ma si rassicurarono vedendo che io tenevo il rotolo con grande cura e facevo cenno di voler scrivere a mia volta. Ciò fece mutare il timore in ammirazione. Nondimeno, poiché non avevano mai visto una scimmia che sapesse scrivere, e non volendo convincersi che io fossi più abile delle altre, vollero strapparmi il rotolo dalle mani, ma il capitano prese ancora le mie difese.

“Lasciatela fare, – disse; – che scriva. Se scarabocchierà la carta, vi prometto che la punirò immediatamente. Se, invece, scrive bene come spero, perché in vita mia non ho mai visto una scimmia più abile e più ingegnosa, né che capisca meglio di questa tutte le cose, io dichiaro che la riconoscerò come mio figlio. Ne avevo uno che non aveva neppure lontanamente l’ingegno di questa.”

Vedendo che nessuno si opponeva più al mio progetto, presi la penna e la lasciai soltanto dopo aver scritto sei tipi di scrittura in uso presso gli Arabi; e ogni saggio di scrittura conteneva un distico o una quartina improvvisata in lode del sultano. La mia scrittura non soltanto eclissava quella dei mercanti: oso dire che, fino a quel momento, in quel paese non se n’era mai vista una così bella. Quando ebbi finito, gli ufficiali presero il rotolo e lo portarono al sultano.

Il sultano non fece alcuna attenzione alle altre scritture; guardò soltanto la mia che gli piacque a tal punto da dire agli ufficiali:

“Prendete dalle mie scuderie il cavallo più bello e più riccamente bardato, e un abito di broccato dei più splendidi, per rivestire la persona autrice di queste sei scritture e conducetemela.”

A quest’ordine del sultano, gli ufficiali si misero a ridere. Il principe, irritato dal loro ardire, era pronto a punirli; ma essi gli dissero:

“Sire, supplichiamo Vostra Maestà di perdonarci: questi scritti non sono di un uomo, sono di una scimmia.

  • Che dite? – esclamò il sultano, – questi scritti meravigliosi non sono della mano di un uomo?
  • No, Sire, – rispose uno degli ufficiali, – assicuriamo Vostra Maestà che sono di una scimmia che li ha vergati davanti a noi. – Il sultano trovò la cosa troppo stupefacente da non avere la curiosità di vedermi.
  • Fate ciò che vi ho ordinato, – disse loro, – portatemi subito questa scimmia così rara.”

Continua

Le più belle canzoni napoletane

‘O CORE ‘E CATARINA

Giuseppe Capolongo  Rocco Galdieri  1907
 
Oje capèra1, ca passe ogne matina,
famme ‘na gentilezza, ogge o dimane,
quanno spìcceche ‘a capa a Catarina,
tu fammélla passà chello d’ ‘e cane.
 
O pettinatrice1, che passi ogni mattina,
fammi una gentilezza, oggi o domani,
quando acconci la testa di Caterina,
tu falle passare l’inferno.
 
E si te spia: “Ma comme va ‘sta cosa?”
dille ca tiene ‘a fà ‘na capa ‘e sposa.
Che vaje ‘e pressa, ca nun saccio che.

Dille ch’ ‘a sposa sta aspettanno a me.
 
E se ti dice: “Ma come va questa cosa?”
dille che devi acconciare la testa di una sposa.
Che hai fretta, che non so che.

Dille che la sposa sta aspettando me.
 
Oje scarparo, cu ‘a lente ‘ncopp’ ‘o naso,
saccio ch’hê ‘a cunzignà, p’ ‘a fin’ ‘o mese,
ciappe2 ‘ndurate e nucchetelle ‘e raso,
‘nu scarpino cu ‘o tacco tirulese.
 
O calzolaio, con gli occhiali sul naso,
so che devi consegnare, per fine mese,
bottoni2 dorati e fiocchetti di raso,
uno scarpino col tacco tirolese.
 
Pecché canosco ‘a giovane ch’aspetta,
miettece ‘e zzeppe e fance ‘a ponta stretta.
E si essa spia: “Pecché songo accussì?”

Tu spiegancello ca t’ ‘aggiu ditt’i’.
 
Visto che conosco la giovane che aspetta,
mettici le zeppe e facci la punta stretta.
E se lei dice: “Perchè sono così?”

Tu spiegale che te l’ho detto io.
 
Oje curzettara, ca ‘nu busto ‘e seta
taglie e ‘nchime, p’ ‘a vita ‘e ‘na pupata.
Oje curzettara, si vuó stà cujeta,
falle ‘o curzè’, ma siente ‘sta ‘mmasciata.
 
O corsettaia, che un busto di seta
tagli e imbastisci, per la vita di una bambola.
O corsettaia, se vuoi stare tranquilla,
falle il corsetto, ma senti questo messaggio.
 
‘Na ponta d’aco làssace a mancina,
ch’ha dda pógnere ‘o core ‘e Catarina.
E si, quanno se pógne, essa dice: “Ah!”

Tu spiegancello chi t’ ‘ha ffatto fà.
Una punta d’ago lasciale a sinistra,
che deve pungere il cuore di Caterina.
E se, quando si punge, dice: “Ah!”

Tu spiegale chi te l’ha fatto fare.


Tra le interpretazioni di questa canzone, ricordiamo quelle di Diego Giannini, Lino Mattera, Nina De Charny, Giorgio Schottler e Roberto Murolo.

1 Pettinatrice, personaggio femminile che ad inizio del XX secolo girava di casa in casa per “acconciare” a pagamento, ma in economia, i capelli delle donne del quartiere.

2 A Napoli esisteva una consorteria particolare, denominata “la repubblica dei togati” che riuniva quasi tutta la classe dirigente della città. Le ciappe (dal latino capula) erano i grossi bottoni d’argento cesellato che formavano l’abbottonatura della toga simbolo di questa consorteria.

Il Santo del Giorno

Sant’ Itamaro

Nome: Sant’ Itamaro

Titolo: Vescovo

Nascita: VI secolo, Kent, Inghilterra

Morte: VII secolo, Rochester, Inghilterra

Ricorrenza: 10 giugno

Martirologio: edizione 2004

Tipologia: Commemorazione

Itamaro, o Ytamar, fu il primo anglosassone nella Chiesa inglese a essere consacrato vescovo: Onorio, arcivescovo di Canterbury (30 set.), gli affidò la sede di Rochester dopo la morte di Paolino (10 ott.). Beda dice che era «uomo del Kent» e che «per vita e dottrina era pari ai suoi predecessori». Alla morte di Onorio nel 653 la sede arcivescovile di Canterbury rimase vacante per diciotto mesi, e dopo la nomina di Deusdedit (15 lug.), un sassone del sud, fu Itamaro a consacrarlo nel 655 sesto arcivescovo della sede primaziale.

S. Agostino di Canterbury (27 mag.) e i suoi compagni, che erano stati inviati dal papa di Roma, arrivarono in Inghilterra nel 597 e così la consacrazione di vescovi nel sud dell’Inghilterra, quasi sessant’anni più tardi, segna un momento importante nello sviluppo della Chiesa inglese.

La data esatta della morte di Itamaro è rimasta sconosciuta però si sa che venne sepolto a Rochester e che le sue reliquie furono poste in un sarcofago da Gondolfo, vescovo della stessa città. Molte chiese gli furono dedicate.

MARTIROLOGIO ROMANO. A Rochester in Inghilterra, sant’Itamáro, vescovo, che, primo tra la gente di Canterbury ad essere chiamato all’ordine episcopale, rifulse per cultura e sobrietà di vita.

Curiosando qui e la

Perché calpestare cacca porta fortuna?

Un’altra ipotesi

Sarebbe legata alle esperienze di guerra sui campi minati. Li calpestare escrementi portava bene, perché sotto non si celavano mine. E “percorrere un sentiero di cacche” portava in salvo il “fortunato calpestatore”!

L’Angolo della Poesia

Note alla poesia

Mirabile descrizione paesistica in cui l’aria tersa (gemmea) e il sole così chiaro inducono a ricercare con lo sguardo gli albicocchi in fiore, come se fosse primavera, mentre in cuore si sente l’odorino amaro del biancospino (prunalbo): quell’amaro che si avverte nel cuore è già presagio di tristezza funerea pur in mezzo ad uno spettacolo che dava un’illusione di serena bellezza.

Ecco il vero aspetto della natura: secche le piante e vuoto il cielo, privo, cioè, di quei colori che il sole sfolgorante in estate sa dargli, mentre il terreno, sotto il piede che lo batte, sembra cavo come una tomba.

Unico rumore in sì squallido spettacolo è il cader fragile delle foglie al soffiar del vento: ma anche questo rumore è triste, come di morte: siamo, appunto nell’estate, fredda, dei morti.

Vedere a chi appartiene

L’angolo della Poesia

Llultemo – 2

nun appena veco ‘a luntano

‘stu ziracchio ch’aspetta, ‘a sera,

serio serio, pe’ vasà ‘a mano,

che vulite ca dint’a niente

se schiarisce ‘sta mala cera

e me scordo tutt’  ‘e turmiente.

Comm’  ‘e rrose songo ‘e ccriature,

ca s’arapeno albante juorno;

songo ‘o Sole ca luce attuorno;

songo ‘a luce d’  ‘e core ascure.

So’ prumesse ch’a gghjuorno a gghjuorno

se fanno sempe cchiù sicure…

Pe’ nnuje, viecchie, songo ‘o ritorno

d’  ‘e primm’anne, d’  ‘e primme sciure.

Nuie, vedennole, ce vedimmo

n’ata vota piccerenielle…

Mmiezo a lloro nuie ce sentimmo

turnà bbuone, turnà nnucente;

e strignenno chelli manelle

simme felice overamente.

Edoardo Nicolardi

Il Santo del Giorno

San Bogumilo di Gniezno

Nome: San Bogumilo di Gniezno

Titolo: Vescovo eremita

Nascita: XII secolo, Sconosciuto

Morte: 10 giugno 1182, Uniejów, Polonia

Ricorrenza: 10 giugno

Martirologio: edizione 2004

Tipologia: Commemorazione

Fino al xv secolo poco si seppe del vescovo Bogumilo, sebbene nel villaggio di Dobrowo (Polonia) fosse venerato da lungo tempo. L’arcivescovo Mattia (1641-1652) iniziò un’inchiesta per ottenere la conferma del culto da parte di Roma, ma la cosa richiese un processo molto lungo.

Egli e il suo gemello Bogufal discendevano da nobile famiglia polacca e ricevettero un’ottima educazione completando gli studi a Parigi; poi Bogufal entrò in un monastero cistercense mentre Bogumilo (il cui nome significa “amico di Dio” o “amante di Dio”, come il latino Amadeus e il greco Theophilus) costruì una chiesa nella nativa Dobrowo, dedicandola alla Santa Trinità.

Dopo l’ordinazione presbiterale divenne parroco nella parrocchia d’origine; lo zio Giovanni, arcivescovo dí Gniezno, lo nominò suo cancelliere con diritto di successione nella sede vescovile.

Quando nel 1167 Giovanni morì Bogumilo fu consacrato vescovo e amministrò la diocesi per quasi cinque anni: in questo periodo fondò il monastero cistercense a Koronowo, sostenendolo con rendite che venivano da alcune delle proprietà della sua famiglia. Benché fosse considerato un vescovo saggio e zelante, era però incapace di imporre una disciplina al suo clero o di porre rimedio agli abusi che egli disapprovava fortemente, così si risolse a chiedere il permesso di rinunciare alla dignità arcivescovile e una volta ottenutolo entrò nell’Ordine camaldolese.

Trascorse il resto della vita in un eremitaggio camaldolese presso Uniejów. Dopo la morte il suo corpo fu traslato nella chiesa, da lui fondata, di Dobrowo. Bogumilo é citato negli Annales des chapttres de Cracowie, un manoscritto datato al 1232.

Era morto nel 1182 e il suo culto fu confermato da papa Pio XI nel 1925.

MARTIROLOGIO ROMANO. A Dobrowo in Polonia, anniversario della morte di san Bogumilo, vescovo di Gniezno, che, dopo aver lasciato la sua sede episcopale, condusse qui vita eremitica, consumandosi in una vita austera.

Il Santo del Giorno

San Landerico di Parigi

Nome: San Landerico di Parigi

Titolo: Vescovo

Morte: VII secolo, Parigi, Francia

Ricorrenza: 10 giugno

Martirologio: edizione 2004

Tipologia: Commemorazione

Protettore:dal fuoco

Landerico (Landry in francese) divenne vescovo di Parigi nel 650 durante il regno di Clodoveo II, e viene ricordato soprattutto per la cura che ebbe verso i poveri e gli ammalati della città, arrivando a vendere non solo le sue proprietà personali ma anche vasellame e oggetti della chiesa per alleviarne le sofferenze durante una carestia nel 651.

Prima di quel tempo l’unico ausilio per ammalati poveri erano ostelli senza alcuna sovvenzione e la sopravvivenza giornaliera di queste case dipendeva da elemosine casuali.

Il vescovo Landerico fondò il primo vero ospedale cittadino, vicino alla chiesa di Notre. Dame e affidato alla protezione di S. Cristoforo, che in seguito divenne noto come l’Hotel-Dieu, che è a tutt’oggi uno dei principali ospedali parigini.

Nel 653 firmò un decreto nel quale si esentava l’abbazia di Saint-Denis, fondata di recente, dalla giurisdizione episcopale; benché questa ordinanza sia andata perduta essa è citata in un documento di Clodoveo, in data 22 giugno 654. Incerta invece è la data della morte di Landerico, che però non può essere avvenuta prima del 660, poiché in quell’anno il monaco Marculfo gli dedicò componimenti religiosi, scritti sotto la sua guida.

MARTIROLOGIO ROMANO. A Parigi nel territorio della Neustria, sempre in Francia, san Landerico, vescovo, che per assistere i poveri in tempo di carestia si tramanda abbia venduto la sacra suppellettile e costruito un ospedale accanto alla cattedrale.

Il Santo del Giorno

Beato Giovanni Dominici

Nome: Beato Giovanni Dominici

Titolo: Domenicano

Nascita: 1355 , Firenze

Morte: 1419, Budapest, Ungheria

Ricorrenza: 10 giugno

Martirologio: edizione 2004

Tipologia: Commemorazione

Un giovane che voleva entrare a far parte dell’Ordine dei predicatori (domenicani) nel secolo xiv di solito proveniva da famiglia agiata e aveva una solida formazione; Giovanni non possedeva né l’una né l’altra: la sua famiglia a Firenze era di umili origini e il suo grado di istruzione al di sotto della media; in più era balbuziente. La sua serietà e la sua ostinazione furono però premiate e a diciotto anni vestì l’abito domenicano nel convento di S. Maria Novella. Nel frattempo si sforzò di vincere la balbuzie, che gli creava stati di ansia; studiò all’università di Parigi, divenendo uno dei teologi più in vista del suo tempo e un predicatore eloquente. Scrisse diversi commenti della Sacra Scrittura e delle laudi (inni in lingua volgare).

Dopo aver completato gli studi insegnò e predicò per dodici anni a Venezia; divenne priore a S. Maria Novella; fondò nuove case dell’ordine a Fiesole e Venezia, dove trasformò il monastero benedettino del Corpus Christi in un convento di suore domenicane. Contribuì molto alla riforma dell’ordine nell’Italia settentrionale, introducendo o rimettendo in vigore in molti monasteri una stret ta osservanza della Regola di S. Domenico, con l’approvazione del maestro generale Raimondo da Capua (5 ott.).

La sua era l’epoca rinascimentale, con il diffondersi in Italia della riscoperta delle arti e della cultura classica; ai suoi primordi la rivolta contro il formalismo degli scolastici medievali e la riscoperta della cultura greca e latina portavano con sé pericoli che avrebbero condotto a una reazione della teologia a favore dell’umanesimo e a una rinascita di forme di culto precristiane. Giovanni acutamente individuò questi pericoli e li combatté vigorosamente con gli scritti e la predicazione, ma nello stesso tempo si interessò all’arte essendo egli stesso artista: illustrò il libro del coro del suo convento con squisite miniature. Scrisse due importanti trattati educativi, Lucula noctis e Regola del governo di cura familiare, e un’opera ascetica, Trattato d’amore.

Nel 1406 partecipò al conclave dove venne eletto papa Gregorio XII, del quale fu confessore e consigliere, e dal quale fu creato cardinale di S. Sisto e nominato arcivescovo di Ragusa. Durante il Grande Scisma d’Occidente spinse papa Gregorio a ritirarsi, quando fu chiaro che era quello l’unico modo per ottenere la rinuncia degli antipapi alle loro pretese; fu lui ad annunziare al concilio di Costanza le dimissioni del pontefice.

Godeva di un’alta reputazione di diplomatico e negoziatore accanto a quella di teologo, ma il neoeletto papa Martino V gli diede un incarico assai gravoso: lo nominò legato in Boemia, con lo scopo di arginare l’influenza ussita, un gruppo evangelico con tesi simili a quelle dei seguaci di John Wyclif in Inghilterra.

Arrivò a Praga poco dopo che Giovanni Huss era stato bruciato sul rogo nel 1414; la città era sconvolta da disordini e Huss era considerato un eroe nazionale: l’università di Praga l’aveva dichiarato martire e i suoi seguaci si armavano per combattere l’imperatore. Il cardinal Dominici tentò di introdurre misure per reprimere íl movimento ussita, che vennero però respinte dal re Venceslao di Boemia. Costretto a lasciare il paese si recò in Ungheria, ma al suo arrivo a Budapest fu assalito da una febbre e morì il 10 giugno 1419. Il suo culto fu confermato nel 1832 da Gregorio XIV

MARTIROLOGIO ROMANO. A Budapest in Ungheria, transito del beato Giovanni Dominici, vescovo di Dubrovnik, che, al termine della Peste Nera, riportò nei conventi dei Predicatori in Italia l’osservanza della disciplina e, mandato in Boemia e in Ungheria per contrastare la predicazione di Giovanni Hus, morì in questa città.

Astrologia

Affinità di coppia del segno dei Gemelli con gli altri segni – Sagittario

Gemelli-Sagittario

Amarsi per loro è ridere insieme

Se si piacciono fisicamente, la figli di Mercurio e il simpatico gioviano, pur adorando entrambi la libertà, possono legarsi stabilmente l’uno all’altra. Però si tratterà sempre di un rapporto disinvolto, senza drammi né gelosie.

La gemelli si diverte un mondo a confondere le idee a se stessa e agli altri. Infatti è una che gioca in modo sorprendente con la propria immagine. E se prima intenerisce assumendo l’aria dell’ingenua liceale, poi non può fare a meno di scioccare entrando in scena fasciata in un vestito terribilmente sexy in cui ancheggia con un malizioso miscuglio d’ironia e seduzione. Ma lo strano è che, con l’abito, anche la sua faccia si trasforma. Un po’ per merito del trucco abile e fantasioso, un po’ a causa del suo carattere mimetico (proprio della natura mercuriana), che la induce a calarsi nella parte che sta sostenendo fino a cambiare completamente l’espressione. Quindi è molto difficile stabilire quale, dei tanti travestimenti, corrisponde alla Gemelli vera.

Però è inutile sperare che sia proprio la mercuriana a sciogliere l’enigma: lei si sente tutte e nessuna. Perché è una donna tremendamente contraddittoria. Capace di desiderare, allo stesso tempo, una cosa e il suo contrario. E fa così anche quando sono in gioco i sentimenti. Poiché fare il camaleonte è stressante, lei vorrebbe almeno poter contare su un amore-punto-di-riferimento, su un uomo un-po’-padre-un-po’-guida. Ma poi, anche se trova un tipo adatto, l’idea di legarsi la spaventa. E così, appena fiuta nell’altro odor di propositi seri, sente l’impulso di scappare. Le ci vorrebbe un uomo fatto su misura: affettuoso ma non opprimente, allegro ma non irresponsabile, autonomo ma non menefreghista. E il sagittario corrisponde abbastanza all’inconsueto identikit, lo si vede subito. Infatti, ha uno sguardo caldo che illumina la sua espressione gioviana, chiacchiera volentieri di tutto e di niente, pontifica con convinzione, ma si astiene dai giudizi severi e definitivi, ha classe anche se preferisce l’abbigliamento sportivo, che gli dà una piacevole sensazione di libertà.

Ed è proprio la libertà il valore supremo del Sagittario, un uomo disposto a fare tutto purché non lo si costringa a niente.

Perciò la Gemelli dovrebbe andargli bene. E, in certo senso, è vero. Perché questi due, se si piacciono fisicamente, riescono a legare. Ma non si può dire se sarà un effimero flirt o una storia infinita. Questo dipende da vari elementi. Prima di tutto, bisogna vedere se, quando s’incontrano, non c’è nessuno che li aspetta a casa. Perché, se è così, fra loro la parentesi si apre e si chiude con straordinaria disinvoltura. Ma, se non ci sono impedimenti, la strana storia Gemelli-Sagittario può diventare importante, anche se continua ad avere le caratteristiche del gioco. Con lei che si diverte a tirarlo a cimento con le armi dell’astuzia e dell’ironia e lui che regolarmente ci casca, ma poi recupera terreno recitando la parte del burbero benefico che però le vuole tanto bene. Poi, quando la tensione dell’interesse reciproco comincia ad allentarsi, si concedono una vacanza l’uno dall’altra per godere, al ritorno, il rinnovato piacere di stare insieme.

Certo, tutto questo può succedere perché né l’uno né l’altra hanno una natura viscerale e possessiva. D’altra parte non è detto che l’amore debba per forza essere una cosa tutta drammi e passioni travolgenti. Può essere anche voglia di ridere, rincorrersi, stuzzicarsi. E proprio questo è l’amore fra la Gemelli e il Sagittario che, anche nel sesso, si cercano per trastullarsi più che per possedersi. Insomma, questo è un rapporto che nasce per scherzo. Che, se finisce, finisce senza drammi. Però può anche riuscire a durare e dare addirittura vita a una vera e propria famiglia, con tanto di prole e relative responsabilità. Ma il piacere della compagnia e il bisogno di comunicare servono per addolcire la pillola di questa schiavitù a Gemelli e Sagittario. Che, anche se non sembrerebbe, possono diventare dei genitori davvero o.k. Perché, come mamma, lei è una che sa stare veramente vicina ai figli, bravissima nel partecipare ai loro giochi e nello stimolare in loro fantasia e creatività. Ma la Gemelli si limita ad indirizzare e spiegare. Il compito di dettare legge lo lascia al suo Sagittario, che è abilissimo nel sostenere la parte del pater familias capace d’illustrare, con dovizia di argomenti, i principi ispiratori delle leggi che devono disciplinare la vita della prole.

Il Santo del Giorno

Beato Edoardo Poppe

Nome: Beato Edoardo Poppe

Titolo: Sacerdote

Nome di battesimo: Edward Giovanni Maria Poppe

Nascita: 18 dicembre 1890, Temsche, Belgio

Morte: 10 giugno 1924, Moerzeke-lez-Termonde, Belgio

Ricorrenza: 10 giugno

Martirologio: edizione 2004

Tipologia: Commemorazione

Edward Giovanni Maria Poppe nacque a Temsche, in Belgio, nel 1890. Ebbe una buona educazione religiosa in famiglia, quindi entrò nel seminario di Gand. Completò la sua formazione nella facoltà di filosofia dell’università cattolica di Lovanio, centro della vita intellettuale del cattolicesimo belga. Ordinato sacerdote, si diede a un’intensa attività pastorale preparando i bambini alla prima comunione. A questo scopo formò un gruppo di catechiste e per loro scrisse un Manuale della catechista eucaristica, ispirato al metodo educativo di Pio X. Questa fu solo la prima di numerose iniziative intraprese dal sacerdote che istituì la Lega della comunione frequente e pubblicò un settimanale per i ragazzi della Crociata eucaristica Pio X. Padre Poppe traeva energia per il suo apostolato proprio dalla prolungata adorazione eucaristica. Trasferito come direttore spirituale presso un convento di suore, approfondì la sua riflessione e scrisse le sue opere migliori. Morì giovane, a soli 34 anni, nel 1924. Disse Giovanni Paolo Il nel giorno della beatificazione: «Invito in particolare le famiglie ad aiutare i giovani ad ascoltare la chiamata di Dio a seguirlo nel sacerdozio con generosità». L’esempio di sacerdoti come padre Poppe può aiutare la comunità ecclesiale belga, oggi in difficoltà.

MARTIROLOGIO ROMANO. Nella città di Moerzeke-lez-Termonde vicino a Gand in Belgio, beato Edoardo Poppe, sacerdote, che, pur tra le difficoltà del suo tempo, con gli scritti e la predicazione diffuse nelle Fiandre l’istruzione cristiana e la devozione verso l’Eucaristia.

Atlante della Fauna selvatica italiana – Uccelli

Aquila di mare coda bianca – Haliaeetus albicilla Linnaeus, 1758
Atlante della Fauna selvatica italiana – Uccelli

Classificazione sistematica e distribuzione

Classe: Uccelli
Ordine: Accipitriformi
Famiglia: Accipitridi
Genere: Haliaeetus
Specie: H. albicilla Linnaeus, 1758

La specie è diffusa in Europa settentrionale, soprattutto in Norvegia e Russia, ove è presente oltre le metà dell’intera popolazione europea, ma anche in Groenlandia, Danimarca, Svezia, Polonia e Germania. Piccole popolazioni sono segnalate anche in Islanda, Gran Bretagna, Finlandia, Estonia, Lettonia, Lituania, Austria, Repubblica Ceca, Slovacchia, Slovenia, Bulgaria, Romania, Ungheria, Moldavia e Grecia; il suo areale si estende in Asia, attraverso la Turchia e il Medio Oriente sino alla Mongolia, la Cina e il Giappone. Presente anche in Italia.

Aquila di mare – Haliaeetus albicilla (foto www.wildlifeinfocus.com)
Aquila di mare – Haliaeetus albicilla (foto www.sevcikphoto.com)
Aquila di mare – Haliaeetus albicilla (foto www.avibirds.com)

Caratteri distintivi

Lunghezza: 76-92 cm
Apertura alare: 190-240 cm

Il maschio e la femmina sono indistinguibili in natura. Il piumaggio è quasi completamente marron con screziature abbondanti e diffuse marron chiaro (soprattutto su collo e capo) ad eccezione della corta coda che è completamente bianca. Il becco massiccio, le zampe e l’iride dell’occhio sono gialle. I giovani sono marron scuro con la differenza (rispetto gli adulti) di avere il becco giallo alla base e nero nella restante parte e la coda marron con screziature chiare. La parte interna delle ali superiormente è screziata di chiaro e anche inferiormente presenta delle copritrici più chiare. Gli individui al secondo inverno hanno screziature biancastre sulla parte centrale superiore delle ali e sul dorso.

Biologia

Si ciba di pesci, di carogne di vari animali, nonché di mammiferi. Vola bassa sulle acque per catturare il pesce in superficie, talora si tuffa parzialmente. Il nido è costituito da una grande struttura di rametti con una depressione al centro ed è posto su una scogliera, su una cengia rocciosa o su un albero. In genere vengono deposte 1 o 2 uova.

Il Santo del Giorno

San Massimo d’Aveia

Nome: San Massimo d’Aveia

Titolo: Martire

Nascita: 228 circa, Aveia

Morte: 250 circa, Aveia

Ricorrenza: 10 giugno

Tipologia: Commemorazione

Patrono di:L’Aquila

San Massimo, patrono principale della diocesi e della città di L’Aquila, nasce ad Aveia (oggi Fossa) intorno al 228 d.C. da una famiglia cristian. Massimo aspirava al sacerdozio e professò la sua fede anche davanti al Prefetto di Aveia. Fu catturato durante la persecuzione di Decio. (ottobre 249-novembre 251).

Morì martire gettato dalla rupe più alta detta “Circolo e Torre del Tempio”.

MARTIROLOGIO ROMANO. Nella città di Aveia Vestina, presso Aquila, nell’Abruzzo, il natale del beato Màssimo, Levita e Martire, il quale, pel desiderio di patire, si mostrò manifestamente ai persecutori, che andavano in cerca di lui, e, dopo la costante confessione, sospeso sull’eculeo e tormentato, quindi percosso con bastoni, da ultimo precipitato da un alto luogo, morì.

Salute e Benessere

Mais o Granoturco – Zea mays L.
Atlante delle coltivazioni erbacee – Cereali

Classe: Monocotyledones
Ordine: Glumiflorae
Famiglia: Graminaceae (Gramineae o Poaceae)
Sotto famiglia: Andropogonoideae
Tribù: Maydeae
Specie: Zea mays L.
Altri nomi comuni: frumentone, grano d’India, melica, formentazzo

Francese: mais; Inglese: maize, Indian corn; Spagnolo: maiz; Tedesco: mais.

Raccolta, produzione e utilizzazione

Mais da granella
Il mais da granella può essere raccolto dalla maturazione fisiologica in poi, sempre, comunque, con un’umidità troppo alta che rende necessaria l’essiccazione.
La raccolta può essere fatta in spiga o in granella.
Il primo sistema è quello tradizionalmente seguito quando si raccoglie a mano: le spighe vengono staccate dalla pianta, “scartocciate” (eliminando le brattee che le avvolgono), lasciate essiccare, per poi essere sgranate con macchina sgranatrice.
Il sistema più rapido e più universalmente diffuso di raccolta del mais è quello con macchina combinata, che esegue contemporaneamente la raccolta e la sgranatura.
Le mietitrebbiatrici da mais sono normali mietitrebbiatrici che per operare sul mais vengono munite di apposita testata spannocchiatrice.
Il momento ottimale per la mietitrebbiatura del mais è quando la granella ha un contenuto d’acqua del 24-26%. Granella più secca si sgrana con facilità sotto l’azione degli organi spannocchiatori e così va incontro a perdite. Granella più umida si distacca dal tutolo con difficoltà e si spacca facilmente (un prodotto di buona qualità non deve presentare più del 10% di semi rotti).
La più usuale stagione di raccolta del mais da granella va dalla seconda metà di settembre alla fine di ottobre (e oltre, se la varietà è resi­stente ai marciumi del fusto).

Essiccazione e conservazione.
Se la granella di mais viene adoperata in azienda per l’alimentazione del bestiame può essere conservata umida, insilata. Tre modalità possono essere seguite:
– conservazione di farina umida in silo a trincea;
– conservazione della granella intera entro silos metallici asfittici;
– conservazione della granella intera in comuni sili a trincea previo tratta­mento con acido propionico, che è un potente fungistatico; si considera che l’1% di acido propionico assicura la conservazione per un anno di granella con il 30% d’acqua.

Il caso più usuale è quello di granella da commerciare secca; essa deve avere non più del 13% d’acqua per poter essere immagazzinata senza autoriscaldamento e ammuffimento, anche se l’umidità standard commerciale è convenzionalmente 15,5%.
Quasi mai il mais è raccolto abbastanza secco, ma c’è quasi sempre bisogno di essiccarlo artificialmente in essiccatoi ad aria calda, aziendali o consortili. Si considera che un impianto aziendale sia economicamente giustificato solo se lavora almeno 400 t di mais secco all’anno.

Ammuffimento.
La granella del mais se conservata impropriamente, non abbastanza secca, è esposta ad un inconveniente, l’ammuffimento, che è comune a tutte le grana­glie ma che nel mais assume una gravità tutta particolare perché l’agente è un fungo (Aspergillus) che produce una micotossina (aflatossina) di straordinaria tossicità.

Produzioni.
La resa «record» di granella secca di mais è di oltre 20 t/ha in Italia. La resa media italiana è tra le più alte del mondo superando alla data attuale oltre 9 t/ha. Tuttavia molte sono le aziende maidicole che realizzano ordinariamente su scala aziendale 10-12 t/ha e oltre.
In mancanza di irrigazione le rese sono molto più basse e soprattutto estremamente variabili da anno ad anno. Anche nel caso di semina ritardata la produzione è più bassa, tanto più bassa quanto più tardiva è la semina: nel caso di mais dopo frumento, quindi con semine ai primi di luglio, non si può contare che su rese dell’ordine di 4-5 t/ha di granella.

Sottoprodotti.
Oltre alla granella, la coltura del mais produce grandi quantità di sostanza secca (circa 12 t/ha per 10 t/ha di granella) sotto forma di steli, foglie, cartocci e tutoli che restano sul terreno dopo aver raccolto la granella. La destinazione di questi residui può essere l’interramento, previa trinciatura con trincia­stocchi, o la raccolta con raccogliimballatrici per utilizzarli come foraggio (secco o insilato), lettiera o combustibile.
Utilizzazione. La granella di mais può essere utilizzata in varie forme e per vari usi e in ogni caso va sottoposta a qualche processo di lavorazione industriale.
La maggior parte del mais utilizzato per la mangimistica e per l’alimentazione umana viene trasformato per macinazione a secco. Con questa lavorazione si ottiene la separazione dell’embrione («germe»), della crusca dai tegu­menti della cariosside e di sfarinati di diversa granulometria dall’endosperma.
Gli sfarinati derivanti da questo processo sono i seguenti:
– spezzature grosse (da 1/2 a 1/3 di chicco) o hominy, da sottoporre successivamente alla laminazione in fiocchi (corn flakes) per alimentazione umana o per mangimistica;
– spezzature fini o grits, per l’industria della birra in parziale sostituzione del malto d’orzo; per mangimi zootecnici;
– farine, per prodotti da forno.
Il germe è destinato all’estrazione dell’olio da cui si ottiene come sotto­prodotto un panello proteico. La crusca ha destinazione zootecnica. Un altro tipo di lavorazione del mais è la macinazione ad umido con cui vengono macinate cariossidi macerate in acqua e si realizza la separazione dei seguenti prodotti e sottoprodotti: amido, glutine, acque di macerazione. germe, crusca.
L’amido è il prodotto più abbondante e importante; esso può essere utilizzato tal quale dopo essiccamento (amido nativo) o modificato mediante trattamenti chimici, fisici o enzimatici.
Per idrolisi acida e/o enzimatica si ottengono sciroppi di glucosio, destrosio, fruttosio (o isoglucosio) impiegati come dolcificanti, ingredienti nutri­tivi, fonte di zuccheri fermentescibili, ecc. nell’industria alimentare e farmaceutica.
Per trattamento a caldo in acqua e successiva essiccazione si ottiene amido pregelificato, che trova impiego nel settore alimentare (per dare consi­stenza e viscosità ai preparati «istantanei»: budini, salse, minestre) e nel campo industriale come collante e legante per la fabbricazione della carta, come appretto per tessuti, per la preparazione di forme a perdere in fonderia, per i fanghi da trivellazione.
Per il riscaldamento a secco dell’amido si ottengono pirodestrine, prodotti solubili in acqua che formano paste adesive, utilizzate come collanti nell’industria della carta e alimentare.
Per trattamenti chimici di vario tipo si ottengono amidi modificati, nei quali sono migliorate certe caratteristiche utili (miglior struttura dei granuli di amido, aumento della viscosità, minore opacità, ecc.) richieste dalle industrie alimentare, cartaria, tessile, metallurgica.
Il glutine di mais è un ingrediente per mangimi zootecnici, ad alto tenore proteico (60%).
Il concentrato delle acque di macerazione (corn steep liquor) contiene le sostanze solubili (azotate, glucidiche e saline) rilasciate dalle cariossidi durante la fase di macerazione; è usato nel settore mangimistico, in miscela con altri composti (crusca, ecc.), e nell’industria farmaceutica come substrato di fermentazione.
Il germe, una volta essiccato, viene sottoposto all’estrazione dell’olio.
La crusca va all’industria mangimistica come tale o arricchita con le acque di macerazione.

Produzione di “pastone integrale” o di “pastone di granella”: nel primo caso si raccoglie l’intera spiga con una trincia-caricatrice dotata di barra spannocchiatrice, mentre una normale mietitrebbiatrice con opportune regolazioni dell’apparato di battitura/separazione può dare sia il primo sia il secondo prodotto. La differenza tra i due prodotti finali è la macinazione della granella prima di stivarla ai fini dell’insilamento: il materiale raccolto con la trincia-caricatrice di solito passa attraverso il rompi-granella, non viene macinato prima dell’insilamento ma viene sminuzzato finemente al momento dell’utilizzazione per alimentare il bestiame. Le spighe trebbiate presentano, invece, quantitativi variabili a piacimento di tutolo all’interno della massa, e per un miglior compattamento in trincea si preferisce macinarla prima del calpestamento. Al momento dell’utilizzazione, i due prodotti hanno proprietà alimentari diverse e hanno anche campi d’impiego diversi. Il pastone integrale è preferito nell’allevamento di bovini da ristallo, mentre il pastone di granella è preferito
nell’allevamento dei ruminanti da latte. Se il contenuto di tutolo in % sul totale è basso, è possibile trovare il pastone di granella anche nella dieta dei suini.

Continua

Il Santo del Giorno

Beato Enrico da Bolzano

Nome: Beato Enrico da Bolzano

Titolo: Laico, venerato a Treviso

Nascita: 1250, Bolzano

Morte: 1315, Treviso

Ricorrenza: 10 giugno

Martirologio: edizione 2004

Tipologia: Commemorazione

Patrono di:Bolzano Arrigo nacque a Bolzano il 1250 circa, della vita di Arrigo si sa poco: pochi ricordi scritti e leggende orali.
C’è chi sostiene che non si sappia con certezza in quale delle città di nome Bolzano sia nato, ma è molto probabile che fosse effettivamente originario di Bolzano in Alto Adige visto che il Boccaccio dice che era tedesco – e non ci sono altre Bolzano tedesche in Italia.

Operaio analfabeta, lavorò nel suo luogo di origine e, di ritorno da un pellegrinaggio a Roma con la moglie e il figlio Lorenzo, si stabilì vicino a Treviso.

Aveva preso dimora a Biancade, nei pressi della strada detta allora Lagozzo (vecchia sede della via Claudia Augusta), dove per vent’anni fece il boscaiolo e l’uomo di fatica. Ormai vecchio, mortagli la moglie, si recò nella vicina città, dove visse abitando in una catapecchia situata presso l’attuale chiesa a lui dedicata, in via Antonio Canova, messagli a disposizione dal notaio da Castagnole, e mendicando non per sé ma per i poveri della città: in particolare si impegnava con coraggio e costanza a strappare ai nobili e ai ricchi commercianti consistenti contributi per i più sfortunati. Il vescovo stesso e il signore della città (un da Camino) non gli ricusavano il loro aiuto. A Treviso, come già nella sua Bolzano, fu assiduo alla santa Messa e alla Comunione; pare che visitasse ogni giorno tutte le chiese della città, dormisse su un miserrimo giaciglio, portasse un ruvido saio, fosse dedito a estenuanti veglie di preghiera.

La tradizione attribusce ad Arrigo (“o vero o non vero che si fosse”, come dice il Boccaccio) l’intercessione per numerosi miracoli già da vivo, ma soprattutto dopo morto, e del risuonare misterioso di campane alla sua morte parla anche Gabriele D’Annunzio. Arrigo divenne presto popolare in tutta l’Italia del Nord, dove gli vennero dedicati altari ed affreschi in molte chiese (per esempio Santa Toscana a Verona). A Treviso confluivano annualmente migliaia di pellegrini a lui devoti perché lo riconoscevano vicino ai poveri, ai mendicanti, agli emarginati.

Si propose al Papa anche la sua canonizzazione, che fu rifiutata, pare, per mancanza di sufficienti offerte in denaro. Nel 1759, due costole di Arrigo furono solennemente traslate dal Duomo di Treviso a Bolzano con grande partecipazione di fedeli (130 cavalieri, cinque carri bardati a trionfo, rappresentanti delle corporazioni e del clero) e collocate nella ora scomparsa cappella di Loreto del Duomo, nel presbiterio del quale, peraltro, sono tuttora venerate.

Nel 1750 il culto del beato – considerato protettore dei boscaioli – fu approvato da Benedetto XIV per la diocesi di Treviso, e da Pio VII, agli inizi dell’Ottocento, per quella di Trento, da cui dipendeva Bolzano.

La ricetta del giorno:

Spaghetti con sugo di ricciola.

Ingredienti: spaghetti 400gr, trance di ricciola (o cernia, dentice ecc.) 600 gr, pomodorini 300g, vino bianco secco 1 dl, cipolla, prezzemolo, olio extravergine d’oliva, sale, pepe.

Esecuzione: in abbondante olio rosolare la cipolla tritata, unire i pomodorini tagliati a metà, salare, bagnare con il vino e sulla salsa adagiare le fette di pesce.

Aggiungere un po’ d’acqua, salare e pepare il pesce, coprire e far sobbollire fino a completa cottura del pesce e ad evaporazione del liquido.

Mentre la pasta cuoce, naturalmente in abbondante acqua salata, passare il pesce in un piatto, pulirlo eliminando pelle e lische, poi scolare gli spaghetti e condirli nella padella con la salsa.

Passarli nel piatto di portata e guarnirli con le molliche di pesce e abbondante prezzemolo tritato fresco.

Buon appetito

Il Santo del Giorno

Beata Diana degli Andalò

Nome: Beata Diana degli Andalò

Titolo: Vergine

Nome di battesimo: Diana Lovello

Nascita: 1200, Bologna

Morte: 10 giugno 1236, Bologna

Ricorrenza: 10 giugno

Martirologio: edizione 2004 Tipologia: Commemorazione

La beata Diana degli Andalò, soprannome della nobile famiglia bolognese Lovello, nacque a Bologna nel 1200 ed era sorella di Loderingo (ca. 1210-1293) che insieme con Catalano dei Malavolti e con il beato Bartolomeo da Breganze fu uno dei fondatori dei Frati Gaudenti, o Cavalieri di S. Maria, Ordine approvato da Papa Clemente IV nel 1260 con il compito di combattere le eresie e di pacificare le contese tra le fazioni cittadine.

Diana favorì l’insediamento dei Domenicani a Bologna. Ebbe con San Domenico di Guzman, che persuase a fondare anche un monastero femminile nella sua città; tuttavia, il desiderio espresso da Diana potè essere realizzato solo dal successore di San Domenico.

Diana, che avevo avuto una esperienza infelice come monaca tra le Canonichesse – era infatti stata strappata dal monastero a viva forza dai suoi familiari – in questa casa domenicana potè realizzare il suo desiderio di darsi alla vita religiosa.

Divenne così badessa del convento Sant’Agnese di Bologna che fondò insieme a Beato Giordano di Sassonia. La sua memoria viene associata a quella di Cecilia di Bologna e di Amata, dopo il ritrovamento nella medesima tomba, presso il monastero di Sant’Agnese, di tre corpi attribuiti alle tre beate.

Venne beatificata da papa Leone XIII, l’8 agosto 1888

MARTIROLOGIO ROMANO. A Bologna, beata Diana d’Andalò, vergine, che, superati tutti gli mpedimenti posti dalla famiglia, emise voto di vita claustrale nelle mani dello stesso san omenico, entrando nel monastero di Sant’Agnese da lei stessa fondato.

Monumenti di Napoli

IL PORTO, L’ARSENALE E I “SEDILI” – 4

Altri provvedimenti degli Angioini riguardarono la sistemazione delle fogne, l’irreggimentazione dei corsi d’acqua di carattere torrentizio, il lastricamento delle strade cittadine con basoli e con mattoni di cotto, l’eliminazione delle “perciate” e delle tettoie.

Uno sviluppo edilizio analogo a quello del largo delle Corregge, anche se di minori proporzioni, si ebbe nella zona di Carbonara, teatro di giostre e giochi, dove, contemporaneamente al sorgere di nuove chiese. Carlo II fece costruire un palazzo per la Corte, che vi si recava in occasione degli spettacoli, nonché un regio ospizio, nel quale si ritirò negli ultimi anni di vita.

Continua

Piccolo Oroscopo del giorno

Ariete: sei portato alle sfide quotidiane;

Toro: troppa agitazione;

Gemelli: c’è qualcosa da mettere a posto;

Cancro: un rapporto affettivo ti mette a disagio;

Leone: un rapporto importante;

Vergine: ti senti pieno di vitalità e di voglia di fare;

Bilancia: bisogna essere più calmi;

Scorpione: sai nascondere bene quello che pensi veramente;

Sagittario: tieni da conto le amicizie, valgono tanto;

Capricorno: quello che hai non ti convince;

Acquario: mettiti in panchina e guardati attorno;

Pesci: ricorda che gli audaci spesso sono aiutati dalla fortuna.

Buon Venerdì 10 Giugno 2022

Il Sole sorge alle 5:24 e tramonta alle 20:35

La Luna cala alle 0:54 e si eleva alle 12:46

Beato Enrico di B.

Santa Margherita

Santo Patrono dell’Aquila

Santo Patrono di Crema

Santa Faustina di Cizico martire

Sant’Asterio vescovo

Asterio questo santo è da invocare contro le cadute.

  • ‘O ccadè fa ‘mparà a sòserse
  • Si se cade e se sòsa nun se chiamma caduta

San Massimo

ducia

Santa Diana vergine

Diana nome della Dea romana della caccia

  • Chi va apprièsso all’aucièllo lassa ‘e figlie puverielle.
  • Fa’ una botta ddòje fucètole.

(fare due profitti contemporaneamente come un cacciatore che con un sol colpo riesce ad ammazzare due beccafichi.

  • san Censurio, vescovo di Auxerre;
    • san Landerico, vescovo di Parigi;
    • sant’Itamaro, vescovo;
    • san Bogumilo, vescovo di Gniezno;
    • beata Diana degli Andalò, vergine, fondatrice del monastero domenicano di Sant’Agnese;
    • beato Enrico da Bolzano;
    • beato Giovanni Dominici, domenicano, vescovo di Ragusa;
    • beati Tommaso Green e Gualtiero Pierson, certosini, martiri;
    • beato Edoardo Poppe, sacerdote.

Il 10 giugno del 1952 Luigi Einaudi inaugura la ricostruita Mostra d’Oltremare.

Il proverbio del giorno: pancia piena non crede al digiuno. (‘o sazio nun crere ‘o riuno)

LE MASSIME DI FRANCOIS DE LA ROCHEFOUCAULD

Chi volesse definire la vittoria della sua nascita, sarebbe tentato di chiamarla, come fanno i poeti, figlia del Cielo, perché sulla terra la sua origine non si trova. In realtà è prodotta da un’infinità di azioni che, invece di proporsela come fine, riguardano soltanto gli interessi particolari di coloro che le compiono, poiché tutti quelli che compongono un esercito, cercando la propria gloria e il proprio successo, provocano un bene così grande e così generale.

Non si possono dare garanzie del proprio coraggio se non ci si è mai trovati in pericolo.

L’imitazione è sempre infelice: tutto ciò che è contraffatto non piace, malgrado abbia gli stessi attributi che affascinano quando sono naturali.

BOCCACCIO, NAPOLI E IL “DECAMERON” – 16

LE AVVENTURE PARTENOPEE DI ANDREUCCIO

NOBILTA’, CRUDELTA’ E ASTUZIE IN TERRA NAPOLETANA – 5

La novella sesta della giornata terza sembra riproporre una delle protagoniste della “Caccia di Diana”. Caterina Sighinolfi, moglie di Filippello Sighinolfi, per la quale viene usato lo stesso vezzeggiativo di Catella e alla quale Riccardo Minutolo tende per amore un piacevole tranello. I Minutolo erano, nel Trecento, possessori di uno dei bagni presso i quali “molte brigate di donne è di cavalieri, secondo l’usanza de’ napoletani” andavano a diportarsi a liti del mare e a a desinarvi e a cenarvi: qui Ricciardo riesce finalmente a convincere Catella a godere con lui.

Continua

La favola del giorno

I racconti di Sherazad – da Le mille e una notte

STORIA DELL’INVIDIOSO E DELL’INVIDIATO – 5

Qualcuno non avrebbe mancato di fare ciò che diceva se, mettendomi accanto al capitano, non mi fossi prosternato ai suoi piedi. Infatti, avendolo afferrato per l’abito, nell’atteggiamento del supplicante, egli fu talmente commosso da questo atto e dalle lacrime che vedeva sgorgare dia miei occhi, che mi prese sotto la sua protezione, minacciando di far pentire colui che mi avesse fatto il minimo male. Mi fece mille carezze. Quanto a me, in mancanza della parola, gli diedi con i miei gesti tutti i segni di riconoscenza che mi furono possibili.

Il vento, sopraggiunto alla calma, non fu forte, ma fu favorevole: non cambiò per cinquanta giorni e ci fece approdare felicemente nel porto di una bella città molto popolosa e di grande traffico in cui gettammo le ancore. Essa era tanto più considerevole in quanto era la capitale di un potente Stato.

Il nostro vascello fu in breve circondato da un’infinità di barchette, piene di persone che venivano a felicitarsi con i loro amici per il loro arrivo, o a informarsi di quello che avevano visto nel paese da dove arrivavano, o semplicemente per vedere un vascello che veniva da lontano. Tra gli altri, arrivarono degli ufficiali che chiesero di parlare, da parte del sultano, ai mercanti della nostra nave. I mercanti si presentarono e uno degli ufficiali, prendendo la parola, disse loro:

“Il sultano nostro padrone ci ha incaricato di manifestarvi la sua gioia per il vostro arrivo, e di pregare ciascuno di voi di prendersi la pena di scrivere su questo rotolo di carta qualche riga della vostra scrittura. Per informarvi del suo piano, dovete sapere che egli aveva un primo visir che, oltre a d avere una grande capacità nel maneggio degli affari, scriveva con perfezione estrema. Questo ministro è morto da pochi giorni. Il sultano ne è molto addolorato; e poiché non guardava mai gli scritti di suo pugno senza ammirarli, ha giurato solennemente di dare il suo posto soltanto ad un uomo che scrivesse bene come lui. Molte persone hanno presentato i loro scritti; ma fino a questo momento non si è trovato nessuno, nell’ambito di questo impero, che sia stato giudicato degno di occupare il posto del visir.”

Continua

Le più belle canzoni napoletane

‘O CIUCCIARIELLO

Nino Oliviero  Roberto Murolo  1951
 
‘Ncopp’a ‘na strada janca e sulagna,
‘mmiez’a ll’addore e a ll’aria ‘e campagna,
‘na carretta piccerella,
chianu chiano, se ne va.
Nun s’affatica ‘stu ciucciariello,
nun tene pressa, ch’ ‘a tene a ffà?
E sta luntano ‘stu paisiello
addò nisciuno ce ha dda aspettà.
 
Su una strada bianca e solitaria,
tra il profumo e l’aria di campagna,
un carretto piccolino,
piano piano, se ne va.
Non si stanca questo asinello,
non ha fretta, perchè dovrebbe averla?
Ed è lontano questo paesino
dove nessuno ci deve aspettare.
 
E tira, tira, tira, oje ciucciariello,
‘sta carrettella, tirala tu.
E sona, sona, sona ‘o campaniello,
ma chi aspettava nun ce sta cchiù.
‘Na femmena busciarda mm’ha lassato,
luntano da ‘a campagna se n’è ghiuta.
E tira, tira, tira, oje ciucciariello,
pe ‘n’ata strada pòrtame tu.
 
E tira, tira, tira, o asinello,
questo carretto, tiralo tu.
E suona, suona, suona il campanello,
ma chi aspettava non c’è più.
Una donna bugiarda mi ha lasciato,
lontana dalla campagna se n’è andata.
E tira, tira, tira, o asinello,
per un’altra strada portami tu.
 
Oje ciucciariello buono e aggarbato,
tu ca nc’hê visto sempe abbracciate,
‘na prumessa ‘e matrimonio,
a sentiste pure tu.
Essa diceva: “Sî ‘a vita mia
e a primmavera c’îmm’ ‘a spusà”.
Nun era overo, fuje ‘na buscìa,
se n’è partuta, chisà addó sta?
 
O asinello buono e calmo,
tu che ci hai visti sempre abbracciati,
una promessa di matrimonio,
l’hai sentita anche tu.
Lei diceva: “Sei la vita mia
e in primavera ci dobbiamo sposare”.
Non era vero, era una bugia,
è partita, chissà dove sta?
 
E tira, tira, tira, oje ciucciariello,
……………………………………
 
E tira, tira, tira, o asinello,
………………………………
 
‘Ncopp’a ‘na strada janca e sulagna,
‘mmiez’a ll’addore e a ll’aria ‘e campagna,
‘na carretta piccerella,
chianu chiano, se ne va.
Su una strada bianca e solitaria,
tra l’odore e l’aria di campagna,
un carretto piccolino,
piano piano, se ne va.


Il brano fu lanciato da Renato Carosone. Tra le altre interpretazioni, oltre a quella dello stesso Roberto Murolo, ricordiamo quelle di Claudio Villa, Fausto Cigliano e Nilla Pizzi.